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Silvana De Mari tra il mondo e i Mondi

di Mauro "Mornon" Ghibaudo e Yari "Eldamor" Ribero
Adattamento, cura e commento di Gianluca Comastri

Abbiamo avuto l'occasione di avvicinare Silvana De Mari, ormai affermata autrice narrativa che non ha disdegnato di affacciarsi anche sul versante saggistico. Cogliendo così come spunto l'uscita del volume di cui qui sopra riportiamo la raffigurazione della copertina, le abbiamo fatto alcune domande non necessariamente tutte sul puro versante letterario: siccome, nella versione della sua biografia più diffusa in Rete, si punta l'indice sul fatto che lei non disdegna di arrabbiarsi quando si tratta di prendere posizione sugli argomenti che le stanno a cuore, ne è conseguentemente uscita un'intervista ad ampio spettro in cui l'autrice non risparmia colpi di stiletto. La presentiamo volentieri, riservandoci peraltro di tirare le somme finali per alcune puntualizzazioni che riteniamo imprescindibili.

D:Silvana De Mari, persona e autrice: come si descriverebbe?
R: Come un medico che scrive. Finire l’Ultimo Orco è stata un’emozione non meno importante di laurearmi. Se non fossi riuscita in nessuna di queste cose, laurearmi in medicina e scrivere, avrei aperto una ferramenta e sarebbe stata una maniera degnissima di guadagnarsi da vivere. Molto più importante di tutto questo, della medicina e dello scrivere, è stato essere la madre di mio figlio. Anche essere la moglie di mio marito, la sorella di mia sorella, la zia delle mie nipoti, essere stata la figlia di mia madre e di mio padre è stato straordinariamente importante. Tengo moltissimo ai miei vicini di casa. Penso che, quando il nostro momento sarà venuto di  guardare in faccia l’angelo della morte, quello che farà veramente la differenza è che ci sia o meno almeno una persona sul pianeta che noi amiamo e che ci ami.
Mi vengono da mio padre le mie due virtù principali, l’intolleranza e l’arroganza, di cui sono estremamente fiera. L’intolleranza e l’arroganza sono come il colesterolo: l’eccesso uccide, certo, ma la mancanza non è compatibile con la sopravvivenza. Quando un popolo arriva a tollerare tutto e non si arroga più il diritto di affermare cosa è giusto  e cosa fa schifo, allora quel popolo si sta candidando a diventare un popolo di schiavi o un popolo di morti.
Ho un carattere violento e irascibile e aggiorno spesso la lista di quelli con cui ho già litigato.  

D: Da medico ad autrice: come mai il passaggio?
R: L’impulso a scrivere è arrivato a sedici anni dopo aver visto il film Brancaleone alle Crociate, geniale storia ambientata in  un medioevo improbabile e visionario. Ho cominciato allora un racconto lungo, La strega il Cavaliere, la Morte e il Diavolo, su una versione stracciona e disperata di Bradamante, che ho poi finito trent’anni dopo.
Amo ferocemente le storie. Ci sono alcuni libri che ho riletto una ventina di volte, alcuni film che ho talmente visto e rivisto che ne conosco sequenze a memoria: volevo essere anche io un raccontatore di storie. Ognuno di noi costruisce la società  cui appartiene. La scrittura è uno dei sistemi possibili per aumentare il nostro peso sulla realtà.
La seconda cosa che volevo era fare il medico.
Ho cominciato nei reparti di chirurgia. La chirurgia è la parte più epica della medicina. Un’appendicite acuta non curata potrebbe diventare peritonite e uccidere in due giorni, ma se correttamente operata dopo qualche giorno ci saranno le dimissioni. La chirurgia sono anche corsie dove le emozioni possono essere terribili, e dove, trent’anni fa almeno, ora fortunatamente è diverso, non sempre erano ascoltate.
Io non sono uno scrittore, ma un medico che scrive. C’è un tipo particolare di paziente (uso paziente e non lettore o persona nel senso letterale del termine: colui che patisce, che prova una sofferenza) per il quale non è mai stato scritto molto e nulla che possa essere letto a 14 anni1 ed è per questo tipo di persona che ho scritto l’Ultimo Orco.
Un tema molto presente nella letteratura fantasy è la morte. Se però nei libri muoiono solo i cattivi (nel Signore degli anelli oltre a schiere di Orchi, muoiono solo Boromir, suo padre e re Theoden, che non sono esattamente dei gioielli di simpatia. In Harry Potter invece ci sono lutti più dolorosi.), quando un bambino o un ragazzo perde la madre la frase è “ ma che male aveva fatto mamma?”. Peggio: quando un bambino o un ragazzo sono rinchiusi in un reparto di oncologia il discorso comincia con “ io che male ho fatto?”.
Il loro dolore raccontato su una pagina, protetto dal lieto fine obbligatorio in ogni fantasy, è una  possibilità di consolazione, che invece non sempre può esserci nella letteratura storica o realistica. La morte in un libro fantasy è un evento che permette un’elaborazione e quindi ci può aiutare a capire come elaborare un lutto.
Nella letteratura fantasy è più facile descrivere le fasi obbligate dell’elaborazione del lutto: è necessario piangere e piangere insieme, abbracciandosi, altrimenti il lutto resta irrisolto e non passa mai a una sofferenza pulita, una sofferenza che dà forza invece di toglierla. E’ un’informazione banale, che però ci siamo persi. Fortunatamente la morte esiste molto meno nella nostra vita rispetto alle epoche precedenti. Nella società descritta dal libro Cuore, con la tubercolosi e il reumatismo cardiaco che colpivano peggio dei Nazgul, era praticamente impossibile arrivare all’età adulta senza aver partecipato almeno a un funerale di un compagno di scuola o di un fratello, ed erano funerali dove si piangeva tutti insieme. Oggi molte persone hanno il primo lutto da adulti alla morte del genitore e non sanno affrontarlo perché nessuno ha insegnato loro a piangere abbracciati a qualcuno che piange con loro.
E qui arriva il discorso della rabbia, anche questa, insieme alle mie migliori doti, intolleranza e arroganza, ereditata da mio padre. E’ la rabbia per il dolore inutile, il dolore per chi distrugge gli altri senza guadagnarci nulla, anzi che si danneggia pur di poter distruggere, che è infinitamente più grave di distruggere gli altri per guadagnarci qualche cosa, e questa è la differenza tra i malvagi e gli idioti criminali. I malvagi seguono linee logiche ed è possibile fermarli. Gli idioti criminali non si fermano mai. Se è ingenuo ritenere che la politica e la storia siano indipendenti dal denaro, altrettanto ingenuo è ritenere che il denaro ne sia l’unico motore. L’odio è una delle più potenti emozioni umane, infinitamente più forte dell’avidità: quest’ultima è situata sulla recentissima competitività. L’odio fa parte del nostro sistema più antico. L’odio di gruppo, una piazza che si autocontagia, vuol dire una scarica di adrenalina e serotonina insieme, è uno dei piaceri più assoluti. Annulla sia la paura che il dubbio. L’odio si contagia e si moltiplica. Per il piacere dell’odio e del dominio del mondo alla propria volontà asservita, gli idioti criminali distruggono sé stessi e tutto quello su cui mettono le mani. 
L’idiozia criminale di oggi si chiama terrorismo islamico: si tratta di un tipo di ferocia spaventoso, dove si inneggia alla distruzione di vite innocenti facendola rientrare in uno schema voluto da Dio e da lui premiato con il paradiso. L’idiozia criminale è la ferocia di un popolo contro le sue stesse donne, contro le sue stesse bambine. Il terrorismo islamico ha distrutto le formidabili spinte verso la laicità e verso l’ antiintegralismo, la riforma la filologia che animavano il mondo dell’Islam negli anni ’60 e ’70. Fino a trent’anni fa i paesi dell’Islam erano paesi bellissimi, pieni di tenerezza, dove persone sconosciute incontravano il tuo sguardo per strada e ti sorridevano. Il Cairo, Giacarta erano città incantevoli, dove si girava in pace, senza il minimo pericolo, percependo nell’aria solo la gentilezza. Se capitava di inciampare c’erano decine di persone che aiutavano ad alzarsi ed offrivano un tè alla menta. Non una sola donna in tutta l’Indonesia aveva la testa coperta. Non una in tutte le Maldive. Le 100.000 donne massacrate dai terroristi algerini perché non avevano coperto la loro testa fatta a somiglianza a immagine e somiglianza di Dio con un immondo straccio che impedirà per sempre, per sempre, di sentire il vento nei capelli, hanno cominciato a riportare tutte all’ordine. Komeini ha fatto il resto.
L’ultimo grande filosofo islamico. Mohamed Taha è stato impiccato sulla pubblica piazza di Kartoum nel 1985, mentre benediceva la folla. Conoscete il Sudan? La seconda culla della civiltà umana, dopo l’Etiopia, e come l’Etiopia e l’Egitto il Sudan è stato la terra della civiltà copta. La prima crociata non è stata fatta solo dagli europei. È stata una guerra mondiale: europei e africani hanno combattuto affiancati. C’erano crociati africani, che sono andati a combattere per liberare Gerusalemme dai colonizzatori islamici, ma anche per fermare l’Islam che devastava le loro terre per sottrarre schiavi. La costa africana del Mar Rosso, il mare più pescoso del mondo, è stata desertificata dai mercanti arabi di schiavi. 14 secoli di navi negriere. L’Africa in ginocchio per sempre. La statua di San Maurizio (Maurizio Mauro: vuol dire moro) crociato con i caratteri somatici africani si alza con la sua spada nella cattedrale di Magdeburgo. Somiglia maledettamente a un personaggio fantasy. Le popolazioni cristiane del Sudan meridionale hanno cominciato a essere massacrate venti anni fa e continuano nell’indifferenza generale. I conti sono stati saldati. I figli delle famiglie sterminate non sono tutti uccisi o venduti schiavi per 50 dollari (In Sudan, in Mauritania e in Arabia Saudita la schiavitù esiste ancora): Molti sono rinchiusi nella scuola coranica di Kartoum, dove vivono in condizioni di violenza indescrivibili. È la fabbrica dei kamikaze iracheni. Una buona  parte dei kamikaze in Irak vengono dal Sudan.

Sono un medico che ha visto le conseguenze della carestia, una carestia provocata intenzionalmente, che ha visto che cos’è l’infibulazione.
Anche se ci sono stata per un periodo brevissimo, nutro un amore feroce per l’Etiopia. L’Etiopia è stato un altro passaggio fondamentale. E’ stato in Etiopia che ho capito che non ci sono cattivi e buoni, ma cattivi e meno peggio e che le scassate e criticabili democrazie sono sempre, sempre, sempre, sempre meno peggio di tutte le dittature. Come tutta la generazione del ’68 avevo le idee molto chiare sui problemi, la corruzione e l’ingiustizia della deprecata economia capitalista, l’ipocrisia della civiltà dei consumi.
In Etiopia non c’erano multinazionali. C’erano cubani e sovietici e un milione di morti per terra, come fossero stati spazzatura, ma non erano spazzatura. Erano morti di fame. L’Etiopia è un paese ricchissimo. I contadini sono morti perché li hanno deportati in marce della morte così da collettivizzare le loro terre. Be’, quelli che li hanno massacrati, bisogna capirli. La proprietà privata è così out. Così poco cool.
Quel milione di morti non erano spazzatura, non erano scarafaggi e non erano cani. Erano persone. Ognuno di loro era una persona. Ognuno di loro aveva una vita ed era stato nel ventre di una madre esattamente come le vittime dei fascisti cileni o argentini, né più né meno. E la cosa più grave, ancora più grave dei morti, erano le parate. Questi disgraziati che non si reggevano in piedi che avevano appena seppellito la moglie o uno dei figli, con addosso i loro stracci e un modellino di kalashnikov fatto di compensato, dovevano fare le parate militari. Anche in Cina, durante il Grande Balzo in Avanti del Grande Timoniere (ci furono 30 milioni di morti di fame tra i contadini) i morti di fame dovevano fare le parate. Come in Etiopia. Sotto lo sguardo benevole dei faccioni in plastica di Marx, Lenin e Mao.
Dopo l’Etiopia mi tengo stretta la corruzione, l’ingiustizia e l’ipocrisia. Sono il male minore.
Il bene assoluto, la giustizia assoluta sono fanatismi da adolescente mal cresciuto che in realtà odia l’umanità perché si è vergognato dei propri brufoli. Chi ama l’umanità la ama sempre, la ama così com’è, con tutte le sue meschinità, la sua fragilità, la sua corruzione. La sua ferocia. Chi ama l’umanità non la disprezza mai, non si sente mai né geneticamente né moralmente superiore. Prima o poi è necessario diventare adulti e imparare a combattere per il male minore, passo dopo passo, piccolo passo dopo piccolo passo, senza il delirio che possano esistere scorciatoie, facendo un’infinita a attenzione a ricordare che la norma del cervello umano è la ferocia, e basta niente a far precipitare  il sistema.
Anche per quello che ho visto in Etiopia, scrivo.

D: Quali sono le sue letture favorite, da cui maggiormente trae spunto?
R: L’inferno di Dante per la fede nell’uomo, Shakespeare per la fede nel destino,  Primo Levi per il dolore, George Orwell per la disperazione, Steinbeck per il furore, la Austen per il senso del decoro, le sorelle Bronte per l’anticipazione delle teorie psicologiche,  Jorge Amado per la violenza, Alessandro Manzoni per lo strazio della morte di Cecilia e Salman Rushdie per il coraggio.
Poi ci sono i saggi: Ayaan Hirsi Ali2, Charhdortt Djavann3, Azar Nafisi4 e Taslima Narseen5, per aver osato parlare in nome della ragione contro la barbarie, la ferocia, la crudeltà, il sadismo e l’idiozia e per aver pagato con il costante pericolo della loro vita il bene inestimabile di aver osato pensare.
Se non le conoscete, leggete queste autrici. E’ un dovere morale, e aiuta a combattere quell’ottusa forma di razzismo chiamata politically correct che consiste nel pensare che, in fondo, solo le persone bionde con gli occhi azzurri possano essere liberi pensatori.
Della storia della letteratura fanno parte anche film e fumetti: la commedia all’italiana per la capacità di alternare struggente ed esilarante. Le strisce di Calvin e Hobbes, di Mafalda e dei Peanuts danno il senso del ritmo nel dialogo.
Per quanto riguarda la letteratura fantastica: Tolkien per il genio visionario, e la Rowling per la capacità di tenere insieme migliaia di pagine con personaggi sempre tridimensionali, Pullman per le implicazioni metafisiche.
Per chi volesse scrivere: io ho seguito le istruzioni che Primo Levi dà nel saggio intitolato “Dedicato a un lettore”, uno degli ultimi saggi di “L’altrui mestiere” (Einaudi). L’ultima raccomandazione di Primo Levi è quella fondamentale: per poter scrivere bisogna avere qualcosa da dire. Scrivete di quello che volete, ma deve essere obbligatoriamente qualcosa che risuona dentro di voi. La scrittura è solitudine e passione e anche arroganza. A quello che scriviamo, noi dobbiamo credere. Quando rileggendo quello che avete scritto vi piace, allora siete uno scrittore. Se quello che avete scritto non piace a nessun altro, nessuno lo legge e non è neanche pubblicato, pazienza, siete uno scrittore lo stesso.
Da una quindicina di anni a questa parte leggo solo saggistica. Non riesco più a leggere narrativa. Arrivo fino a pagina 15, qualche volta 20 e poi mollo tutto perché non me ne importa un fico. Fanno eccezione i best seller, Harry Potter, il Codice da Vinci, che però leggo come fossero saggi, per capire cosa contenevano di universale. Non scatta più il meccanismo dell’identificazione. Credo che sia una lieve forma di depressione che mi è rimasta addosso per la maniera in cui è morta mia madre. Fanno eccezione Il Signore degli Anelli e i libri di Primo Levi che rileggo in continuazione.
Il Signore degli Anelli e Se questo è un uomo sono due facce della stessa medaglia, raccontano la stessa storia, la seconda guerra mondiale e il genocidio. Primo Levi racconta quello che è successo e Tolkien quello che avrebbe dovuto succedere.
Non ci restano che le liste dei nomi, le infinite liste dei nomi come quella di Praga, quella di Gerusalemme. Elenchi di nomi scritti piccolissimi perché ce ne stiano migliaia nella stessa parete è tutto quello che è rimasto, insieme a qualche mucchio di occhiali o cucchiai o Bibbie o capelli recisi. Fotografie sbiadite di scheletri vestiti a strisce. Fotografie sbiadite di cadaveri carbonizzati, con la bocca ancora deformata dall’ultimo urlo. Bambini usati per infettargli la tubercolosi e la lue. Donne cui l’utero è stato bruciato con l’acido.
Il sogno ossessivamente sognato della carica di Sire Aragorn che irrompe sul piazzale di Auschwitz con la cavalleria e gli stendardi al vento, non è solo un tentativo di consolazione. È un mezzo estremo per scongiurare che il disastro succeda di nuovo.
Gli Orchi si fermano militarmente.
La definizione di Orco è : colui che uccide i bambini apposta e dopo averli uccisi festeggia.
La guerra è orribile certo. Il cervello umano è costituito da tre parti. Quelle più basse sono in comune, rispettivamente, con l’alligatore e con il lupo. La capacità di ferocia è illimitata. La norma è la ferocia. Non esiste né mai esisterà  un esercito che possa vantare l’assenza di componenti feroci o ignobili. Non esiste né mai esisterà esercito che non si macchi di ferocia e ignominia. Questo è il motivo per cui le guerre è meglio non farle. Le sofferenza saranno sempre terribili.
Le uniche cose che possono fermare un genocidio, però, sono una guerra o la minaccia credibile di una guerra.
Come le concorrenti per il posto di Miss Mondo, tutti vogliamo la pace del mondo.
Gli Orchi però si fermano militarmente. 
Dopo che mi avranno ammazzato, voglio sulla mia bara i miei due libri, il Signore degli Anelli e Se questo è un Uomo, e le bandiere di quelli che hanno combattuto il nazismo. Che l’ hanno combattuto con le armi, il sangue e il coraggio.

D: Secondo lei come nascono i canti (inteso genericamente: fiabe, leggende, ecc.)? Quand'è che qualcuno si ferma e decide di comporre un canto ed in che modo diventa popolare?
R: La prima  letteratura fantastica nasce quando nascono la coscienza e il dolore, e con loro la necessità di lenire quel dolore. Una volta che si è formata la corteccia cerebrale e l’istinto si è disperso, la paura, la vergogna e il lutto sono diventati insopportabili. Il canto del cantastorie, la fiaba, la leggenda sono stati un primo, e per millennio unico mezzo per affrontare e contenere emozioni altrimenti insopportabili.
Qualcuno si ferma e decide di comporre un canto quando ha dentro non solo un’emozione, ma anche l’urgenza di trasmetterla. Se e quando quella stessa emozione è nell’immaginario collettivo, il canto, la leggenda, quello che è,  diventa popolare.
La prima emozione la più antica è la paura. La paura esiste già negli organismi monocellulari: se avvicinate la punta di uno spillo l’ameba si sposta, perché ne ha paura. La paura è la sacerdotessa della vita, la sua infaticabile custode. Dove non c’è dolore non c’è paura e dove non c’è paura la sopravvivenza non è possibile: gli affetti da analgesia congenita, che non sentono dolore (è una patologia rarissima ma spettacolare, c’è sempre qualcuno con l’analgesia congenita nei telefilm ospedalieri) raramente riescono a superare i vent’anni perché si ammazzano prima, involontariamente, di traumi, ustioni e infezioni sovrapposte.
La prima paura, quella più antica, riguarda le proteine: il non avere abbastanza proteine, la possibilità di diventare la pietanza di qualcun altro.
I primi canti servivano per vincere la paura.
Le pitture più antiche rappresentano scene di caccia: possiamo immaginare che i primi canti parlassero ai cacciatori, alla loro maledetta paura di uscire nel freddo porco dell’era glaciale per andare a discutere di proteine con mammut e tigri dai denti a sciabola, alla loro paura di diventare la merenda di qualcun altro, alla paura di non prendere niente e restare a crepare di freddo e fame con il resto della tribù. Ogni essere umano è fatto da chili e chili di proteine di buona qualità non protette da zanne né artigli, proteine che non bisogna nemmeno scuoiare perché sono insaccate dentro una pelle morbida, nuda e senza squame. Ci sono quattro maniere per procurarsi proteine facilmente: pesca, allevamento di polli, allevamento di maiali, mungitura. Nei luoghi dove nessuno di questi quattro sistemi è in atto, è sempre presente il rischio del cannibalismo. Il cannibalismo è stata la bestia nera dell’America precolombiana. La mancanza del cavallo - nell’America precolombiana non esisteva: è stato portato dagli Europei - ha impedito ai popoli nordamericani di arrivare finalmente all’allevamento. Sono rimasti divisi in tribù, che non hanno mai potuto unirsi perché il cannibalismo crea solchi di odio assoluto non più valicabili. Altro problema gravissimo la mortalità materna infantile, che ha spinto tutti allo stupro etnico come normale sistema di procurarsi femmine e discendenza, il che ha ulteriormente aumentato la mortalità e l’odio. Il livello di belligeranza è deducibile dalla mancanza di una lingua comune, conditio sine qua non per riconoscere immediatamente gli stranieri e per non rischiare di avere mai nei loro confronti dialogo o compassione. Le tribù non si sono mai riunite in una nazione e, quando questo succede, le popolazioni restano bloccate all’età della pietra. I sassi sono dappertutto. Per passare ai metalli occorre una miniera e quindi un’organizzazione nazionale, stanziale e nazionale, o, perlomeno, sovratribale. Senza una lingua comune propagandata dal cantastorie non si arriva alla nazione e si resta all’età della pietra. Dopo il bagno di sangue costituito dalla prima e dalla seconda Guerra Mondiale, noi consideriamo il nazionalismo come un problema e non più come risorsa. La nostra sopravvivenza aumenta se riusciamo a trascendere il nazionalismo a favore dell’internazionalismo o, almeno, del sovranazionalismo, intesi non più come impero conquistato a forza, ma come libere associazioni di stati (o pianeti). Nella letteratura fantasy, come nella sua figlia legittima, la  fantascienza fantasy (Guerre stellari) gli eserciti sono multietnici. La compagnia dell’Anello è formata da due uomini, un elfo, un mago, quattro hobbit e un nano. Nella battaglia finale di Guerre stellari umani e non umani combattono affiancati. Il genere fantasy trascende la nazione, ed è il poema epico dei nostri giorni.
Dopo la paura di essere ammazzati, c’era la paura della morte naturale. Madre natura è sempre stata estremamente amorevole con i suoi figli prediletti, che però non siamo noi, sono gli insetti, i vermi, gli acari, le filarie, le zecche. Non siamo i mal riusciti, quelli nati per fare da merenda a qualcun altro. Siamo squamati, sdentati, ridicolamente lenti. Nello scontro, perché altro non è mai stato se non uno scontro, tra l’uomo e la natura, nella stragrande maggioranza dei casi, fino a due millenni fa, vinceva la natura:  i villaggi si estinguevano, le popolazioni scomparivano, lasciando, e non sempre, qualche pietra scolpita.
Il primo canto descriveva la caccia. Il secondo la guerra con la tribù vicina per non essere mangiati. Il terzo  piangeva un grande capo ucciso in battaglia o, forse, un figlio morto bambino.

D: In passato, racconti, leggende e fiabe fornivano una base per la comunicazione, un metatesto comune da cui partire. Pensa che questa sia un'affermazione corretta? Vale ancora oggi?
R: È un’affermazione corretta e sarà valida fino a che esisterà l’umanità.

D: Molti gruppi umani (tifosi, ecc.) sembrano riconoscersi in espressioni (canti, leggende, ecc.), mentre altri sembrerebbero esserne privi (medici, per esempio); cosa ne pensa?
R: Canti e leggende nascono dove ci sono emozioni comuni e dove c’è una fede comune, in una religione, una nazione, un partito o, in mancanza di meglio, una squadra. All’interno di una scelta professionale si rende inevitabilmente necessario un gergo tecnico, ma le emozioni sono troppo discordi perché si formi un linguaggio emotivo comune.

D: Pensa che nel fantasy odierno si possa riscontrare la funzione liberatoria e sostenitrice della prima letteratura fantastica, o che sia principalmente un fenomeno commerciale?
R: Quando la gallina dalle uova d’oro sono i maglioni di lana, è perché che fa un freddo maledetto. Quando sono i ventilatori vuol dire che ci sono 40 gradi.
La letteratura fantasy sta diventando la gallina dalle uova d’oro,  perché contiene qualcosa che ci manca. C’è qualcosa in questa letteratura che dà consolazione alle nostre angosce. Nel momento in cui il buio esiste e le grandi fiaccole della fede nel progresso e nella provvidenza perdono forza contemporaneamente, da qualche parte bisogna pur cercare di darsi coraggio.
Come dice Tolkien, la letteratura fantastica parla di cose permanenti: non di lampadine elettriche, ma di fulmini, e insegnano cose vere: che il buio esiste e che può essere sconfitto.
Il linguaggio fantastico ha due valenze: una metaforica e una storica, ed è questo che lo rende il più antico e  universale. La letteratura fantastica si è rimpicciolita con l’illuminismo. E’ stata considerata una letteratura minore, limitata ai più giovani. E’ di nuovo esplosa con il Signore degli Anelli, cioè dopo la seconda guerra mondiale, che non è solo stato il più grande massacro di tutti i tempi, con 50 milioni di morti di cui uno era il figlio di Tolkien: la seconda guerra mondiale, in quel terribile anno 1941, quando sembrava certo che Hitler avrebbe vinto la guerra è stata anche la paura che il mondo come era sempre stato finisse. Non la paura dell’anno 1000, di una fine del mondo voluto da un Dio furibondo, ma la paura di un mondo che finisce per una serie di sbagli e feroci idiozie che si accumulano oltre il punto di non ritorno. E’ una paura che non c’è mai stata prima e che da allora continua a essere ossessivamente presente in tutta la nostra letteratura e cinematografia fantastica, fantapolitica e fantascientifica. Sul piazzale di Auschwitz, dove migliaia di creature umane sono rimaste in piedi per ore e ore in un silenzio assoluto, con il terrore che la stanchezza facesse cedere le gambe, o che la pipì potesse scappare, mancanze punite con una morte atroce, è finito il concetto stesso di provvidenza.
La letteratura fantasy ci affascina così tanto perché è il luogo dove la cavalleria arriva sempre prima del massacro, dove in qualche maniera, alla fine, c’è la certezza che il mondo sarà salvato.
Nel fantasy c’è la certezza assoluta che lo sguardo di un dio benevolo è su di noi e questo è il motivo per cui il fantasy è il racconto dove si parla della morte e il discorso è tollerabile: il secondo tema della letteratura fantasy è la morte.
Il dolore descritto su una pagina e protetto dal lieto fine obbligatorio in ogni libro fantasy, è una  possibilità di consolazione, che invece non sempre può esserci nella letteratura storica o realistica. La morte in un’ opera fantasy è un evento che permette un’elaborazione e quindi ci può aiutare a capire come elaborare un lutto, in un’epoca che sente la necessità fortissima di una forma di religiosità nuova, dove ognuno diventa il profeta di sé stesso, anche a costo di rinunciare dalla consolazione data dalle religioni tradizionali nel lutto.
La letteratura fantasy ci aiuta a ritrovare la fierezza di noi stessi e della nostra storia. È la fusione di elementi mitici di tipo maschile presi dal poema epico e di tipo femminile presi dalle fiabe. Comincia dopo la seconda guerra mondiale ed esplode dopo il ’68, quando la civiltà europea subisce un attacco assoluto e integrale. Tutto quello che è stato fatto tutto quello che è stato pensato, ogni successo è stato dichiarato sudicio e ignobile. Noi siamo quelli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, della Donna e del Cittadino. Chi attacca la civiltà post-illuminista attacca quella Dichiarazione. Ogni civiltà che venga spinta a vergognarsi di sé stessa e della propria storia sta subendo un attacco di tipo coloniale, potenzialmente genocidiario. È quello che è successo alla civiltà post-illuminista nel ’68. tutto quello che ci apparteneva era sudicio, corrotto, cattivo e sbagliato. I nostri intellettuali erano e sono schierati a spiegarci con tono addolorato quanto facciamo schifo. Negli ultimi sessant’anni l’umanità è passata da uno a sei miliardi, ripeto nell’ultimo mezzo secolo l’umanità è arrivata a sei miliardi, grazie a quanto sono state abbattute la mortalità infantile e la fame. Per quanto riguarda l’ingiustizia, la fame, il dolore, le malattie,  non ce ne sono mai state così poche. In qualsiasi altra epoca è stato infinitamente peggio. Eppure, la civiltà che era arrivata alla vaccinazione antivaiolosa, alla penicillina e alla scoperta dell’elettricità e, molto più importante, alla “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, della Donna e del Cittadino” era stata spinta a vergognarsi di sé stessa.
L’unica cosa da fare era ricordare il passato da cui questa civiltà è nata. Come Benedetto Croce abbiamo ricuperato il medioevo, e abbiamo ricordato che un popolo disarmato si candida a diventare un popolo di schiavi o un popolo di morti. Abbiamo ricuperato i miti perché sappiamo di essere in pericolo.
Di tutto questo mi sono resa conto in Etiopia. Fino all’Etiopia non mi ero resa conto di cosa fossero il Comunismo sovietico e Cinese.
Niente da fare. Non me la scampo. Devo parlare del ’68. È nel ’68 che comincia la passione per il Signore degli Anelli. Fino a quel momento non era praticamente uscita dall’Inghilterra.
Bene. Il ’68 è stato un ulteriore volo di Ulisse oltre le colonne d’Ercole, ma è stato anche una forma di squadrismo di massa dove con il massimo sforzo è stato raggiunto il minimo risultato. In tutte le società umane il ragazzo impara dal padre, la ragazza dalla madre. I valori sono gli stessi, i vestiti anche. Sono identiche le parole, i gesti. Il lavoro. La morale. Madre e padre insegnano come si costruisce il matrimonio. Madre e padre insegnano. La corsa avviata nell’800 alla diversità generazionale è cominciata con un cigno affidato a un anatra ed è finita con un cigno affidato a sé stesso. Il ’68 ha fratturato ancora di più ogni legame e nessuno si è ricordato che le fratture sono dolorose e che chi le causa impunemente non è un giusto, ma uno sciocco. Siamo arrivati all’aberrazione di considerare normale che gli adolescenti deridano i propri genitori. Poche cose sono pura sofferenza, come essere figli di un genitore di cui non siamo fieri. Un genitore che ha fatto quel che poteva e che non ha venduto il suo bambino a una fabbrica di tappeti, perché deve essere deriso? Ogni generazione è oramai una tribù a sé stante, dispersa su un’isola deserta, che deve inventarsi da sola un’etica, un’estetica, un codice comportamentale e un linguaggio. Il padre è colui che insegna la morale: non rubare. Una volta che i padri siano stati azzittiti, l’eroe è colui che si imbuca alle feste e deride e picchia chi si oppone alla rapina. Ulisse è il viaggiatore, l’esploratore, ma anche lo sradicato. Lontano dalla terra che ha lasciato, e da quella che non ha ancora raggiunto, Ulisse è spaventosamente fragile e preda di tutte le trappole e di tutte le lusinghe, le Sirene possono  fermarlo. Forse andrà oltre le colonne d’Ercole. L’altra possibilità è che cada e, privo di ogni legame e di ogni rete, sarà la sua una caduta fino alla profondità degli abissi. Perso nel nulla, senza nessuna terra in vista, senza nessun tipo di padre perché tutti hanno dimissionato, ci resta solo Step sulla sua moto. Unica alternativa Sire Aragorn o Rankstrail, come sogno di una visione storica ricuperata, così da poter avere un futuro, che come ogni futuro possibile può essere basato solo sulla fierezza di sé stessi e del proprio passato. In mezzo non c’è più niente.
Il ’68 è stato un attacco di totalitarismi atroci, sovietico e cinese, alla civiltà della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, una civiltà carica di ingiustizia, sopraffazione, razzismo, colonialismo, generosità, stupidità, cialtronaggine, vigliaccate, eroismo, evasione fiscale, magliette, antibiotici, automobili, Homer Simpson e benzina. Noi. Quelli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Perché noi facciamo anche schifo e questo è un fatto, ma gli altri, i nostri nemici mortali, erano e sono peggio di noi.
E siccome abbiamo la libertà di parola, tutte le volta che facciamo schifo, per esempio quando Nixon ha favorito il colpo di stato in Cile, che è sbagliato ce lo diciamo da soli, e nel giro di qualche decennio, a volte meno, correggiamo il tiro.

Il ’68 sono stati dieci milioni di morti ammazzati di botte in mezzo alla strada, linciati, impiccati, trascinati da vivi legati ai camion della cosiddetta Rivoluzione Culturale cinese, rivenduta in Europa come una bella festa goliardica. Il ’68 sono i carri armati sovietici che entrano a Praga. Il ’68 è la delirante idea di essere moralmente superiori, non meno delirante e non meno omicida dell’idea nazifascista di essere geneticamente superiori. Le alternative erano due: o non si è superiori ai propri padri (e allora perché prenderli a calci?), o si è superiori e allora è a quegli stessi padri che si deve la maggiore consapevolezza. Una volta che si è superiori a qualcuno, geneticamente o moralmente, perché non trasformare gli inferiori in fertilizzante per le ortiche, così l’umanità migliora?

D: Quanto costa alla società il fatto di banalizzare un bisogno naturale, come quello di sentire un racconto, e ridurlo a frivolezze per bambini?
R: Non costa nulla. Non è un problema. Non ha alcuna importanza. La forza narrativa dell’inconscio collettivo è inarrestabile come quella dell’acqua. Trova la strada, dove non c’è la scava, ritorna in superficie, attraverso il ciarpame, le operazioni commerciali più sfacciate e banali. Lo scopo iniziale della saghe di Alien e Terminator, era portare a casa un  po’ di quattrini. Sono nati come “ film di cassetta”. Le due saghe hanno modificato il linguaggio e l’immaginario collettivo. Sono diventate il paradigma del potere genocidario, un potere cieco e sordo, incorruttibile. Un potere con cui non si tratta e non si contratta, con cui non possono esistere margini di dialogo. Il genocidio fa parte dell’inconscio collettivo degli ultimi cento anni di storia. Tutti ne sono a conoscenza, incluso quelli che non conoscono la storia, che non sanno cosa sia stato Auschwitz o il Ruanda perché la loro scolarità o il loro interesse per la cronaca politica è talmente modesta da non includere nemmeno questi nomi.
Anche loro hanno visto Terminator o Alien, il film con il dinosauro, il mostro, lo scarafaggio, il piranha, l’ipersqualo, il superverme, il mega virus, lo scorpione ciclope, il pomodoro killer,  o uno dei loro cloni. Tutti sappiamo che cos’è il genocidio. Tutti sappiamo la verità: ognuno di noi è possibile che diventi vittima di un genocidio, esattamente come ai tempi della guerra dei trent’anni è stato possibile essere vittima del cannibalismo.  Hansel e Gretel lo sapevano.
Alien, Terminator, Guerre Stellari, le Guerriere di tutta la letteratura fantasy  hanno inoltre infranto l’archetipo femminile plurimillenario della madre sottomessa, la Madonna che non si oppone alla volontà del padre nemmeno per difendere la sua prole.
Sara Connor e il Tenente Ripley, le due guerriere di Alien e Terminator, non avrebbero accettato la volontà del Padre. Avrebbero tirato giù il loro bambino dalla Croce o sarebbero morte nel tentativo.

D: Come influisce nel suo modo di scrivere racconti fantasy il fatto di possedere una solida preparazione scientifica?
R: Grazie per il “ solida”. Influisce moltissimo.
Noi dobbiamo conoscere la materia. Le alternative sono due, la prima è che Dio esista, in questo caso la materia è il linguaggio con cui parla agli Uomini, la seconda è che Dio non esista e in questo caso la materia è Dio. Quindi ogni teoria filosofica o sociologica deve nascere dalla conoscenza della materia. I grandi filosofi, fino a Kant, erano scienziati. Da quando la filosofia si è staccata dalla materia, è diventata farneticazione, ammasso di sillabe, un pensiero tanto comicamente debole da non osare pronunciarsi su cosa sia giusto e cosa sbagliato. Uccidere un bambino è sbagliato. Torturare un bambino è sbagliato. Far saltare una scuola dopo averne tenuto in ostaggio gli allievi nudi e senz’acque per tre giorni è uno schifo. Chiudere una cintura esplosiva attorno al ventre di una donna incinta è sbagliato. Chi sostiene che tutto questo è giusto ha torto. La protezione del bambino, di chi ha le fattezze del cucciolo (testa grande, occhi grandi come i cartoni animati) è un istinto antichissimo. Dove questo istinto è violato siamo di fronte a quella che in termini letterari si chiama cultura di morte, in termini tecnici psicosi.
Gli Orchi sono coloro che dopo aver ucciso bambini festeggiano.
Quando per una settimana intera riusciva a mantenere la media, imposta da Himmler, 10000 persone smontate al giorno, il comandante di Auschwitz festeggiava stappando una bottiglia di vino, che si ridusse poi a una bottiglietta di birra negli ultimi mesi di tempi grami.
Il 17 marzo del 1988 è stata per me una data speciale, il giorno più importante della mia vita. Finalmente avevo scoperto di aspettare un bambino, quando oramai non ci speravo più. Ognuno di noi conserva l’ingenuità infantile di voler essere il centro del mondo e io aveva sperato per tutta quella giornata che quello potesse essere un giorno felice per tutti, uno di quei giorni in cui non è successo niente di particolarmente disastroso. Quindi ho fatto una particolare attenzione a quella giornata. L’ ho memorizzata. Il 17 marzo 1988 è stato il giorno di un genocidio. Saddam Hussein, il suo figlio maggiore e un altro gentiluomo passato poi alla storia con il nome di Alì il Chimico, in quel giorno hanno fatto gasare villaggi e villaggi del Kurdistan con gas neurotossici. Non c’era nessuna guerra. Il Kurdistan faceva semplicemente parte dello stato di Saddam Hussein, una parte che gli era antipatica, come gli erano antipatici i villaggi sciiti. O come gli erano antipatici gli Ebrei. Erano in Irak dai tempi di Nabucodonosor, Saddam Hussein li aveva fatti impiccare. C’erano gli alberi di Bagdad che grondavano studenti universitari impiccati. Si salvarono solo gli ultimi perché lo Stato di Israele comprò le loro vite e li portò in salvo.
Non c’era nessuna guerra, nessuna ribellione, nel Kurdistan. Nulla. I villaggi erano abitati in maggioranza da donne e bambini. Gli uomini era espatriati per mandare qualche soldo a casa. Anche se il Kurdistan è ricchissimo, il suo immondo proprietario lo teneva in uno stato di miseria assoluta.  Perlomeno ad Auschwitz avevano usato gas respiratori e li avevano usati in ambienti chiusi, le camere a gas appunto. Nel giro massimo di 20 minuti gli utenti erano tutti passati a miglior vita. La miglior vita dei Curdi è stata posta in cima a una montagna ripida e fatta di dolore. Dolore puro. Le neurotossine uccidono mediante il dolore. I nervi sono in fiamme e segnalano lo stesso dolore delle ustioni. Morire di neurotossina  vuol dire morire di dolore e ci vogliono ore, giorni. Alcune migliaia di persone che non avevano inalato abbastanza veleno da morire subito, si sono suicidate nei mesi successivi per sottrarsi ai loro nervi in fiamme. Nel Kurdistan continuano a nascere bambini con la palatoschisi e  il cancro del colon, continuano a nascere, ma da due anni hanno smesso di morire. Adesso li curano in ospedali sempre migliori e sempre meno da campo.
Torniamo al 17 marzo 1988. alla sera, Saddam Hussein, il suo figlio maggiore e Alì il Chimico hanno festeggiato. Anche Mussolini aveva ben festeggiato quando il suo figlio maggiore (lo zio della signora falso bionda che ora fa politica) aveva gasato villaggi etiopi con gas neurotossici.  Mussolini festeggiò con spumante italiano, Saddam Hussein e gli altri due, benché musulmani, hanno festeggiato con lo champagne che gli inviava personalmente Chirac, il pacifista di Mururoa. 
Gasare i curdi con i gas neurotossici è stato un gesto talmente privo di una qualsiasi logica, di un qualsiasi utile, che ho sempre avuto il sospetto che Saddam Hussein lo abbia fatto al solo scopo di imitare Mussolini. Gli piaceva moltissimo. Lo ha citato in continuazione come suo modello durante il processo. 

Il nazismo è stata una psicosi di massa, il terrore islamico lo è attualmente.
Il terrorismo islamico ha una data di nascita precisa, è nato il 22 novembre 1941 a Berlino, quando Adolf Hitler dichiarò che il nazismo ha due anime, tedesca e islamica. In quella terribile data il Gran Muftì di Gerusalemme, la più alta autorità sannita, dichiarò che il Nazismo e l’Islam avevano gli stessi valori e gli stessi nemici, affermazione falsa per quanto riguarda l’Islam laico e tutti i tentativi di riforma a cominciare da quello del sudanese Mohamed Taha, ma purtroppo non priva di una certa logica per l’ islam integralista, Wawabismo sunnita e il Khomeinismo sciita. In cambio dello schieramento di tutto l’Islam, Siria, Giordania, Iran, Irak e Egitto, a favore di Hitler il progetto iniziale dell’espulsione degli Ebrei fu sostituita dallo sterminio, uno sterminio completo come quello compiuto dal Profeta Maometto sulle tribù israelite dell’Arabia, ree di aver rifiutato di riconoscerlo come Messia6. La soluzione finale risale al febbraio del 1942.  Il tale occasione fu anche fondata la XIII divisione SS, la divisione bosniaco palestinese, per intenderci erano quelli che andavano a massacrare i partigiani serbi con il Corano sotto braccio e seguivano la prescrizione (è contenuta nella Sura numero nove  di segare gambe e braccia ai nemici dell’Islam. Sempre nella stessa occasione Hitler e Himmler si scusarono con il Gran Mufti di Gerusalemme, perché questa ignobile Europa giudaico cristiana aveva osato fermare l’Islam a Vienna. A proposito di Vienna, qualcuno ricorda la data in cui l’assedio fu spezzato? L’11 settembre. Certo. L’11 settembre 1683 il monaco italiano Marco d’ Aviario con 80000 uomini spazzò via l’assedio di Vienna: 300.000 tra cavalieri e fanti. Senza quella vittoria non avremmo avuto Kant. Non è un caso che la tecnologia, dalla vaccinazione al cellulare, dall’energia atomica alla resezione epatica secondo Tong Tan Tun, si sia sviluppata dove le religioni sono incerte (Giudaismo, Cristianesimo, Buddismo), dove abbiano dei margini per il dubbio e la rielaborazione filologica. Solo dove la filologia è permessa si sviluppa la filosofia. Senza filosofia non c’è pensiero scientifico, senza pensiero scientifico non può esserci pensiero tecnologico.
La cosa gravissima non è rappresentata dagli eventi che ho appena descritto, ma dal fatto che siano censurati, assenti da tutti i libri di scuola. Sono scomparsi nel 1974. Sotto censura è la foto degli Hezbollah che salutati con il braccio teso, l’informazione che il partito Baat siriano e irakeno siano partiti ufficialmente nazional socialisti, che il braccio destro di Eichmann sia vissuto indisturbato a Damasco dove è morto di vecchiaia: la Siria ha sempre rifiutato l’ estradizione in quanto “sterminare ebrei non può essere considerato un crimine”.
Quella di Bush contro Saddam  Hussein è una guerra antinazista (cfr. anche Paul Barman, Terrore e Liberalesimo) Possiamo discutere fino a che vogliamo se è stata opportuna, se i problemi che ha risolto siano superiori o inferiori a quelli che ha creato, ma che sia una guerra antinazista, contro un partito ufficialmente nazista e doppiamente genocidario, impiccatore di Ebrei e gasatore di Curdi, non è un fatto negabile. E un altro fatto è che le candide anime di buoni e giusti che si sono infischiate di ingiustizia atroci e mostruose, dal Sudan alla Cecenia, siano insorte quando quello a essere preso a calci nei denti è uno stato nazifascista. 
Il nazismo è vivo, più forte che mai, ha i quattrini del petrolio, è armato fino ai denti e infiltra sempre di più le coscienze. Le sue armi sono l’aggressione fisica, il vittimismo e la criminalizzazione della vittima. Come Saruman parla con voce dolce e suadente, la voce dolce di Tariq Ramadan, ci guarda con tristezza: come facciamo a essere così cattivi?
Negli anni ’80 ci sono stati 200000 Cristiani ammazzati  a Timor est, nell’indifferenza generale, 2 milioni di Cristiani annullati nel Sudan meridionale, sempre nell’indifferenza generale. Nel Sudan c’è il petrolio, ma non ci sono le Compagnie Petrolifere Americane, ma quelle cinesi e malesi, quindi va tutto bene e a nessuno gliene importa un fico. Un genocidio che ha sterminato due milioni di persone con il solito corredino di bambini con il cranio fracassato, bambine violentate eccetera eccetera, ha come causa principale l’odio e la follia, e come concausa il petrolio. Nessuna bandierina e nessun corteo? Mha!
Nella Pasqua dell’anno 2000 circa 800 Cristiani sono stati linciati a Sulawesi, Indonesia, in una specie di Notte dei Cristalli. In quello stesso anno, il 2000, un anno prima delle torri gemelle, Bush il cattivo non era neanche stato eletto, le chiese cristiane bruciate a Giacarta sono state un migliaio. I Buddisti dell’Afganistan sono stati fisicamente sterminati: gli ultimi due erano in pietra e li ha fatti saltare personalmente Osama Bin Laden.  Gli induisti del Bangladesh sono stati cacciati in seguito a violenze atroci (la solita roba, bambini buttati dalle finestre, donne incinte sventrate, eccetera eccetera) e hanno dovuto abbandonare quello che da millenni era il loro paese: dieci milioni di profughi, la più grande fiumana di esseri umani e a nessuno gliene è fregato niente e il cattivo della terra sono gli Stati Uniti? In Sudan la pena per chi si converta al Cristianesimo è la crocifissione (e poi dicono che la cultura integralista islamica è scarsa di senso dell’umorismo!). In Marocco la pena per i convertiti è solo 3 anni di galera (questi sono moderati. Si tratta però di una prigione marocchina. Potendo scegliere preferisco Guantanamo). In Malesia chi si converte al Cristianesimo è rieducato in appositi campi di rieducazione (anche questi sono tanto moderati) In Pakistan  c’è la pena di morte per la bestemmia, ma per bestemmia si intende anche il “Padre nostro”, perché noi siamo servi di Dio non suoi figli. “Ave Maria Madre di Dio” è una bestemmia passabile di morte. In Egitto ai Cristiani è preclusa qualsiasi attività pubblica, incluso essere preside di scuola (il sindaco di Tel Aviv è palestinese). In Siria, a Betlemme, in Pakistan le violenze contro i Cristiani sono continue. Le violenze contro le ragazze cristiane sono spaventose. Non è difficile tenere nascoste queste atrocità. È sufficiente riempire le pagine dei giornali di cose vere, verissime, per carità, Abughaim per esempio, il ricordo di Allende, tutte cose vere. Quale civiltà non ha colpe? Quale stato non ha commesso atroci ingiustizie? Milioni di morti sono cancellati. Non abbiamo sentito le loro urla perché tutte le volte che abbiamo cercato di girarci a sentire qualcuno ci ha preso per il collo e ci ha detto “ hei, non ti distrarre. Guarda qui. Guarda quanto sono cattivi i Marines, guarda l’eroico popolo palestinese.”
Noi non marciamo a passo dell’oca perché 300000 uomini degli Usa hanno lasciato la loro terra, traversato il mare e sono venuti a crepare per esportarci la democrazia. Io vengo da una famiglia di antifascisti e a casa mia si alzavano in piedi quando nominavano gli Stati Uniti.
Eppure l’11 settembre quando il nazismo islamico fa 3000 vittima innocenti, inclusi bambini, in questa stessa Europa che agli USA deve tutto, i topi di fogna cominciano a gioire.
Fo Dario, ex combattente della Repubblica di Salò, tanto per cominciare, uno che agli Americani non ha mai perdonato di aver traversato il mare per venire a prendere a calci nei denti il suo amato Duce e il suo ancora più amato Führer. Qualcuno mi spiega perché la sfilata del 25 aprile a Milano sia aperta da un nazifascista e si concluda con il rogo delle bandiere di quelli che il nazismo lo hanno combattuto?  Capisco che ogni popolo abbia la sua inevitabile quota di topi di fogna e cani, ma perché eleggerli maestri di pensiero? Stesso discorso  per il suo collega Gunter Grass, un altro con l’anima troppo candida per perdonare alla civiltà occidentale e agli Americani tutte le loro ingiustizie. Grass aveva militato nelle SS, ma poverino: lui non lo sapeva. Con tutte quelle divise credeva fossero i boy scout. 
Certo: la cultura occidentale e quell’americana in particolare sono culture violente, spesso ingiuste, sempre aggressive. Certo: gli esseri umani sono violenti, sopraffattori e feroci. Mica discendiamo dagli angeli. Se fossimo meno feroci ci saremmo estinti. Tutti siamo feroci e tutti siamo egoisti. Chi dichiara di non esserlo è uno che mente.
La cultura occidentale e quell’americana sono ingiuste e violente, certo, ma sono culture di vita. USA, Inghilterra, Europa, Francia Italia vogliono dire anche musica, film, soprattutto antibiotici, tecnica medica. Se il cancro e l’infarto spesso non sono più mortali lo dobbiamo alla marcia civiltà occidentale e agli Usa. Noi siamo quelli della Dichiarazione dei Diritti degli Uomini. Noi siamo quelli che hanno cancellato il vaiolo dalla faccia della terra. E solo noi avremmo potuto. Perché per avere l’idea di cancellare il vaiolo dalla faccia della terra occorre avere il coraggio di pensarci, occorre avere l’arroganza di essere un figlio di Dio, non un suo servo. Occorre pensare che la volontà di Dio non è che crepiamo di vaiolo, ma che impariamo a usare il cervello che Lui ci ha dato per distruggere il vaiolo.
Il Nazismo è una cultura di morte. Noi amiamo la morte, è stato scritto dai terroristi di Madrid, viva la muerte era il motto dei falangisti.
Il Nazismo è più vivo che mai. Le sue armi sono il vittimismo, il terrorismo e la demografia.
Gli intellettuali non lo sanno, ma il popolo lo ha capito. Non ha le informazioni, ma ha la percezione. Sta ricuperando antichi miti perché sa di aver bisogno di tutto il coraggio.
Il regista olandese Theo Van Gogh è stato ucciso perché aveva fatto un film di 12 minuti sul dolore delle donne dell’Islam. (Ayaan Hirsi Ali, Non sottomessa, Einaudi). Nessuno ha potuto vedere i 12 minuti di film sul dolore delle donne prigioniere dell’Islam, perché nessuna televisione ha avuto il coraggio di trasmetterli. Tutte le comunità islamiche europee ed extraeuropee, tutte, nessuna esclusa, hanno preteso che il film non fosse trasmesso e hanno preteso che non fosse messa una lapide dove il sangue di Teo Van Gogh è stato versato. Le minacce di atti di terrorismo e disordine sono state tali che nessuno si è assunto la responsabilità di rischiare. Tutte le comunità islamiche, nessuna esclusa, sono responsabili di aver sputato in faccia alla libertà di espressione, pilastro della cultura europea.
Nessuno di noi ha potuto veder Submission o Obsession. I due film sono sotto censura. Nessuna televisione e nessun cinema li hanno trasmesso. La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino è sotto sequestro. Il momento di combattere è tornato. Diceva Brecht “beata quella terra che non ha bisogno di eroi”. Quella terra non siamo più noi. Quella terra non siamo più noi. Alzatevi in piedi e raccogliete le vostre spade.
A Torino abbiamo avuto l’altissimo onore di ospitare e ascoltare Ayaan Hirsi Ali, di vedere con i nostri occhi la sua bellezza e il suo coraggio. Ayaan Hirsi Ali è sempre scortata da due carabinieri armati fino ai denti. Senza le armi di quei carabinieri la sua vita e la sua libertà di parola sarebbero già state cancellate.
Tutti abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli una terra libera quanto quella lasciataci dai nostri padri. Una terra cialtrona, feroce, piena di evasori fiscali e di corruzione, certo, ma libera.
Sapete, io vengo da una famiglia di gente maleducata. Abbiamo combattuto contro i Borbone, con Garibaldi sul Volturno e contro il nazifascismo. Anzi contro i nazifascismi.
Non ho intenzione di imparare l’educazione.
Che nessuno si faccia illusioni. Noi stiamo subendo un processo di colonizzazione.
La colonizzazione comincia con il convincere gli appartenenti al popolo da colonizzare della falsità delle loro leggi. Comincia con la conquista degli intellettuali, parola dall’etimologia sempre più incomprensibile, che indica coloro che siccome avevano da studiare, non sono andati a vedere Alien, Terminator, Guerre Stellari  e non hanno letto Il Signore degli Anelli, e quindi non condividono né l’inconscio  né l’immaginario collettivo di quello che non è più il loro popolo, da cui sono separati dallo stesso disprezzo che ha il colonizzatore per il colonizzato. Gli intellettuali, fieri della loro straordinaria capacità di capire, si schierano contro quelle che erano state le usanze dei propri padri a favore dei diritti sempre più aggressivi dei nuovi arrivati. Quando un popolo ha il disprezzo dei propri intellettuali, che non ne amano né i costumi né la storia, allora è un popolo dove ognuno è dolorosamente il diverso. Manca il senso di appartenenza. Manca la fierezza dell’appartenenza.

D: Il consumismo come valvola di sfogo della ferocia umana: la salvezza, ma contemporaneamente uno spreco di risorse in mille oggetti superflui; esiste un punto di equilibrio, e, nel caso, pensa sia possibile raggiungerlo?
R: Ogni epoca ha un nucleo centrale, un’impalcatura su cui ogni teoria deve essere ancorata. Il nucleo centrale della filosofia e della scienza degli ultimi due secoli è l’evoluzionismo, la teoria di Darwin.
All’interno dell’evoluzionismo, la dialettica non è tra buono e cattivo, etico e indegno, ma tra funzionale e disfunzionale. Quello che serve alla sopravvivenza è funzionale, quello che la danneggia è disfunzionale.
Il consumismo è stata l’unica soluzione funzionale per attenuare la naturale e notevole ferocia umana in anni in cui quella ferocia era resa inutile dalla diffusione di un’alimentazione non più basata sulla caccia, mentre l’esistenza di armi assolute avrebbe reso un conflitto esteso alle maggiori potenze un suicidio collettivo. La deviazione del consumismo da materiale a virtuale è già cominciato. Stiamo passando da “guarda quante magliette ho” a” guarda quanti lettori ha il mio blog.” Il simbolo di appartenenza alla casta alta si sta spostando dal possesso di oggetti al possesso della lingua: sapere l’inglese e azzeccare i congiuntivi sono più utili del brillante al lobo, dell’orologio di nome e delle braghe firmate che oramai sono roba da pusher. Il simbolo di appartenenza alla trasgressione si sposta dal possesso alla pelle, non più industriale e consumabile, ma tribale e irreversibile (tatuaggio, piercing). La collezione di dischi, film è sostituita da computer e iPod.
Il consumismo è una cafonata insopportabile. Il consumismo sono giustappunto i Cafoni che si comprano la loro cinquecento, il flaconcino di ambra solare e invece di restare a crepare di fame e di pellagra sotto l’occhio addolorato dell’idealista  di turno vanno a farsi una settimana al mare. Che orrore. Chi sono gli alti eroi del disprezzo alla civiltà occidentale? Fo Dario? Combattente della Repubblica di Salò. Grass Gunter? Posso vomitare? Qualcuno si rende conto che i maestri del pensiero europeo sono tizi che facevano parte delle armate più immonde: quelli che hanno fisicamente messo i bambini ebrei sui treni? Bobbio Norberto? Mio Dio, stavo dimenticando il meglio del meglio. Bobbio Norberto è un altro che ci ha sempre guardato con la bocca storta dal sofferto sorriso schifato. Poverino. Quanto ci ha dovuto disprezzare, tutti noi con la cinquecento e il barattolino di Ambra solare! Bobbio Norberto, gigante del pensiero. Quando gli Ebrei vengono espulsi da scuole e università Bobbio Norberto, era il 3 marzo del ’39, prende carta, penna e calamaio e scrive direttamente al Duce esso medesimo. Era uno di coraggio. E scrive ”…come è possibile che Vostra Eccellenza permetta questo? Com’è possibile questa ingiustizia? Nessuna delle cattedre lasciate vacanti (dalla cacciata dei docenti ebrei) mi è stata assegnata, eppure la mia fede fascista è  e sempre sarà al di sopra di ogni dubbio…” Ne sono assolutamente convinta.
Il consumismo si supera capendolo e amandolo. Il consumismo si supera capendo a mando appassionatamente la gente che lo ha prodotto.
L’unico problema che può metterci in ginocchio, che ci sta mettendo in ginocchio, che ci metterà in ginocchio per sempre e senza speranza  è quello demografico. Quando avremo raggiusto i sette miliardi, saremo morti. L’unica cosa che abbassa la natalità è la scolarizzazione e la libertà delle donne, oltre che il consumismo, per lo meno quello necessario al possesso di una lavatrice. Un'altra idea utile che abbassa la natalità è piantarla di spingere le donne dell’Islam ad avere almeno 5 figli per madre. (Fa eccezione l’eroico popolo palestinese, gli stessi dell’eroica XIII divisione SS,  dove la media di figli per ogni madre è 8. Il popolo palestinese quadruplica il numero dei suoi appartenenti ogni vent’anni. Be’, tanti auguri.)
Il Gran Mufti di Londra ci spiega che nei paesi democratici è sufficiente avere la maggioranza della popolazione per avere il potere: se la popolazione musulmana ha una natalità tripla di quella non musulmana prima o poi la supererà in numero. Caspita: ha ragione! Il Gran Mufti di Sidney, lo stesso gentiluomo che spiega che se una donna non porta il velo è giusto sia violentata, ci spiega che quando i Musulmani saranno la maggioranza sarà democraticamente inevitabile che la Sharia diventi legge dello Stato. Caspita: ha ragione!
Qual è la mia terra?
Qual è il luogo dove non sarò violentata neanche se non porterò il velo, dove non potrò essere lapidata e dove potrò dire quello che penso su Maometto che a 52 anni sposa una bambina di otto? 
Qual è la mia terra?
Ce l’ho ancora una terra? O dovrò combattere per averne una, in montagna, con lo schioppo da caccia come ‘zi Ngiulillo (zio Angelo) con Garibaldi sul Volturno?
Allora, se devo imparare a combattere, meglio che guardi il Signore degli Anelli così imparo il coraggio e come si diventa l’eroe. Tanto per amare tanto la pace del mondo ci sono già le concorrenti di Miss Italia e a quel concorso è difficile che mi prendano: peso 83 chili e somiglio maledettamente a Churchil.

D: Domanda in qualche modo "auto-referenziale": perché leggere i libri di Silvana De Mari?
R
:
Per lo stesso motivo per cui vale la pena di leggere le mie interviste. Non somigliano a quelle di nessun altro. Avete già Cosmopolitan, Vanity Fair, D di repubblica e Vattimo a spiegare quanto è cattivo il consumismo e quanto è bella la pace del mondo, a tutti i costi, anche quello di essere calpestati, anche a costo del genocidio. A meno che non siate in lizza anche voi per il posto di Miss Italia, tanto per curiosità, ogni tanto, leggete qualcosa di diverso.

D: Qualche anticipazione sulle prossime opere?
R
:
"Gli Ultimi Incantesimi" è in libreria da marzo 2008. La saga finisce con un ultimo libro, in parte già scritto, su cui però preferisco non anticipare nulla.
"La realtà degli Orchi" è il titolo del prossimo saggio. (previsto nel 2009).


1) Parlo dei figli degli Orchi. Non intendo solo i nati in Rwanda in Bosnia o durante la seconda guerra mondiale da padri che mai avrebbero voluto. Parlo anche della sofferenza di tutti coloro che non possono avere nessuna fierezza per chi li ha messi al mondo, magari fuori da una guerra e all’interno di un matrimonio. Mentre durava il processo al mostro di Firenze ed eventuali compagni di merenda, si parlò anche della figlia del maggiore accusato, tra l’altro abusata da lui ancora bambina. Cosa si prova a essere, per tutta la vita, la figlia di… Anche se forse non lo leggerà mai, L’ultimo orco è dedicato anche a lei.

2) Non sottomessa (ed. Einaudi) L’infedele (Rizzoli)

3) Giù i veli (ed. Lindau)

4) Leggere Lolita a Theran.

5) Non ancora tradotta in Italia.

6) L’informazione che il Profeta Maometto, fondatore dell’Islam, religione di Pace ha sterminato gli Ebrei Arabi vi è chiara? L’informazione che l’Islam, religione di Pace nasce su uno sterminio, vi è chiara?  Sui vostri libri di scuola c’è scritto o anche questo è sotto censura?  Perché senza quest’ informazione quello che sta succedendo si capisce poco.

* * *

A conclusione di un contributo tanto accorato, in cui non mancano prese di posizione alquanto decise su argomenti di una certa delicatezza, come precisato in apertura riteniamo sia il caso di aggiungere qualche parola di commento.
Come lei stessa ha ricordato, Silvana De Mari è una persona schietta e sanguigna che tende a sostenere con una certa decisione le sue posizioni, al punto da sembrare quasi provocatoria. Si tratta in realtà però di provocazioni 'a fin di bene', vale a dire finalizzate a indurre una riflessione in chi legge; per cui, a scanso di potenziali equivoci e vista la delicatezza di alcuni degli argomenti trattati nella lunga e piacevole chiacchierata, ci pare utile spendere qualche precisazione, proprio nell'ottica di non fuorviare la riflessione medesima.
Difficilmente, ad esempio, si possono categorizzare in modo assoluto le questioni legate alla politica e alla religione. Chi sottolinea, e non senza ragione, gli indubbi vantaggi apportati dall'economia dei consumi quanto a migliorie nella qualità della vita, per onestà deve anche ammettere che l'eccesso di spinta consumistica ottiene un drammatico effetto contrario, se è vero che da alcuni anni anche in un paese spiccatamente occidentale e membro del mondo ricco come l'Italia si assiste alla crisi della quarta settimana del mese. Ora, l'impennata dei consumi familiari non ne sarà l'unica causa, ma è un dato innegabile che per certi beni e servizi si è instaurato un sistema che ha comportato la duplicazione delle spese (basti pensare alla televisione via satellite accanto a quella pubblica, alla telefonia cellulare e Internet che si sommano al tradizionale telefono fisso, ecc.). Non ci nascondiamo certo dietro a un dito: se abbiamo potuto produrre questo pezzo su questo sito e c'è chi lo legge, è perché anche noi disponiamo di beni voluttuari come computer e connessioni alla Rete. Ma sarebbe criminale scordare, oltre a quanto sopra, anche che spesso e volentieri il volume dei consumi è mantenuto sfruttando a condizioni disumane manodopera schiavizzata assoldata dei paesi poveri - non li si chiami ipocritamente "in via di sviluppo", dato che lì lo sviluppo non conviene a nessuno e non sarà permesso facilmente: se no, chi resterebbe da sfruttare?
Quindi, il consumismo non è il bene assoluto. Così come non sempre lo sono l'anticomunismo e l'antifascismo - anche se di certo socialismo reale e fascismo ne sono ben lontani. Bene fa Silvana De Mari a puntualizzare gli orrori della dittatura baathista in Iraq, ma bisogna anche ricordare che per decenni lo stesso dittatore irakeno è stato equipaggiato e foraggiato a dovere da quelle stesse milizie occidentali che oggi stanno tentando di mettere una pezza alla situazione ormai sfuggita di mano, quando nel pieno della guerra fredda il nemico da abbattere era l'Iran degli ayatollah. Il nemico di oggi è stato per lungo tempo un fattivo alleato. E se questo è un argomento che certo pacifismo politicizzato usa forse a scopo polemico, è altrettanto polemico minimizzare gli eccessi dell'interventismo (o dell'assenza di intervento, nei casi in cui questo non avvenga pur essendovene apparentemente tutte le condizioni e la necessità) da parte NATO. Che ci siano altre guerre ignobili che pochi denunciano non va certo a rendere meno grave la situazione mediorientale.
Detto per inciso, credo che esistano anche uomini che si impegnano per la pace ma che non hanno mai partecipato a concorsi di bellezza. Almeno, tanto per fare un nome, non mi risulta che Antonio Papisca lo sia mai stato: il motore di ricerca in Rete mi ha restituito tante pagine relative al suo curriculum accademico ed istituzionale, ma nessuna rassegna con fascia e coriandoli. Per cui, nemmeno essere contro la guerra è il male assoluto, o quantomeno qualcosa di simile all'oppio dei popoli.
Da ultimo, benissimo fa Silvana De Mari a spingere i lettori a indagare ed investigare su come è nato effettivamente l'Islam. D'altro canto, un alto prelato della levatura di Paul Poupard, che per mandato pontificio ha curato varie ricerche e pubblicazioni sulle religioni comparate, ha sempre omesso di porre l'accento sulla presunta natura violenta di questo o quel culto, Islam compreso. Peraltro, c'è anche un Fouad Twal, vescovo di Tunisi, il quale ritiene possibile un'interpretazione in chiave moderna del Corano, pensa che il fondamentalismo non sia l'unico esito dei seguaci di Maometto. e pensa che con un altro tipo di educazione si possa invertire la rotta, ma non manca di porre l'accento su certe sure coraniche concludendo con decisione che il Libro Sacro inciterebbe alla violenza - ma che dire allora del Vecchio Testamento che, se preso alla lettera, legittimerebbe il sacrificio umano, la guerra, la schiavitù e vari tipi di pene di morte? Eppure non sembra che la maggioranza dei credenti di fede ebraica abbia in tale disprezzo la vita altrui. Certo che se la premessa ideologica è quella di ritenere necessaria la conflittualità nel genere umano, e quindi puntare continuamente il dito sulle presunte malefatte delle religioni non cristiane onde radicarle nel buon DNA occidentale, c'è veramente da preferire i concorsi di bellezza - il Cantico dei Cantici insegna che la bellezza è sicuramente cosa buona, per lo meno. Così come è sicuramente cosa buona, o almeno intrinsecamente non malvagia, la democrazia. Ma non capisco allora perché stigmatizzare il discorso del Gran Mufti di Londra: da che mondo è mondo, in democrazia la maggioranza vince, per cui non si comprende lo scandalo nel ricordare che se si diventa maggioranza si possono rivendicare le proprie esigenze. E' la regola della democrazia. L'altra regola non scritta è che la maggioranza dovrebbe avere rispetto delle minoranze, ma questo non deve portare a generalizzazioni: se uno o pochi teorizzano un'idea malsana di democrazia, non è corretto dire che tutti coloro che appartengono alla stessa cultura ne siano fautori. Fatto sta che questa sfuggevolezza del concetto di democrazia forse è uno dei motivi per cui Tolkien ha teorizzato la figura del Monarca Illuminato quale forma di governo meno a rischio di derive. Per contro, il Professore non ha mai tuonato demagogicamente a favore di una parte o contro un'altra, né in politica né in religione. Sarebbe il caso di segnalare la cosa a un dotto del calibro di Umberto Galimberti per ottenere un parere referenziato, se il solo fatto di curare una rubrica sull'inserto D di Repubblica non ne invalidasse il curriculum.
L'aver fatto il nome di Tolkien, ad ogni modo, è cosa buona perché consente di ritornare al tema fondamentale di questo sito con argomenti adatti al nostro forum, che quindi possiamo discutere assieme. Non gradendo, infatti, discussioni a tema politico e religioso, non ci resta che dibattere su alcuni interrogativi stuzzicanti: è lecito accomunare tre figure come quelle di Boromir, Denethor e Theoden solo per il fatto che ne viene narrata la morte? E Boromir, è veramente un personaggio così negativamente tipizzato come viene dipinto in questa intervista? Infine, è lecito definire Gandalf un "mago"? Si apra il dibattito. [GC]

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