Dante, Tolkien e il viaggio
di Beatrice "Arandilme" Colucci

'8 febbraio 1967 Tolkien scriveva a Charlotte e Dennis Plummer riguardo alle correzioni da apportare al testo di brutta copia di un'intervista da loro realizzata precedentemente e pubblicata poi in versione completa sul Daily Telegraph Magazine del 22 marzo 1968. Tolkien contestava ai due intervistatori l'interpretazione arbitraria e negativa di alcune sue osservazioni su Dante:

“Io non mi sogno nemmeno di essere paragonato a Dante, grandissimo poeta. Una volta Lewis1 ed io avevamo l'abitudine di leggercelo a vicenda ad alta voce. Per un certo periodo di tempo sono stato iscritto alla Oxford Dante Society.2

Tolkien si diceva, tuttavia, insicuro sulla sua capacità di comprensione dell'italiano e di Dante, che giudicava sopravvalutata dall'amico Lewis. Se ne rammaricava, addirittura, folgorato dall'esperienza di un viaggio in Italia, in questi termini:

“Sono innamorato dell'italiano, e mi sento abbandonato senza la possibilità di parlarlo! Dobbiamo continuare a studiarlo!3

Quindi Tolkien, che stimava, oltretutto l'opera di un appassionato dantista quale T. S. Eliot, conosceva Dante e lo apprezzava.
E viene anche da pensare ad un accostamento con l'Alighieri a causa del particolare utilizzo del tema della letteratura di viaggio, dell'itinerarium come strumento di conoscenza e di poesia.
Uomini ed artisti molto lontani nel tempo, cronologico tout court ma anche culturale, sono vicini però in quanto portatori di una valenza extratemporale per il fascino diverso ma simile delle loro opere. Pur tenendo presente e accettando come tale la rivendicazione di umiltà dello stesso Tolkien nei confronti di Dante, ci pare tuttavia fondamentale rilevare la mancanza di considerazione critica subita da parte del primo in Italia, di contro alla ovvia attenzione che all'estero Dante ha ricevuto. Vorremmo sfatare il mito di un Tolkien scrittore per l'infanzia. Nulla è più falso di ciò.

§ § §

Fatte queste necessarie premesse andiamo avanti nel nostro viaggio nei viaggi di Dante e di Tolkien.
Il Viaggio è la cornice a prima vista identificabile, dico delle ovvietà?, sia nella Divina Commedia, sia nel Signore degli Anelli. E' un tema che è vecchio quanto la storia della letteratura stessa, se consideriamo Omero il primo autore conosciuto. Ed è un tema che ha una certa aura di metaletterarietà, se consideriamo la lettura come un uscire da sé per viaggiare nel mondo sub-creato della finzione. Ma questo è la letteratura stessa, che del resto quasi mai ha inteso raccontare un viaggio dal punto di vista esclusivo dell'esteriorità turistica, ma bensì intendendolo come metafora dell'esperienza della conoscenza e della maturazione individuale.
Quanto più questo genere letterario è necessario in tempi di guide turistiche, in cui i viaggi sembrano spesso un girare in tondo e intorno al di-vertimento, senza, cioè, una vera direzionalità. Lo spirito di Ulisse, la sua ricerca della verità interiore, le imprese dei cavalieri del Graal, l'esperienza spirituale del Seafarer e di Brandano, di Goethe e così via, sono ora spesso, nella mentalità comune, ridotte a puro esotismo di stampo hollywoodiano. Conta allora il mare tropicale, l'hotel di lusso, la discoteca sfavillante, ma non l'esperienza dell'uscire per poi rientrare profondamente in sé di chi vi si trova.
E, se vogliamo paradossalmente, sia in Dante sia in Tolkien, il luogo del viaggio è un luogo altro, non reperibile oggettivamente su questa terra.
Per Dante il luogo del suo viaggio personale è sì l'aldilà, ma un aldilà concretamente pensato, progettato e costruito, sulla scorta della cosmologia medioevale, tanto da essere in sé vero e perfettamente coerente sia nella dimensione spaziale che temporale. Le regole interne alla sua edificazione vengono poste in modo da renderlo plausibile, pur essendo un luogo non fisico in senso stretto.
L'evoluzione dalla corporeità sofferente dell'inferno alla gioiosa incorporeità del Paradiso è l'evoluzione della conoscenza intellettuale di Dante di questo luogo. Dalla percezione della materia alla perfezione della visione senza ostacoli della luce divina che permea ogni luogo del paradiso.
La costruzione di questo mondo avviene nella capacità progettuale di un uomo, Dante, esperto conoscitore di una cosmologia trattata da lui in modo originale, ampliando nella creazione poetica la concezione tradizionale del cielo in una triplice spazialità, affidando all'elevazione paradisiaca il contrapposto sprofondamento infernale, mediante il tramite purgatoriale.
Tradizione viva, dunque, e creazione poetica potente convivono nella composizione dantesca. Anche Tolkien, dal canto suo, si riallaccia alla tradizione antica e medievale nella creazione della Terra di Mezzo come teatro dell'azione.
Tradizione presente nell'utilizzo dello stesso termine Terra di Mezzo, derivato, attraverso l'etimo medievale anglosassone Middangeard, dal greco Oikoumene, cioè la terra abitata dagli uomini e studiata secondo gli strumenti conoscitivi antichi, che non erano sempre disgiunti dal mito. E' una terra concreta, reale, ma comunque colma ancora di mistero, della presenza dell'insondabile e di creature ignote e fantastiche. Centro del cosmo perché sede delle azioni degli uomini e proprio per questo autentica. Non una terra di fuga ma l'interpretazione mitica tolkieniana della terra in cui viviamo. Così nel solco della tradizione antica si incanala la creatività artistica di Tolkien, che nel Signore degli Anelli parla di una terra vera e fantastica, con un passato intuibile e noto in parte dalla lettura del Silmarillion, con un'organizzazione naturale precisa in cui topografia, botanica e zoologia non sono reali perché dipendenti dalle attuali conoscenze scientifiche, ma perché ri-creati in maniera significativa e coerente, anche se non programmaticamente da Tolkien.
Del resto l'utilizzo di una realtà fisica interpretata secondo il mito era problematica in un'epoca ormai distante dall'armonia religiosa della cosmogonia dantesca. Anche questo può essere una causa dello svilimento dell'opera tolkieniana, in contrasto evidente con la percezione del mondo attuale, in cui astronomia, biologia e così via hanno in parte attenuato se non eliminato la coscienza della presenza del mistero e dell'insondabile nelle natura. E in Italia questo si è avvertito in modo più forte forse proprio perché la cultura italiana è così pregna della filosofia rinascimentale, che, se vogliamo, ha ridotto troppo spesso la fantasia a puro divertissement pedagogico o ironico.
In epoche passate la presenza di questi elementi irrazionali e non ancora riconducibili a sistemazioni scientifiche incontrovertibili, interpretati semmai con strumenti mitologici o simbolici, rendevano viva la fantasia, non relegandola alla funzione esclusivamente educativa o espressiva dei bambini.
La cosmologia dantesca, in altre parole, continua ad essere potente per noi in quanto ricca di poesia e non perché scientificamente corretta, in quanto strumento di creazione per l'uomo e per la sua interiorità, e non come metro di studio incontrovertibile. Se si sdoganasse Tolkien dal circolo della letteratura Fantasy di grande consumo, e lo si leggesse, si scoprirebbe come anche la sua Terra di Mezzo ha lo scopo di parlare all'uomo. E se citiamo la Fantasy è perché questa in gran parte è, purtroppo, strumento esile per contenuti, atto quasi esclusivamente al profitto di autori ed editori.

§ § §

Ma, proseguendo, chi sono i personaggi che compiono il viaggio?
In Dante, come è noto, protagonista ed autore coincidono. E' il poeta che intraprende il viaggio, consciamente come autore, involontariamente nella finzione. Attorno ai suoi passi si alternano numerosi personaggi, dalle guide, ai dannati, ai beati, che fungono da accompagnatori, presentando storie diverse, sentimenti diversi, ma tutti sondati e partecipati dal protagonista unico che, alla fine è e rimane Dante. E' sua la partecipazione commossa o adirata alle storie che gli vengono davanti come exempla, dal mito, dal passato, o dal presente. Dalla terra, nella quale affondano le sue passioni morali, civili e politiche, fino all'Empireo. Ma le storie dei suoi compagni di viaggio sono storie passate, fisse, che perciò servono come exempla, come strumenti funzionali all'estetica pedagogica di Dante. L'Alighieri viaggiatore nella Commedia è anche poeta nell'accezione antica di sapiente, maestro e guida educativa.
Il Dante che fa domande è anche colui che risponde, in quanto portatore, consapevole intellettualmente, dei valori religiosi che il suo tempo pur non attuandoli riteneva però ancora validi. Dante richiama a ciò che tradizionalmente sono i valori civili del suo tempo tramite la materia religiosa, che smaschera vizi ed esalta virtù.
Quindi sceglie la religione perché strumento valido e incontrovertibile per disalienare gli uomini del suo tempo. La materia religiosa viene data come valido e incontestabile strumento per mostrare la corruzione.
I personaggi di Tolkien non possono muoversi nello stesso ambiente sicuro per religione, anche se è ovvio che per Dante questa venisse poi ad essere contraddetta innumerevoli volte dagli atti concreti. Tolkien, contrariamente a Dante, non può confidare artisticamente nell'aiuto della religione per convincere gli uomini. Suo scopo quindi non può essere l'insegnamento. Non si sentiva né predicatore né moralista, anche perché il suo tempo mal considera, ormai, i portatori di una verità immutabile: la ragione sottopone tutto al proprio vaglio critico, pur accontentandosi spesso di risposte solo apparentemente infallibili.
L'incertezza dell'epoca contemporanea pervade i personaggi di Tolkien, antichi perché in qualche modo legati alle antiche mitologie e saghe, e non solo nordiche, moderni perché figli del momento storico in cui furono creati. Nel Signore degli Anelli figurano, perciò, tanti personaggi in movimento, anche più dei nove della Compagnia. Ma tutti i personaggi in movimento sono in qualche modo positivi, perché sempre proiettati in avanti, non solo sulle strade della Terra di Mezzo, ma in una strada più ardua e pericolosa che è quella della crescita e della conoscenza di sé.
La funzione delle guide, presenti in entrambi i libri, è molto indicativa su questo aspetto del viaggio, in Tolkien come in Dante.
L'Alighieri sceglie tre guide che aiutano il suo intelletto alla comprensione di ciò che vede, a loro volta integrati dai vari personaggi. Giunto alle porte degli inferi, dopo averle superate verrà costantemente condotto dalle sue guide, Virgilio, allegoria della ragione, Beatrice della fede, San Bernardo della carità.
L'esperienza di itinerario intellettuale e conoscitivo, ma oseremmo dire coscientemente propositivo di una propria elaborazione etica e morale per un mondo di uomini, mette in evidenza Dante, il suo pensiero maturo. La Commedia si sposta dall'uomo Dante agli uomini del suo tempo, come cittadini, non solo come credenti.
La guida del Signore degli Anelli, invece, viene a mancare subito dopo l'entrata attraverso, anche qui, una porta. Gandalf lascia i suoi protetti, forzatamente, sul ponte di Khazad-Dum, quando l'avventura è ancora tutto sommato agli inizi.
Sembra quasi che lo stesso Tolkien stia abdicando al ruolo consapevole di autore onnisciente per far sì che i suoi personaggi si evolvano nel viaggio seguendo non tanto ciò che egli vuole dire ma secondo una indipendente crescita personale. Come lo stesso Gandalf, che verrà, una volta diviso dalla Compagnia, a passare sotto una evoluzione personale parallela e separata dai suoi compagni, Tolkien uomo si evolve (la scrittura del Signore degli Anelli durò dal 1936-1937 al 1953) parallelamente ai suoi personaggi, infondendo in essi ciò che non avrebbe potuto forse esprimere pianificando a tavolino la sua opera.
In un certo senso la prospettiva di Tolkien è inversa a quella di Dante. Quest'ultimo viveva un tempo in cui era naturale, per i colti quanto per gli incolti, riconoscere come vera un'autorità costituita, pur nelle contraddizioni esistenziali della vita stessa. Dante sceglie in quest'ottica di comporre un poema religioso per riportare l'attenzione ad una verità per lui data per scontata. Dall'uomo Dante agli uomini, quindi.
Tolkien vive nell'epoca del dubbio, del disagio della ragione, che non riconosce che il dato incontrovertibile dello sperimentabile, lasciando priva l'umanità della guida costituita.
L'assenza improvvisa di Gandalf rende possibile, quindi, una maturazione personale di ognuno dei personaggi, la cui strada passa per la conoscenza di sé e della verità attraverso non l'insegnamento di una guida, ma attraverso il dilemma della libera responsabilità di fronte alla inevitabilità della morte. I personaggi di Tolkien, cioè, fanno un viaggio all'interno di se stessi, muovendosi all'esterno in un mondo ignoto e spesso ostile, che nessuno può interpretare più per loro. Ed è solo quando i personaggi hanno compiuto una lunga parte di questo tragitto personale che Gandalf ricompare, non più come guida, ma come compagno nello stesso viaggio, essendo anche lui passato per prove e mutamenti personali.
Tutte le scelte dei personaggi, in positivo così in negativo, portano comunque chi si abbandona ad una lettura profonda, alla scoperta del profondo valore della persona e della verità sull'uomo in quanto tale.
Tolkien, quindi, va dagli uomini all'uomo.
Dante parte dal sacro dell'uomo per giungere all'interpretazione dell'esperienza mondana degli uomini che condividevano con lui la credenza religiosa, Tolkien parte dall'esperienza “mondana” di molti uomini perché il lettore contemporaneo, che spesso non ha alcuna credenza istituzionalmente religiosa o eticamente valida, possa sondare l'uomo in quanto tale, la verità comune a tutti.
Del resto il Signore degli Anelli non presenta mai cenni di culti, religioni e affini, contrariamente a tanta Fantasy a buon mercato, e questo perché è non opera diretta a lettori in un certo senso uniformati dalla religione, ma riflessione a cuore aperto dell'uomo Tolkien e della sua profondità non tanto dottrinale quanto esistenziale, in un epoca e in una civiltà sicuramente in tensione verso una verità rinnegata ma sempre più nostalgicamente ricercata.


Note

1.- Clive Staples Lewis (1898-1963), collega di Tolkien, suo amico e autore, fra l'altro, di Lettere di Berlicche, dedicate proprio a Tolkien, e del ciclo di Narnia.

2.- La Realtà in trasparenza , Bompiani, 2001.

3.- Op. cit., Lettera a Christopher e Faith Tolkien, del 15 agosto del 1955.

 

           
Home    |    Progetto Tolkien    |    Chi Siamo     |    Copyright    |    Aiuto   |   Scrivici
© 1999- 2004 Eldalie.it Spazio Offerto da Gilda Anacronisti