Dostoevskij, Tolkien & Eliot: il deserto, l’eroe, il potere e la grazia
di Federico Maria Giani

l filrouge, che, immagino, si sia svelato da solo fin dalle prime battute, voleva essere tenuto nascosto nel tentativo di svelarlo a poco a poco.

Ora è svelato, ma credo che vada esposto chiaramente e sottolineato, perché è il punto focale di tutta la questione riguardante questi tre autori.

Ciò che si è detto a proposito delle opere di Dostoevskij, Tolkien e Eliot non vale solo nei loro romanzi o nelle loro opere teatrali.

Tolkien era fermamente convinto che l’eucatastrofe fosse

… l'improvviso lieto fine di una storia che ti trafigge con una gioia da farti venire le lacrime agli occhi […]. E nel saggio esprimo l'opinione che produce questo effetto particolare perché é un'improvvisa visione della Verità, il tuo intero essere legato dalla catena di causa ed effetto, la catena della morte, prova un sollievo improvviso come se un anello di quella catena saltasse. Si intuisce […] che è così che le cose funzionano nel Grande Mondo per il quale é fatta la nostra natura. (i)

Si potrebbe esclamare “E dagliela con questo “mondo” per il quale saremmo destinati”. Cosa intende Tolkien? C’è o no un’eucatastrofe reale?

Dovrebbe del resto essere ormai chiaro che:

I Vangeli contengono […] l’eucatastrofe massima e più completa che si possa concepire. Solo che questa vicenda ha penetrato si sé la Storia e il mondo primario […]. La nascita del Cristo è l’eucatastrofe della storia dell’Uomo; la Resurrezione, l’eucatastrofe della storia dell’Incarnazione. (ii)

infatti

la Resurrezione é la più grande “eucatastrofe” possibile [...]. Naturalmente non voglio dire che i Vangeli raccontano solo fiabe; ma sostengo con forza che raccontano una fiaba: la più grande. L'uomo, narratore, deve essere redento in modo consono alla sua natura: da una storia commovente. Ma dato che il suo autore é l'artista supremo e l'autore di tutta la realtà, questa storia é fatta per essere vera anche al primo livello. (iii)

Ovvero, la vita di Cristo, narrata dai Vangeli, è in realtà una “storia” vera al primo livello, cioè nella realtà: l’eucatastrofe che raccontano i Vangeli è un’eucatastrofe reale, anzi, è l’Eucatastrofe, Avvenimento che entra nella Storia e la salva.

Se la Resurrezione di Cristo è il fatto che cambia la Storia, che può cambiare l’Uomo, perché può rendergli la speranza che ha perso nel Deserto, come è possibile incontrarLo? Perché ciò che vale per Frodo vale anche per noi: come potremmo riuscire a sperare senza una Compagnia che ci sostenga?

È Eliot che risponde a questo quesito:

In principio DIO creò il mondo. Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre erano sopra la faccia dell’abisso.

E quando vi furono uomini, nei loro vari modi lottarono in tormento alla ricerca di DIO

Ciecamente e vanamente, perché l’uomo è cosa vana, e l’uomo senza DIO è un seme nel vento, trascinato qua e là non trova luogo dove posarsi e dove germinare.

Essi seguirono la luce e l’ombra, e la luce li condusse verso la luce e l’ombra li condusse verso la tenebra,

Ad adorare serpenti ed alberi, ad adorare dèmoni piuttosto che nulla: a piangere per la vita oltre la vita, per un’estasi non della carne.

Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccial[dell’abisso.

[…]

Quindi giunsero, in un momento predeterminato, un momento nel tempo e del tempo,

Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia: sezionando, bisecando il mondo del tempo, un momento nel tempo ma non come un momento di tempo,

Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poiché senza significato non c’è tempo, e quel momento di tempo diede il significato.

Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo,

Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo;

Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima,

Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce;

Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via. (iv)

La Chiesa, la cui storia è ripercorsa lungo tutta la sacra rappresentazione The Rock, è il luogo d’incontro con Cristo. Ma Eliot non è ne un bigotto ne un fedele “di parte”, e si chiede, senza ombra di moralismo, di fronte ad un tempo in cui Umanità e Chiesa sembrano aver perso il loro vigore:

È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità, o è l’umanità che l[ha abbandonato la Chiesa? (v)

Ebbene: tutt’e due, come ebbe a dire un sacerdote (vi), perché l’una ha abbandonato l’altra e viceversa, ed entrambe hanno avuto vergogna di Cristo, hanno dimenticato Dio. Questo, come spero si sia capito leggendo questa tesina, non deve mai accadere.

Non deve mai accadere non per calcolo dell’una o dell’altra parte, ma perché è tutto un vantaggio per l’Uomo, che in Cristo è più Uomo, come ebbe a scrivere Dostoevskij a conclusione de I demoni:

Basta il costante pensiero che esiste qualcosa di infinitamente più giusto e più felice di me per colmare anche me tutto quanto di infinita commozione, e di gloria; oh, chiunque io sia stato, qualunque cosa abbia fatto! […] Tutta la legge dell’umana esistenza sta solo in questo: che l’uomo possa sempre inchinarsi all’infinitamente grande. A privare gli uomini dell’infinitamente grande, essi non vorrebbero vivere e morrebbero nella disperazione. L’immenso e l’infinito è altrettanto indispensabile all’uomo come quel piccolo pianeta sul quale egli abita… (vii)

E ribadisce, come in accodo con gli altri due scrittori, il bisogno di dimostrare che colui che s’inchina all’Infinitamente Grande, cioè

“…un cristiano puro e ideale non è qualcosa di astratto, bensì qualcosa che si può rendere in un'immagine reale, qualcosa di possibile e presente, e che il cristianesimo è l'unico rifugio per la Terra Russa da tutti i suoi mali.” (viii)

perché un cristiano puro e ideale è qualcuno che vive Cristo, che vive l’Eucatastrofe del cristianesimo ogni giorno.

Vorrei perciò concludere con una frase di Tolkien, uomo che amava Cristo e tentava ogni giorno di vivere la Sua Eucatastrofe:

Al di là di questa mia vita oscura, tanto frustrata, io ti propongo l’unica grande cosa da amare sulla terra: i Santi Sacramenti. […] Qui tu troverai avventura, gloria, onore, fedeltà e la vera strada per tutto il tuo amore su questa terra, e più di questo: la morte. Per il divino paradosso che solo il presagio della morte, che fa terminare la vita e pretende da tutti la resa, può conservare e donare realtà ed eterna durata alle relazioni su questa terra che tu cerchi (amore, fedeltà, gioia), e che ogni uomo nel suo cuore desidera. (ix)

 

Note

(i) J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza - lettere [a Christopher Tolkien, 7-8 Novembre 1944] – pag. 116 (ed. Rusconi)

(ii) J.R.R. Tolkien, Albero e Foglia - Sulle Fiabe – pagg. 95-96 (ed. Bompiani)

(iii) J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza - lettere [a Christopher Tolkien, 7-8 Novembre 1944] – pagg. 116-117 (ed. Rusconi)

(iv) T.S. Eliot, Cori da “La Rocca” – pagg. 97, 99 (“I libri dello spirito cristiano” – ed. Rizzoli)

(v) T.S. Eliot, Cori da “La Rocca” – pag. 101 (“I libri dello spirito cristiano” – ed. Rizzoli)

(vi) Il sacerdote è Monsignor Luigi Giussani, nell’intervista rilasciata per i cinquant’anni di Comunione e Liberazione – reperibile sul sito http://www.clonline.org/

(vii) F.M. Dostoevskij, I demoni – pag. 646 (Gli Struzzi ed. Einaudi)

(viii) F.M. Dostoevskij, da una lettera a Nikolaj Alekseevic Ljubimov [Staraja russa, 11 Giugno 1879] – dal sito internet http://www.geocities.com/goljadkin/

(ix) J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza - lettere [a Michael Tolkien, 6-8 Marzo 1941] – pag. 63 (ed. Rusconi)

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