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Intervista a Domenico "Erfea" Elia 

di  Elisabetta "Elenwen" Biondi 

D: Come nasce l'idea del protagonista Erfëa?
R: Erfëa compare per la prima volta come un personaggio di un GiRSA, un GdR, nell'ormai lontano ottobre 1996; esattamente un anno dopo Erfëa diviene il protagonista di un opera in versi chiamata "Il lai della perdita". La versione definitiva del Principe Numenoreano, però, nasce solo nel 2001, ne "Il racconto dell'esule e della prigioniera", divenuto poi "Il racconto del marinaio e della mezzelfa".

D: Come sono venute alla luce le varie vicende?  
R
: L'ispirazione iniziale mi è stata fornita dall'opera "Otello" del drammaturgo inglese Shakespeare: ne "Il lai della perdita", infatti, Morwin, lungi dall'essere quel personaggio tormentato de "Il Ciclo del Marinaio", è un elfo che si finge amico di Erfëa per poi convincerlo del tradimento di Elwen; in questo lai, inoltre, erano già presenti alcuni dei personaggi che avranno un ruolo importante anche ne "Il Ciclo del Marinaio" e in particolare Aldor Roch Thalion, Bòr (Naug Thalion) e Groin. Nel 2003, infine, comparve il personaggio di Miriel con il racconto "Il marinaio e la principessa": questa donna, la cui personalità è appena abbozzata nel Silmarillion, diviene ben presto la figura femminile più importante, relegando Elwen ad un ruolo secondario. Il personaggio di Miriel, con la tragica profezia legata al suo destino e a quello dell'intera isola di Númenor è ispirata ad un'altra donna, protagonista di una leggenda irlandese, intitolata "La bella Deirdre"; anche questa fanciulla come Miriel, diventerà portatrice di sventure e morirà tragicamente. La stessa figura di Manea, la veggente di Númenor, è ispirata a quella del vecchio Cathbad, il saggio che predisse la funesta sorte di Deirdre. 

D: Quali altre opere o vicende ti hanno ispirato? 
R
: Le grandi opere dell'antichità classica, come l'Iliade e l'Odissea e le leggende del ciclo bretone di Re Artù; Erfëa, infatti, incarna molte delle qualità del cavaliere cortese di età medioevale. Elwen, invece, è ispirata alla Medea di Euripide nel suo essere ribelle e impetuosa, a differenza di Miriel che appare spesso come una fanciulla remissiva e china ai voleri prima del padre infine dello sposo; in questo senso, mi ricorda molto Ifigenia, la figlia di Agamennone e Clitennestra promessa sposa ad Achille, senza che l'abbia mai visto in volto, ma in realtà condannata alla morte per permettere alla flotta achea di salpare alla volta di Troia. Sicuramente, però, il personaggio che ha influenzato maggiormente i miei scritti è il marinaio Corto Maltese, creato da Hugo Pratt.

D : Un marinaio "sui generis" però... 
R
: Vi sono due motivi per cui ho chiamato il romanzo "Il Ciclo del Marinaio"; il primo, trova spiegazione nella percezione che avevano gli uomini nella Quarta Era della Terra di Mezzo dei Numenoreani, i quali erano visti "in toto" come un popolo di navigatori; il secondo è dovuto all'omaggio che ho reso a Corto Maltese e al suo creatore. Come Corto Maltese, anche Erfëa è un marinaio atipico: entrambi in cerca dell'avventura, ma allo stesso modo di un approdo sicuro che sarà sempre loro negato; da questo punto di vista, Erfëa è un personaggio novecentesco piuttosto che ispirato alle antiche leggende. La sua inquietudine, il suo rancore e la percezione delle sue colpe sono temi attuali. Vi sono, in particolare, due frasi che accomunano Erfea e Corto Maltese; la prima, pronunciata nell'opera "Concerto in o' minore per arpa e nitroglicerina" da Banshee O'Danann tratteggia un ritratto piuttosto fedele di Corto Maltese (e dello stesso Erfëa): "Ho capito: sei un vecchio cane che si lecca da solo le proprie ferite" e l'altra, pronunciata dallo stesso Corto Maltese nell'avventura "Corte Sconta detta Arcana" è un inno alla tranquillità che il breve ritorno alla propria dimora offre al viaggiatore: "Fa sempre un certo effetto tornare a casa. Lo stesso profumo di pesco… ". Attraverso queste scarne parole, traspare tutta l'intima commozione che un uomo prova nel ritrovare la propria dimensione privata dopo un lungo viaggio nei meandri del mondo esterno. 

D: Nonostante il grande spazio dedicato agli Elfi dallo stesso Tolkien, la vicenda di Erfëa è ambientata in Númenor: da cosa nasce questo interesse?
R
: Tolkien, pur essendo molto attratto da Númenor, ha dedicato molta attenzione alle vicende degli elfi nella prima e nella seconda era e in seguito a quelle degli hobbit nella terza era; questo mi ha concesso di elaborare un mondo del quale ci sono giunte poche testimonianze, con una relativa libertà d'azione. La Seconda Era del Mondo, pur essendo la più lunga della tre presenti nelle opere tolkieniane, presenta ancora molti spazi bianchi nei quali è possibile ambientare le proprie storie. Al di là, tuttavia, di tale motivazione, quello che mi attrae maggiormente dei Numenoreani è la loro sorprendente somiglianza con gli uomini moderni; sebbene, infatti, Tolkien detestasse cordialmente l'allegoria, come ebbe a dichiarare egli stesso in più occasioni, il mio romanzo si può considerare una metafora dei tempi in cui ci troviamo ad operare.

D : Quindi la figura di Erfëa è portatrice di un messaggio preciso. 
R
: Erfëa, al di là degli ambienti in cui si trova ad operare e che hanno senso di esistere solo in un determinato contesto come la Terra di Mezzo della Seconda Era, è certamente portatrice di un preciso e ben visibile messaggio ed il lettore avrà modo di rendersene conto; da questo punto di vista, è un personaggio molto autobiografico. 

D: Il genere fantasy e la stessa letteratura tolkieniana sono da alcuni considerate una mera "fuga dalla realtà". Che senso ha nella società contemporanea coltivare pubblicazioni ispirate a questo autore?  
R
: Ha senso nella misura in cui gli universi fantastici costituiscono degli spazi in cui agiscono i medesimi sentimenti degli uomini reali: amore, pietà, coraggio ed umiltà da un lato, odio, rancore, codardia e arroganza dall'altro hanno lo stesso valore nella Terra di Mezzo come nel Mondo Primario; e sovente, anziché essere distinte, convivono nel medesimo soggetto; come scrisse lo stesso professore di Oxford, tocca a noi discernere il bene dal male ed esso non è cambiato nel corso del tempo e dello spazio.

D: Quindi bisogna andare oltre la situazione descritta. Quanto ti ha influenzato lo studio della storia?
R
: Tolkien ha creato la Terra di Mezzo come spazio dove ambientare le vicende delle creature che parlavano le lingue di sua invenzione; la Terra di Mezzo de "Il Ciclo del Marinaio", invece, è soprattutto un ambiente storicizzato, ove si pone molta attenzione alle dinamiche politiche e psicologiche che determinano il modo di agire di un personaggio. Lo studio della storia, da questo punto di vista, mi ha permesso di creare un universo fantastico il più verosimile possibile. 

D: Come nel "Signore degli Anelli" speranza e amore per la propria terra sono le molle che spingono il protagonista ad agire. Ed Erfëa è, come Frodo, un eroe "non convenzionale".
R
: Nel "Signore degli Anelli", compare il tema della speranza come monito che spinge esseri apparentemente deboli come gli Hobbit a compiere un lungo viaggio che li condurrà ad una meta che rappresenta la negazione della speranza stessa; ne "Il Ciclo del Marinaio", è soprattutto il tema della responsabilità e del sacrificio che spingono Erfea ad agire secondo uno schema ben preciso. La non convenzionalità dell'eroe della Seconda Era si sviluppa nella piena coscienza che egli ha della situazione contingente e, in virtù di questa, della impossibilità, evidenziata in alcuni frangenti, di poterla mutare a piacimento, secondo i propri voleri: le lacrime versate da Erfëa alla visione della flotta di Númenor ne "Il racconto del marinaio e dell'Albero Bianco" ne sono un esempio palese: "A lungo pianse Erfëa Morluin, ché manifesta gli era divenuta la follia degli Uomini della sua patria e più non avrebbe potuto ignorarla; arrogante e vanitosa, Númenor si specchiava nella sua flotta, emblema della sua volontà di dominio sul creato" (Il Ciclo del Marinaio, p. 161) Lo sconforto che prende Erfëa allorché scorge questa triste visione non è inferiore a quello che provano gli esuli di Númenor nel comprendere che la loro patria è perduta per sempre: "Grandi edifici furono innalzati, e presto gli esuli ebbero dimore confortevoli situate su entrambi gli argini: in tal modo ebbe dunque origine la città di Osgiliath che sarebbe divenuta la capitale del regno di Gondor nei secoli futuri, quando Númenor sprofondò negli abissi. All'epoca, tuttavia, ben pochi fra gli esuli avrebbero immaginato una simile rovina; sebbene,infatti, le opere che edificassero in quei giorni allontanassero dai loro cuori la nostalgia e le privazioni delle loro esistenze, esse non erano altro che pallide imitazioni di quanto i loro animi desideravano con veemenza e sapevano non poter più mirare" (Il Ciclo del Marinaio, p.186) 

D: Nella vicenda le figure femminili assumono un ruolo fondamentale.
R: Nimrilien, Miriel, Elwen e Celebrían, solo per citare quelle più famose, rivestono la medesima importanza, se non in alcuni casi addirittura maggiore, rispetto a quella riservata alle figure maschili. Nimrilien è la madre paziente e premurosa che conduce il figlio sui sentieri della saggezza e gli impartisce preziose lezioni di vita; Miriel è la donna amata, dolce e malinconica, che sacrifica la propria libertà per salvare l'eroe; Elwen rappresenta l'amore istintivo, l'attrazione per quanto è pericoloso ottenere (nel suo caso, il mare e le contrade di Valinor che si ergono al di là di esso); Celebrían è la dama cortese di cavalleresca memoria, l'amica di Erfëa e la sua confidente principale. Per converso, non mancano, tuttavia, figure femminili negative: Gilmor e Adûnaphel su tutte. Gilmor è la donna intrigante, seducente e corrotta dai suoi medesimi inganni; Adûnaphel costituisce il trionfo della superbia sull'umiltà e dell'odio sull'amore, ponendosi agli antipodi rispetto a Miriel.

D: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a scegliere una lingua raffinata e complessa, in controtendenza rispetto allo stile che va per la maggiore? 
R: La volontà di ispirarmi sia al linguaggio aulico del Silmarillion, i cui temi sono più vicini a quelli del "Ciclo del Marinaio" rispetto a quelli affrontati nel "Signore degli Anelli", sia a quello dei grandi cicli epici dell'antichità e della lirica cortese medioevale.

D: Qual è l'importanza dei dialoghi?
R: Ne "Il Ciclo del Marinaio", i dialoghi costituiscono delle finestre attraverso le quali diventano visibili le psicologie dei personaggi; rappresentano sicuramente la parte più originale e profonda del romanzo stesso.  

D: Qual è il messaggio comunicato dall'Opera?
R: Vi sono diversi messaggi, inerenti ai differenti piani entro i quali si svolge l'azione; tra i tanti, preferisco sottolineare quello che esprime la vicenda di Elwen, nel momento in cui si riappropria della propria identità e dell'autenticità dei propri sentimenti: "Ed Elwen, che ritta innanzi a lui, ne aveva ascoltato le parole, spinse lo sguardo oltre il velo malinconico di una pioggia benedetta. E meraviglia! Ogni cosa le parve di nuova luce avvolta e più la sua mente vagabondò per sentieri lastricati dal dolore. Eppure, sebbene una possente felicità le inondasse il cuore, sicché le parve Primavera anche il freddo Inverno, tuttavia parole non trovò, ché non le pareva più possibile parlare e ignorava con quale lingua potesse esprimere il suo sentimento: muta, dunque, come una stella cadente sull'orizzonte, ella si rifugiò tra le braccia di Erfëa, e il vento dell'Ovest scompigliò i suoi lunghi capelli; allora il Sole sorse sul mondo illuminando le creature errabonde, insegnando un linguaggio nuovo a Elwen, liberandola dalle sue pesanti catene." (Il Ciclo del Marinaio p. 140) 




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