La nomenclatura Hobbit
Traduzione di gandalf, adattamento di Gianluca Comastri

ell’Appendice F del Signore degli Anelli, la nomenclatura degli Hobbit è trattata nel paragrafo A proposito della traduzione, insieme ad altri linguaggi. La singola e completa definizione della nomenclatura Hobbit è presente nella History of Middle-earth.

Il testo analizzato, infatti, è tratto dalla storia dell’Appendice F pubblicata nella HOME (vol. XII, The Peoples of Middle-earth), in particolare dalla sezione riguardante i linguaggi al termine della Terza Era.
Questa è costituita di due manoscritti databili prima dell’estate del 1950. Il primo dei due testi (chiamato F 1) è intitolato "Note sui Linguaggi alla fine della Terza Era"ed è incompleto e molto emendato. Il secondo manoscritto (F 2), dal titolo  "I Linguaggi alla fine della Terza Era", è simile al primo nei contenuti ma è scritto con molta cura e chiarezza. Pertanto questo viene considerato da C. Tolkien (il curatore dell’opera) il testo di riferimento e, laddove presenti, sono indicate le differenze con la versione precedente (F 1).

Come supporto all’inquadramento del testo, sono forniti confronti con l’Appendice F del Signore degli Anelli e riferimenti ad F 3 (dattiloscritto in due versioni -‘A’ e ‘B’- e dal titolo I Linguaggi della Terza Era sul quale Tolkien scrisse ‘Appendice I’). Esso è successivo ad F 1 ed F2, ma dal momento che è molto simile F 2, sono forniti da C. Tolkien solamente i brani nuovi e note con riferimenti alle differenze rispetto ad F 2.

In questa sede è fornita la traduzione di undici paragrafi (§41-51) che riguardano il linguaggio Hobbit. La numerazione delle note segue quella del testo originale; sono inoltre fornite alcune note a cura del traduttore, contraddistinte dalla lettera n, per una maggiore comprensione linguistica del brano. Il testo tratto dalla HoME è inserito entro tabelle bianche.
Si noterà che in alcuni casi compaiono termini inglesi non tradotti nel testo, ma in nota. Questo è dovuto al fatto che tali voci inglesi sono necessarie per comprendere appieno i procedimenti linguistici attuati da Tolkien.

Per quanto concerne i passi provenienti dal Signore degli Anelli, la traduzione è quella presente in ‘SdA’ (vedi Bibliografia). Tuttavia, in casi di resa italiana errata o mancante, viene fornita la traduzione dell'autore del presente saggio. I passi in questione non sono contraddistinti dalla scritta ‘SdA’.

Il presente saggio è presente anche sul sito dell’autore (www.bracegirdle.it), in questa pagina.

* * *

La disquisizione sulla nomenclatura Hobbit ha luogo poco dopo linizio del capitolo A proposito della traduzione’ (il titolo è assente in F 1). Il brano comincia con la trattazione dei nomi di luogo:

§41   La nomenclatura degli Hobbit stessi e dei luoghi in cui vivevano ha, tuttavia, presentato qualche ostacolo alla soddisfacente realizzazione di questo processo di traduzione. I loro nomi di luogo, essendo in origine (specialmente nella Contea) quasi tutti di forma L.C. [Lingua Corrente, N.d.T.], si sono rivelati assai poco complicati. Io li ho trasformati in termini inglesi quanto più simili potessi trovare, usando gli elementi trovati nei nomi di luogo inglesi che sembravano appropriati sia per il senso che per il periodo: essi sono vocaboli ancora d’uso corrente (come hilln1), o leggermente modificati, o ridotti da termini comuni (come ton accanto a townn2), oppure non più presenti se non in nomi di luogo (come wich, bold, bottlen3).

Confrontando il succitato testo con quanto detto nel Signore degli Anelli (Appendice F, II, A proposito della traduzione), si nota che il testo è ripreso in maniera molto simile, anche se in quest'ultimo testo, di cui segue il relativo stralcio, scompare il riferimento alle piccole difficoltà di traduzione cui accennava lo stesso Tolkien:

[…]tutti gli altri luoghi degli Hobbit sono stati quindi inglesizzati. Ciò fu raramente complicato, dal momento che tali nomi erano comunemente composti da elementi simili a quelli utilizzati nei nostri e più semplici nomi di luogo inglesi: sia parole ancora correnti (come hill o field) sia termini un po’ consumati (come ton accanto a town). Tuttavia alcuni vocaboli, come già notato, derivavano da antiche parole Hobbit non più in uso, ed esse sono state rappresentate da simili cose inglesi, come wich, bottle ‘abitazione’ o michel ‘grande’.

Il testo continua con la definizione del termine Sūza (Contea), termine assai simile al Sûza presente nell’Appendice F (II, A proposito della traduzione) del Signore degli Anelli:

La Contea mi pare una traduzione molto adeguata del termine Hobbit Sūza-t, dal momento che questa parola era ormai usata da loro solamente in riferimento alla propria patria, sebbene in origine avesse il significato di ‘ambiente di occupazione (come di terra reclamata da una famiglia o da un clan), di ufficio, o di affari’. In Gondor il termine sūza veniva ancora applicato alle divisioni del reame (per es. l’Anórien, l’Ithilien, il Lebennin), per le quali in Noldorin era utilizzata la parola lhannn4. Analogamente, decumanon5 è stato utilizzato per le quattro divisioni della Contea, poiché la parola Hobbit tharni era un antico vocabolo per ‘quarto’ talvolta usato nel linguaggio comune in cui il termine per ‘quarto’ era tharantīn ‘quarta parte’. In Gondor tharni era utilizzato per indicare una moneta d’argento, la quarta parte del castar (in Noldorin il canath era la quarta parte del mirian).20

Degno di nota, nel brano precedente, è il riferimento alla moneta d'argento gondoriana, uno dei rarissimi casi in cui compaiono informazioni relative al denaro nella Terra di Mezzo (tema che pure è al centro della curiosità di svariati lettori). Va comunque riconosciuto che, al solito, Tolkien scova e adotta percorsi assolutamente originali e coerenti per la determinazione dei significati e dell'origine di ciascuna parola in lingue di Arda rapportata alla versione che ne compare nel testo in inglese, poi tradotto in italiano.
Il testo prosegue con la trattazione dei nomi personali:

§42   I nomi personali degli Hobbit erano, tuttavia, molto più difficili da gestire in questo sistema. A ragione o torto, ho provato a tradurre anche questi in termini inglesi, o a sostituirli con degli equivalenti, ovunque possibile. Molti dei nomi di famiglia hanno significati più o meno ovvi nella Lingua Corrente (ad esempio Bongiusta, Serracinta, Tronfipiede, Rintanatin6, eccetera), ed essi possono essere trattati allo stesso modo dei nomi di luogo.* In questi casi, penso, non si troverà da ridire sulla traduzione e si potrà perfino ammettere che è necessaria. Sebbene il proprio nome significasse chiaramente ai contemporanei ‘soffiatore di tromba’, è più conforme ai fatti chiamare un personaggio Soffiatromba piuttosto che Raspūta,21 la cui forma onomatopeica Hobbit è ora, però, priva di significato. Naturalmente, però, se gran parte dei nomi sono così anglicizzati, il resto di essi deve essere adattato; questo perché una mistura di nomi inglesi e stranieri avrebbe dato un’impressione del tutto sbagliata. Ed è quindi con i nomi meno chiaramente interpretabili che le difficoltà sorgono. Alcuni sono casi limite, come lo stesso Baggins, che ho trattato, a causa della sua importanza, un po’ più a fondo. Altri sfuggono alla traduzione, dal momento che per gli Hobbit stessi erano solamente ‘nomi’, di origine e significato dimenticati. Ne è un esempio Tūc,22 il nome della più eminente delle ‘grandi famiglie’ della Contea. Secondo la loro tradizione, tūca era un antico termine dal significato di ‘audace’,23 ma ciò sembra essere solo una supposizione del tutto infondata; e in questo caso io sono rimasto soddisfatto dalla anglicizzazione della forma in Tookn7.

Al confronto, il brano pubblicato nell'Appendice F risulta molto più sintetico, omettendo esempi e considerazioni, di cui resta soltanto il breve accenno in chiusura di paragrafo:

Appendice F, II, A proposito della traduzione

[…] rimaneva però un paio di nomi più antichi il cui significato era andato smarrito, e che io ho semplicemente trasposto foneticamente come Tuc invece di Tûk o Boffin per Bophîn. Ho trattato i nomi di persona, per quanto possibile, nel medesimo modo.

Il testo della HoME continua coni nomi personali:

§43   Più discutibile, probabilmente, è stato il mio procedimento con i curiosi nomi che gli Hobbit della Contea, come sopra osservato, davano ai propri figli. In questo ambito ho a lungo esitato tra il lasciarli così come erano e il cercarne di equivalenti. Alla fine sono giunto ad un compromesso. Ne ho lasciati alcuni inalterati. Essi sono i non insoliti nomi che perfino per gli Hobbit non avevano ‘significato’ o derivazione o connessione con libri o leggende: nomi di questo tipo sono Bilbo, Bungo, Bingon8, Polo, Porro, Ponto. Gli Hobbit prontamente coniarono tali nomi, e non penso che l’impressione da loro suscitata ai propri tempi sia molto diversa dal loro effetto creato oggigiorno.*24 Eppure si sarebbe data al moderno lettore un’errata impressione di Hobbiterian9 se questi nomi personali di regola fossero stati semplicemente traslitterati. Oggi come allora, tutto sarebbe parso straniero, mentre per gli Hobbit i nomi personali avevano molte gradazioni di connessione e suggestione. Alcuni di essi derivavano da remote storie e antiche leggende Hobbit; altri da storie riguardanti Elfi e Uomini e perfino nani e giganti. Altri erano rari, altri ancora familiari; alcuni altri comici nel tono, altri romantici o elevati; alcuni erano di posizione sociale elevata e altri di più bassa.

§44   Mi parve che, una volta intrapresa la traduzione (perfino di dialogo), I nomi di questo tipo sarebbero stati meglio rappresentati ricorrendo ad una gran quantità di nomi che possiamo o potremmo trovare proprio nelle nostre tradizioni, nella lingua celtica, franca, latina e greca, e in altre fonti.

§45   Questo metodo implica, naturalmente, un’alterazione radicale delle vere forme fonetiche di tali nomi di battesimo; eppure non penso che ciò sia più illegittimo che modificare Raspūta in Soffiatromba, o addirittura che tradurre i dialoghi del Libro Rosso in inglese, attraverso il quale ovviamente il suo vero suono viene modificato e molti dei suoi livelli verbali sono celati. Io, in ogni caso, ho fatto la ‘traduzione’ con parecchia cura. L’inclinazione delle famiglie ad utilizzare liberamente simili nomi , o quella dei padri a dare ai propri figli nomi allitterati con i loro o simili nella parte finale, è stata debitamente rappresentata.* La scelta di equivalenti è stata diretta in parte in base al significato (ove esso è distinguibile nei nomi originali), in parte dal tono generale, e in parte dalla lunghezza e dallo stile fonetico. I nomi eroici e romantici, di leggenda Paloide secondo gli Hobbit ed ostentati specialmente (ma non esclusivamente) dai Tuc, sono stati rappresentati da nomi di stampo germanico o franco. D’altra parte, i nomi ‘classici’ o di forma simile solitamente rappresentano nomi che gli Hobbit avevano derivato da racconti di tempi antichi e di lontani regni di Uomini.25

Il corrispondente brano in ISdA è stavolta più approfondito nella seconda parte - la prima sostanzialmente riprende, sintetizzandolo, l'elenco di esempi dei nomi Hobbit citato nel brano qui sopra riportato, con l'aggiunta di alcune corrispondenti interpretazioni degli equivalenti europei od occidentali contemporanei:

Appendice F, II, A proposito della traduzione

In alcune famiglie più antiche, e specialmente in quelle originariamente Paloidi come i Tuc e i Bolgeri, vigeva invece l’abitudine di dare nomi altisonanti. Poiché la maggior parte di questi sembrano tratti da arcaiche leggende sia di Uomini che di Hobbit, e, pur essendo per gli Hobbit del tutto privi di significato, rassomigliano ai nomi degli Uomini della valle dell’Anduin o del Mark, ho pensato di tradurli con quegli antichi nomi di origine franca e gotica che ancor oggi si adoperano o si leggono. In questo modo sono riuscito almeno a conservare il contrasto sovente comico fra nomi di persona e cognomi, contrasto di cui gli Hobbit stessi erano perfettamente consci. Nomi d’origine classica erano poco frequenti; gli equivalenti più prossimi al Latino e al Greco per gli eruditi della Contea erano gli idiomi elfici, che gli Hobbit adoperavano assai di rado nella loro nomenclatura. Infatti, pochi di essi conoscevano quello che chiamavano "il linguaggio dei re".

La trattazione del tema continua nel testo della HoME:

§46   Molto spesso gli Hobbit davano alle proprie figlie nomi floreali. Eppure anche questi non sono così semplici da trattare come ci si potrebbe aspettare. Laddove il fiore è chiaramente identificabile, ho naturalmente tradotto il nome in inglese (o latino botanico). Eppure non tutti i fiori selvatici della Contea, e certamente non tutti I fiori coltivati nei suoi giardini, possono essere identificati con fiori che ora sono familiari. Nei casi dubbi ho fatto del mio meglio. Per esempio ho tradotto Hamanullas26 con Lobelia, perchè, anche se non so con esattezza quale fiore sia inteso, hamanullas sembra che solitamente fosse un fiorellino blu coltivato nei giardini, e pare che quella parola fosse utilizzata dai giardinieri piuttosto che dalla gente comune.

§47   A beneficio dei curiosi di tali argomenti aggiungo in questa sede qualche nota, in supplemento di quanto è già stato detto per illustrare il mio procedimento.

Anche in questo caso, in ISdA l'argomento è trattato in maniera assai più stringata: nell'Appendice F, II, A proposito della traduzione non è citato infatti nulla più di:

"Alle bambine, gli Hobbit erano soliti dare nomi di fiori o di gemme".

Da una ricerca specifica, i nomi Hobbit floreali presenti nel Signore degli Anelli sono Angelica, Asfodelia, Rosa, Melilot, Melissa, Primula, Primarosa, Lobelia, Belladonna, Pervinca, Camelia, Salvia, Peonia, Malva, Menta, Biancaspina, Mirtilla, Bellichina, Papavera, Giglia, Viola, Margherita, Mimosa, Sorba, Mirta, Edera, Calendula.

I nomi derivati da nomi di gemme sono invece Esmeralda, Perla, Diamanta, Ametista, Adamanta, Berylla, Zaffira, Rubina.

Per maggiori informazioni sul trattamento di questi nomi, si vedano le note alle pagine raggiungibili da questo link: www.bracegirdle.it/Hobbit.htm. Per quanto attiene la trattazione in corso, il testo della HoME prosegue discutendo dei nomi familiari.

Nomi familiari

Tuc    La forma Hobbit era Tūc, come già osservato27.    

Baggins    H.n10 Labingi. Non è affatto certo che questo nome sia realmente connesso al L.C. labin ‘borsa’; eppure è stato creduto lo fosse, e si potrebbe confrontare Labin-nec ‘Bag End’n11 quale nome della residenza di Bungo Baggins (Bunga Labingi). Per questo motivo ho reso il nome Labingi con Baggins, che fornisce, penso, un equivalente molto preciso e immediatamente apprezzabile in termini moderni.                   

Brandibuck    Forma precedente Vecchiobecco. Queste sono dirette traduzioni di H. Assargamba [> Brandugamba] e Zaragamba28. [Aggiunta: Zaragamba è tradotto in base al senso, ma dacché Zaragamba  (Vecchiobecco) è stato modificato in Brandugamba utilizzando la prima metà del nome di un fiume (Branduhim), ho utilizzato per esso Brandibuck. Per la trattazione del nome del fiume Branduhim, vedi (la nota a fine testo, §58n12).]

Interessantissimo è in questo caso il confronto con brano in ISdA, Appendice F, II, Nota su tre nomi: Hobbit, Gamgee e Brandivino - che costituisce l'ultimissimo paragrafo del libro così come uscito dai tipi dell'edizione italiana. Si noti la mutazione del cognome che poi darà origine a quello celeberrimo e nobile della stirpe dei Brandibuck:

Bisogna in ogni caso notare che quando i Vecchiobecco (Zaragamba) mutarono il loro nome in Brandibuck (Brandagamba) il primo elemento significava "terra di confine", e Marchbuck sarebbe stata una traduzione più adatta. Ma solo uno Hobbit molto ardito avrebbe osato chiamare il Signore della Terra di Buck Braldagamba.

Segue, nel testo di partenza, l'analisi di altri cognomi Periannath celebri:

Bolgeri     Semplicemente una forma anglicizzata di H. Bolgra. Casualmente nel L.C. bolg-  ha quasi lo stesso significato del nostro ‘bulge’n13, sicché se Bolgeri suggerisce ad un moderno lettore una certa grassezza e rotondità, altrettanto faceva Bolgra nel proprio tempo e luogo. 

Boffin    Forma anglicizzata di H. Bophan. Questo era detto (da membri della famiglia) significare ‘persona che ride fragorosamente’. In un primo tempo pensai, perciò, di renderlo con Loffin; tuttavia, dal momento che, come nel caso dei Tuc,  la tradizione familiare è una mera supposizione, mentre nel L.C. Bophan non aveva in realtà  alcun richiamo alla risata, mi sono accontentato di una leggera anglicizzazione29.   

Il corrispondente brano di ISdA consiste anche in questo caso in un accenno che coinvolge, molto più sinteticamente, gli stessi esempi. Si verifichi quanto riportato nell'Appendice F, II, A proposito della traduzione:

Oltre a questi, rimaneva però un paio di nomi più antichi il cui significato era andato smarrito, e che io ho semplicemente trasposto foneticamente come Tuc invece di Tûk o Boffin per Bophîn. Ho trattato i nomi di persona, per quanto possibile, nel medesimo modo.

Il seguito del testo HoME prende in esame l'origine del cognome di quelli che ai tempi di Frodo saranno i Giardinieri di Casa Baggins:

Gamgee     H. Galbassi. Un nome difficile. Secondo la tradizione familiare (in questo caso attendibile),debitamente esposta da Sam Gamgee alla fine del Libro Rosso, questo termine derivava da un nome di luogo: Galb(b)as.  Tale nome ho accuratamente reso con Gamwich  (da pronunciarsi Gammigi),  paragonando galb- = Gam  col L.C. galap,  galab- = ‘gioco’, e la terminazione bas (presente in nomi di luogo) con i nostri suffissi -wick,  -wich. Galbassi può quindi essere ragionevolmente rappresentato da Gammidge. Adottando la scrittura Gamgee, sono stato sviato dal legame di Sam Gamgee con la famiglia Cotton  in una burla che, sebbene abbastanza comune per gli Hobbit, in realtà non risiede in ciò che i nomi Galbassi e Lothran suggerivano alla gente della Contea30.

Il confronto con il brano corrispondente del Signore degli Anelli, come al solito collocato in Appendice F, II, Nota su tre nomi: Hobbit, Gamgee e Brandivino, è illuminante circa le intenzioni di Tolkien di mettere in doveroso risalto uno dei personaggi più amati della narrazione, essendo infatti non meno particolareggiato del testo di riferimento tratto dalla History of Middle-earth. Va anche rilevato che in questo caso le differenze tra i due brani sono davvero minime, contrariamente a gran parte degli altri esempi presi in esame:

Secondo la tradizione di famiglia, esposta nel Libro Rosso, il cognome Galbasi, o in forma ridotta Galpsi, derivava dal nome del villaggio di Galabas, che comunemente si supponeva derivasse da galab = "gioco", e da un vecchio elemento -bas, più o meno equivalente ai nostri wick, wich. Gamwich (pronunciato Gammigi) sembrava quindi una buona trasposizione. Comunque, nel ridurre Gammidgy in Gamgee per rappresentare Galpsi, non era inteso alcun riferimento al legame fra Samvise e la famiglia dei Cotton, sebbene, se ci fosse stata qualche giustificazione nel loro linguaggio, un simile scherzo sarebbe stato sufficientemente hobbitesco.

Sull’origine del termine Gamgee si vedano le Lettere di Tolkien, #144 (verso la fine), #184, #257 (verso la fine), #324. Il testo continua nella disamina delle famiglie Hobbit più note in modo logicamente (e forse affettivamente) consequenziale:

Cotton     H. Lothran. Un nome di villaggio non raro nella Contea, corrispondente precisamente al nostro Cotton (cot-tūn) derivando dal L.C. hlotho ‘dimora a due camere’, e rān ‘villaggio, piccolo gruppo di abitazioni sul fianco di una collina’. Ma in questo caso è possibile che il nome sia un alterazione di hloth-ram(a), ‘uomo della casetta, abitante di una casetta’. Lothram, che io ho reso con Cotman, era il nome del nonno del Fattoren14 Cotton. E‘ notevole il fatto che, sebbene la somiglianza non sia così completa come tra il nostro Cotton e il nome cottonn15, nella L.C. le parole luthur, luthran significavano ‘lanugine, peluria’. Sfortunatamente, però, nessun richiamo simile è associato a Galbas, e il villaggio di quel nome era conosciuto solo localmente per la produzione di corda, e là non veniva prodotto alcun tessuto di qualsiasi fibra più soffice della canapa. 

Sempre nell'Appendice F, II, Nota su tre nomi: Hobbit, Gamgee e Brandivino, si trova il brano rilevante corrispondente:

Cotton infatti sta per Hlothran, un nome di villaggio abbastanza comune nella Contea, derivante da hloth = "tana o caverna a due camere", e ranu = "un piccolo gruppo di simili dimore sul fianco di una collina". Come cognome potrebbe essere una forma alterata di hlothram(a) = "abitante di una casetta di campagna". Hlothram, che io ho tradotto con Cotman, era il nome del nonno del vecchio Cotton.

Anche in questo caso le differenze tra le due versioni sono marginali e quella riportata in ISdA non è eccessivamente incompleta rispetto alla sua controparte. Controparte che prosegue con uno dei bocconcini più gustosi:

§48  Hobbit     Questa, lo confesso, è una mia creazione; ma non è una cosa ideata accidentalmente. La sua origine è la seguente. Esso è, in primo luogo, non del tutto diverso dal suo vero nome nella Contea, che era cūbuc (plurale  cūbugin).* Ma questo cūbuc non era un termine di uso generico nella Lingua Corrente e richiedeva un equivalente che, sebbene abbastanza naturale in un contesto inglese, non ricorresse nell’inglese standard. Alcuni storici Hobbit hanno ritenuto che cūbuc fosse un antico termine nativo, forse l’ultimo superstite del loro linguaggio dimenticato. Io penso, tuttavia, che non sia questo il caso. Il vocabolo è, penso, una locale riduzione di un primitivo termine della L.C. dato agli Hobbit, o adottato da loro nelle autodescrizioni, quando vennero in contatto con gli Uomini. Esso sembra derivare da  un obsoleto cūbug  ‘abitante di buche’, che altrove cadde in disuso. A sostegno di ciò, dirigerei l’attenzione sul fatto che lo stesso Meriadoc in effetti narra che il Re di Rohan usava il termine cūgbagu ‘abitante di buche’  per cūbuc o ‘Hobbit’. Ebbene, i Rohirrim parlavano un linguaggio che era effettivamente una forma arcaica della Lingua Corrente.  La primitiva forma rappresentata dal termine di Rohan cūg-bagu, nella posteriore L.C. avrebbe acquisito la forma  cūbug(u), e così il vocabolo Hobbit cūbuc31. Dal momento che, come spiegato a piè pagina, ho rappresentato la L.C. con il moderno Inglese e quindi trasformato il linguaggio di Rohan in arcaici termini Inglesi, io ho trasformato l’arcaico vocabolo di Rohan cūgbagu in un termine anglosassone hol-bytla ‘abitante di buche’. Di questo hol-bytla (con la perdita, usuale in inglese, della l tra a, o, u, e b, m, v) il mio termine inventato hobbit sarebbe una non impossibile ‘corruzione’ locale.

In F 3 (A) cubuc e cûgbagu (che significava ‘ "abitante di buche" o "costruttore di buche" ’). Viene fornito per la prima volta il termine Ovestron per ‘hobbit’: nathramin [> banathin]. In F 3 (B) kubug e kûgbagul [> cuduc, kûdduka]. Il termine Ovestron per ‘hobbit’ diventa banakil come in RdR.

Nelle Due Torri, dialogo tra Théoden e Pipino (SdA, III, 8) compare forma holbytlan senza traduzione:

Non sono questi quei Mezzuomini, che alcuni chiamano Holbytlan? " " Hobbit, se non vi dispiace, sire ", disse Pipino. " Hobbit? ", ripeté Théoden. " Il vostro linguaggio si è stranamente trasformato; ma questo nuovo nome non suona male. Hobbit! Niente di tutto ciò che ho udito sul vostro conto corrisponde alla realtà ".

Nel brano contenuto in SdA Appendice F, II, Nota su tre nomi: Hobbit, Gamgee e Brandivino, cūbug diventa kuduk, conformemente a quanto spiegato poco sopra circa le trasmutazioni occorse nelle varie stesure da F 1 a F 3. Per il resto la versione italiana dell'Appendice è sostanziale conferma di quella del testo "sorgente":

Hobbit è un’invenzione. In Ovestron, quando ci si riferiva a questo popolo, si adoperava la parola banakil = "mezzuomo".  La gente della Contea e di Brea usava invece il termine kuduk, che non si trova altrove.  Eppure Meriadoc nota che il Re di Rohan si serviva della parola kûd-dûkan = "abitante di tane". Poiché, come in precedenza ho osservato, gli Hobbit parlavano un tempo un idioma assai simile a quello dei Rohirrim, è probabile che kuduk derivasse da kûd-dûkan.  Ho tradotto quest’ultimo vocabolo con holbytla per motivi precedentemente spiegati, e hobbit potrebbe essere facilmente una forma derivata da holbytla, se questo nome fosse esistito nella nostra antica lingua.

Holbytla dall’anglosassone hol ‘cavità, caverna; buca’ + bytla variante di bylda ‘costruttore’. Per holbytlan (SdA, III, 8) = hol + bytlan ‘costruire’. Data l’etimologia, ci si aspetterebbe holbytla = ‘costruttore di buche’, ma questa traduzione è presente solo nel passo seguente (SdA, Appendice F) :

Appendice F, I, A proposito degli Hobbit

Hobbit era il nome che il popolo della Contea dava a tutta la gente della sua stessa razza.  Gli Uomini li chiamavano Mezzuomini e gli Elfi Periannath.  l’origine della parola hobbit era stata per lo più dimenticata. Pare comunque che fosse un nome attribuito originariamente ai Pelopiedi dagli Sturoi e dai Paloidi, forma abbreviata e disseccata di un termine conservato integralmente a Rohan: holbytla = "scavatore di buche".

Negli altri testi (compresi tutti i manoscritti provvisori) compare sempre holbytla = ‘abitante di buche’. In HoME VIII, III compare la prima apparizione del termine holbytlan, per bocca di Théoden:

[…] tutto ciò che si dice tra la nostra gente è che, lontano, nel Nord, sopra molti colli e fiumi (alcuni dicono sul mare) dimora il popolo di mezza altezza, [holbytla(n)>] holbytlan, che abita in buche scavate nelle dune di sabbia […].

Prima di proseguire si ritiene di rammentare che, pur non osando confutare la versione di Tolkien circa l'originalità della creazione del nome hobbit, rimane il fatto che tale termine compare nel noto regesto di creature mitiche e fiabesche citato nella nota X de Lo Hobbit Annotato, cap. Y. L'analisi prosegue parallelamente al testo di riferimento:

§49                                   Nomi di persona

Bilbo   Il vero nome Hobbit era Bilba, come già spiegato32.

Frodo    d’altra parte il nome Hobbit era Maura33. Questo non era un nome comune nella Contea, ma penso che una volta avesse un significato, anche se esso era stato a lungo dimenticato. Nessuna parola maur- si può trovare nella contemporanea L.C., ma ancora una volta il ricorso al confronto col linguaggio di Rohan è illuminante. In questo idioma vi era un aggettivo maur-, non più comune in questo tempo, ma consueto in poesia o in stili più elevati di linguaggio; esso significava ‘saggio, esperto’.  Io, perciò, ho reso Maura con Frodo, un antico nome Germanico che sembra contenere la parola frōd la quale, in antico inglese, corrispondeva precisamente in significato al vocabolo di Rohan maur.                         

Meriadoc (Merry)    Il vero nome era Chilimanzar  [> Cilimanzar], un nome altisonante e leggendario. Ho scelto Meriadoc per le ragioni che seguono. La Terra di Buck in molti modi occupò un posto di riguardo nella Contea come il Galles in Inghilterra; e non è affatto inappropriato, quindi, rappresentare i suoi numerosi e particolarissimi vocaboli con nomi di una scrittura celtica o, nello specifico, gallese. Fra tali nomi io ho scelto Meriadoc, principalmente perchè fornisce naturalmente un abbreviazione ‘Merry’ e per il fatto che l’abbreviazione di Chilimanzar [> Cilimanzar] con la quale questo personaggio era usualmente noto, era Chilic [> Cilic], una parola della L.C. significante esattamente ‘gay or  merry’34[‘contento o felice’, NdT].

La versione F 3 (A) presenta una modifica al nome Hobbit del futuro signore della Terra di Buck ed apparentemente omette la correlazione tra la forma diminutiva e un possibile vocabolo in Ovestron della medesima accezione:

[…] Meriadoc è stato scelto per accordarsi al fatto che il diminutivo di questo personaggio significava ‘allegro, gaio’. Il termine ovestron era kili, sebbene esso fosse in realtà un’abbreviazione di Kiliminac [> kali, Kalamanac].

In F 3 (B) compare un'altra variante della medesima forma, vale a dire Kalimanoc. Da un confronto con il brano corrispondente ne Il Signore degli Anelli, Appendice F, II, A proposito della traduzione, emerge che neanche quest'ultima forma fu scelta come definitiva, dato che venne ulteriormente abbreviata - pur ricalcando sostanzialmente la spiegazione già esposta a partire da F 3 (A) che evidentemente invece aveva assunto carattere stabile:

Meriadoc è stato scelto per accordarsi al fatto che il diminutivo di questo personaggio, Kali, significava in Ovestron "allegro, gaio", pur essendo, in realtà, un’abbreviazione di Kalimac, un vocabolo oramai privo di significato.

La continuazione del testo prende in esame altri due nomi propri di caratura rilevante:

Peregrino (Pipino)    Il termine Hobbit era Razanul [> Razanur]. Questo era il nome di un viaggiatore leggendario, e probabilmente contiene gli elementi della L.C. raza ‘estraneo’, razan ‘straniero’. Perciò ho scelto Peregrino per rappresentarlo, sebbene questo non si addica così abbastanza bene. Di Peregrino, Pipino è, suppongo, un non impossibile ‘nomignolo’; ma esso non è così fedele all’originale come lo è Razal [> Razar] (un tipo di piccola mela rossa), abbreviazione con la quale Razanul Tūca [> Razanur Tūc] era quasi inevitabilmente noto ai suoi contemporanei35.  

Sam    Il suo vero nome era Ban, diminutivo di Banzir. Nella L.C. ba- e ban- ricorrevano in molte parole, con il significato di ‘mezzo-, quasi’, mentre  zīr(a) significava ‘saggio’.  Ho perciò tradotto il suo nome con il termine dell’antico inglese samwīs, dal significato simile. Ciò era conveniente, dacché Samvise produrrà un’abbreviazione Sam.  Ora, Ban era un diminutivo comune nella Contea, ma allora veniva comunemente fatto derivare dal termine più elevato  Bannātha, così come Sam viene usualmente abbreviato da Samuel36.

Si può notare che nel brano riportato ne Il Signore degli Anelli scompare completamente il riferimento alla piccola mela rossa, per il quale si veda anche la corrispondente nota a piè di pagina del presente articolo. Tutto quel che si può dire è che, nella versione italiana, di quel gioco di parole resta soltanto una possibile ma stiracchiata contrapposizione tra Pipino e il frutto che in alcuni dialetti è definito "popone". Comunque la si metta, ecco di seguito il brano tratto dall'Appendice F, II, A proposito della traduzione, di cui si allega anche la versione in lingua originale:

But Sam and his father Ham were really called Ban and Ran. These were shortenings of Banazîr and Ranugad, originally nicknames, meaning ‘half-wise, simple’ and ‘stay-at-home’, but being words that had fallen out of colloquial use they remained as traditional names in certain families.

Ma i veri nomi di Sam e di suo padre Ham erano Ban e Ran, in quanto troncamenti di Banazîr e Ranugad, che in origine erano soprannomi significanti "mezzo-saggio, semplicione" e "casalingo", sebbene fossero poi caduti in disuso, rimanendo soltanto come nomi propri in alcune famiglie.

Dopo tale passo, nel testo inglese compare una frase non tradotta nell’edizione italiana:

I have therefore tried to preserve these features by using Samwise and Hamfast, modernizations of ancient English samwís and hámfoest which corresponded closely in meaning.

Io perciò ho provato a conservare queste caratteristiche, utilizzando Samvise e Hamfast, modernizzazioni dell’antico inglese samwís e hámfoest, strettamente corrispondenti in significato ai vocaboli hobbit.

In F3 (A) compare peraltro anche un'interessante discussione sul vero nome di Hamfast Gamgee:

Il nome del Gaffiere, d’altro lato, era Ranadab, termine che significava ‘stabile, che in vive in una dimora fissa o in un gruppo di buche hobbit’, e da qui spesso ‘casalingo’, l’opposto di ‘girovago’. Dal momento che tale vocabolo corrisponde strettamente al anglosassone hamfæst, l’ho tradotto con Hamfast. Ad ogni modo, i diminutivi [Sam e Ham] rimano, come Ban e Ran nella Contea. Inoltre, né BanzîraRanadab erano più d’uso corrente nella Contea ed erano solamente dei nomi (non del tutto complimentosi), senza dubbio in origine dati come soprannomi, ma usati tradizionalmente in alcune famiglie senza che il senso ne sia più riconosciuto che non nei casi odierni, diciamo, di Roy o Francis]

Cambiamenti si riscontrano nel testo F 3 (B) dove i nomi dei due Mezzuomini sono citati come Ranagad e Banzîra (ma quest’ultimo compare già in A, il che fa pensare a una svista nell'annotazione di C. Tolkien nel far notare ciò).

Ad ogni modo il testo continua:

Il passo seguente (§§50-1) è una nota (una parte del manoscritto scritta come in origine) sul nome Samuel, ma in apparenza è una parte del testo principale, ed è più utilmente fornito come se lo fosse.                    

§50   Si osserverà che io non [> raramente] ho usato nomi basati sulla Bibbia o di origine ebraica per rappresentare termini Hobbit. Non vi è nulla nelle tradizioni o storie Hobbit  che corrisponda [aggiunta: precisamente] a questo elemento nei nostri nomi. Bildad, un nome ricorrente fra i Bolgeri, è una casuale rassomiglianza; esso è un autentico termine  Hobbit che ho lasciato inalterato. Ho spesso lasciato invariate anche altre abbreviazioni come Tom e Mat. Molti monosillabi di questo tipo era comuni nella Contea, ma erano diminutivi di autentici nomi Hobbit. Per esempio Tom era l’abbreviazione di Tomacca, Tomburan; Mat di Mattalic; Bill (Bil) di Bildad (Bildat), Bilcuzal, o alcuni dei numerosi vocaboli terminanti in -bil,  -mil, come Arambil. Il vero nome del Fattore Cotton era infatti Tomacca Lothran37.

Il brano di ISdA, Appendice F, II, A proposito della traduzione è un poco più sintetico ma sostanzialmente riprende in toto i concetti del testo precedente:

Non ho adoperato nelle mie trasposizioni alcun nome di origine ebraica o simile, poiché non vi è nulla nei nomi Hobbit che possa corrispondere a questo elemento che appare nei nostri nomi. I nomi brevi come Sam, Tom, Tim, Mat erano frequenti, in quanto abbreviazioni di veri e propri nomi Hobbit come Tolma, Tomba, Matta e simili.

In ultimo, segue per concludere una piccola precisazione sempre sullo stesso tema:

[Aggiunta: Tobia (Soffiatromba) è un’eccezione. Ho usato questo nome perché la rassomiglianza col vero termine Hobbit  Tōbi era molto stretta, e sembrava inevitabile tradurre Zara-tōbi con ‘Vecchio Tobia’; nessun altro nome può essere trovato che gli si addica così bene. Ciò venne modificato in: Tobia (Soffiatromba) non è un’eccezione. Tobia era il vero nome, sebbene accentato Tóbia. Ho tenuto questo nome poiché la somiglianza col vero termine Hobbit era molto stretta, &c.]

§51   Barnabas [aggiunta: non] è un’eccezione. Barnabas Butterburn16 era un Uomo di Brea, non uno hobbit. Gli diedi questo nome per vari motivi. Il primo di tutti è personale. Una volta vidi su una vecchia pietra grigia (a grandi lettere in un camposanto dell’Inghilterra meridionale) il nome Barnabas Butter. Ciò avvenne molto tempo fa e prima che avessi visto il Libro Rosso, eppure quel nome mi tornò in mente quando, nella testimonianza di Frodo, mi si presentò il personaggio del corpulento locandiere di Brea. Il motivo principale è dovuto al suo nome che, in accordo con i tipi di nome (generalmente botanici) preferiti a Brea, era effettivamente Butterburr, o nella L.C. Zilbarāpha [> Zilbirāpha]. Sfortunatamente Barnabas ha solamente una leggerissima somiglianza fonetica con il vero nome di battesimo dell’oste: Barabatta (o Batti). Questo era il soprannome del proprietario del ‘Puledro’ che egli aveva condotto così a lungo che, se mai avesse avuto un altro nome di battesimo, esso era stato dimenticato: tale soprannome significa ‘parla-svelto’ o ‘chiacchierone’. Comunque, nel trasformare Batti Zilbarāpha [> Zilbirāpha] in Barney Butterbur non penso di essere stato ingiusto.38

§ § §

Chiosa di Matteo "Erumer" Tognela: Bilbo era in antico un termine tecnico per un tipo di pugnale da scherma seicentesca dalla lama molto dura ma al contempo flessibile. Deriva da “Bilbao” dove ne producevano di ottimi. Si intona perfettamente al personaggio, e alla descrizione di Gandalf sull'anima Hobbit resistente come radici e simili. E' usato come termine tecnico ancora oggi (almeno, è riesumato in giochi di ruolo, e non per la connotazione hobbit).
Pipino fino al ‘500 indicava generamente “mela”, deriva dal francese “pépin”, sia “seme” che “mela”. Così “pipino” doveva essere usato già in origine come “piccoletto”. E poi il binomio mela – hobbit pare azzeccato, alla luce di quanto riportano le narrazioni tolkieniane. La qualità che viene attualmente indicata con quel nome matura tardi… ma, per l'appunto, anche in questo caso si intona perfettamente al contesto.

 

Bibliografia

  • ‘ISdA’: Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien, a cura di Quirino Principe, trad. di Vicky Alliata di Villafranca (traduzione riveduta e aggiornata in collaborazione con la Società Tolkieniana Italiana), Bompiani, Milano, 2003.

  • ‘HoME’: History of Middle-earth, J. R. R. Tolkien, Ed. Harper Collins.

  • ‘LotR’: The Lord of the Rings: The Lord of the Rings, J. R. R: Tolkien, HarperCollins.

  • ‘Lettere’: Lettere: la realtà in trasparenza, J. R. R. Tolkien, Ed. Rusconi, tradotto da Cristina de Grandis.

  • ‘Guida’: ‘Guide to the Names in the Lord of the Rings’, J.R.R. Tolkien, ed. Christopher Tolkien, in ‘A Tolkien Compass’. Ed. Jared Lobdell, La Salle, Illinois, Open Court, 1975.

  • I viaggi di Frodo, Barbara Strachey, trad. Francesco Saba Sardi, ed. Rusconi.

 

Note (a piè pagina)

*

Dal momento che l’utilizzo di tali nomi all’infuori di poche ‘grandi famiglie’ era di più recente sviluppo, alcuni nomi familiari (ma meno che in Inghilterra) erano di fatto nomi di luogo o nomi derivanti da essi. Gamgee è uno di questi (vedi sotto).

*

Infatti, essi terminano generalmente in a (Bunga) e non in o, dal momento che una desinenza a era di regola maschile. Ho cambiato la a in o.

Ho conservato questi nomi, pur adattandoli alla nostra lingua, alterandone cioè le finali, dato che per gli Hobbit a indicava il maschile e o ed e erano femminili.

*

La curiosa alternanza tra l’iniziale H e l’iniziale I nei nomi dei numerosi figli del Vecchio Tuc rappresenta un’effettiva alternazione tra S ed E.

I figli maschi del Vecchio Tuc erano Isengrim III, Hildigardo, Isumbras IV, Hildigrim, Isemboldo, Hildifonso, Isembardo, Hildebrando ed Isengar [N.d.T.].

Perciò quei soprannomi o titoli (che a noi probabilmente paiono piuttosto ridicoli) adottati dai capifamiglia dei Brandibuck (Astyanax, Aureus, Magnificus), erano in origine semi-scherzosi ed effettivamente ricavati dalle tradizioni riguardanti i Re di Roccanorda. [Questa nota venne successivamente eliminata.]

Per maggiori informazioni sui titoli dei Brandibuck si veda questa pagina: www.bracegirdle.it/Brandibuck.htm [NdT].

*

In secondo luogo, devo ammettere che il suo debole richiamo a rabbit [‘coniglio’, NdT] mi attrasse. Ma gli hobbit non assomigliano affatto ai conigli, se non nello scavare buche. Ancora, uno scherzo è uno scherzo come tutto il termine cūbugin permetterà, e dopo tutto capitò che il coniglio (ben noto nella Contea anche se non nell’antica Inghilterra) era chiamato tapuc, un nome che ricorda cūbuc, anche se non così chiaramente come hobbit ricorda rabbit.  [Questa nota venne successivamente eliminata.]

Per informazioni sull’origine del nome hobbit si consiglia questo saggio: www.eldalie.com/Saggi/Hobbit.htm [N.d.T.].

Più precisamente: la lingua del Mark di Rohan derivava da un linguaggio nordico che, appartenendo in principio al Medio Anduin, si era successivamente spostata al nord sino al corso superiore di tale fiume, prima di giungere al sud nei giorni di Eorl. Essa era quindi  quasi analogo al linguaggio del basso Anduin (il fondamento della L.C.), ma, isolata, nel Nord era cambiata assai meno e si era solo minimamente mescolata con parole straniere.

Si confronti con quanto detto in SdA (Appendice F, I, A proposito degli Hobbit)

Essi adottarono quindi rapidamente la Lingua Corrente dopo essersi trasferiti nell’Eriador, e quando poi si stabilirono a Brea avevano già cominciato a dimenticare il loro antico linguaggio. Era questo evidentemente un linguaggio del tipo di quelli in uso fra gli Uomini delle valli dell’alto Anduin, simile a quello dei Rohirrim; gli Sturoi meridionali sembrano però aver adottato un linguaggio affine a quello dei Dunlandiani prima di emigrare a nord nella Contea. Di tutto ciò all’epoca di Frodo rimaneva ancora qualche traccia in nomi e termini locali, di cui molti rassomigliavano assai da vicino a quelli di Rohan e della Valle.

e anche in SdA (Appendice F, II, A proposito della traduzione):

"In alcune famiglie più antiche, e specialmente in quelle originariamente Paloidi come i Tuc e i Bolgeri, vigeva invece l’abitudine di dare nomi altisonanti. Poiché la maggior parte di questi sembrano tratti da arcaiche leggende sia di Uomini che di Hobbit, e, pur essendo per gli Hobbit del tutto privi di significato, rassomigliano ai nomi degli Uomini della valle dell’Anduin o del Mark, ho pensato di tradurli con quegli antichi nomi di origine franca e gotica che ancor oggi si adoperano o si leggono". [N.d.T.]

Note

20

L’intera discussione in §41 sul nome della Contea Sūza e sul motivo dell’utilizzo di ‘Farthing’, non è presente in F 1; tuttavia, dopo il riferimento ai termini inglesi wich, bold, bottle compare una nota a piè pagina non mantenuta in F 2:

In un caso ho coniato una nuova parola: smial (o smile se la preferite così). Gli Hobbit usavano un vocabolo davvero peculiare, gluva [scritto successivamente vicino: Rohan glōba], per indicare una ‘buca abitata’. Io l’avrei lasciato inalterato, ma sarebbe sembrato straniero in un contesto inglese. Per questo motivo ho usato smial, dacché l’anglosassone smygel ‘buca in cui entrare strisciando’ ora avrebbe avuto una qualche forma simile, sia che esso fosse sopravvissuto o adottato dagli Hobbit moderni.

21

In F 1 il termine Hobbit per ‘Soffiatromba’ era Rhaspûtal, modificato in Raspûta come in F 2.

‘Soffiatromba’ è la traduzione di Hornblower. Il termine horn può significare sia ‘tromba’ sia ‘corno’.
Forse c’è un legame con la radice RAS (in HOME, V, Etimologie) che produce il Quenya rassë e il Noldorin rhaes, entrambi significanti ‘corno’ (es. Caradhras ‘Cornorosso’) [N.d.T.].

22

In F 1 mio padre in un primo tempo scrisse Tûk ma lo corresse in Tûca; in F 2 egli scrisse Tūca, ma successivamente eliminò la lettera finale -a.

23

In F 1 l’aggettivo tûca era descritto come ‘una parola Paloide dal significato di "grande"’, corretto fino alla lettura di F 2.

24

La nota a piè pagina che a questo punto riguarda la desinenza maschile -a è assente in F 1.

25

La nota a piè pagina riguardante i ‘soprannomi o titoli (che a noi probabilmente paiono piuttosto ridicoli)’ dei capi del clan dei Brandibuck, è assente in F 1. Si veda il commento sul §45.

26

Hamanullas: in F 1 il nome era Amanullith, successivamente modificato in Hamanulli.

27

In  F 1  il nome era Tûk, più tardi corretto in Tūca, come in precedenza (vedi nota 22).

28

I nomi in F 1 erano Shûran-kaphir e Zarkaphir, modificati in Assargamba e Zaragamba come in F 2.

29

F 1 ha la stessa nota, ma in più viene detto che Bophan era ‘di origine Pelopiede’, e anche che ‘per gli Hobbit Bophan era generalmente privo di significato, come lo è Boffin oggi.’

30

In  F 1 la spiegazione di Gamgee era la medesima, ma i nomi basilari erano differenti: il nome Hobbit era Charbushi, derivato dal nome di luogo Charb(b)ash; il termine della Lingua Corrente significante ‘gioco’ era charab; e la terminazione del nome di luogo era -bash, -bas. Queste forme vennero poi corrette in quelle presenti in F 2. Charbash appare di nuovo nella nota su Cotton in F 1.

31

In  F 1  il termine della Contea per ‘Hobbit’ era kubud e la parola obsoleta della L.C. dalla quale derivava era  kubud(u)r ‘abitante di buche’; il termine utilizzato da Théoden era kugbadru. Queste forme vennero in seguito cambiate: il vocabolo della Contea divenne cubut (plurale cubudil), derivato dal termine obsoleto della L.C. cubadul, e la parola usata da Théoden era cugbadul. In F 2  cubuc, le parole ad esso associate e le forme che iniziavano per cu-, cambiarono in -. Le forme della Lingua Corrente e di Rohan vennero alterate moltissimo nel testo ed io ho fornito solamente quelle adottate alla fine: quindi il plurale di cūbuc era dapprima cūbuga e successivamente  cūbugen, il termine obsoleto della L.C. era cūbugl(a), e quello di Rohan era cūgbagul (ancora in §56).

Il passo di §56 a cui si fa riferimento è il seguente:

‘Ho già accennato alla trasformazione dell’effettiva relazione tra il vocabolo di Rohan cūgbagu e quello della Contea cūbuc in una fantasiosa tra holbytla e hobbit.’

[NdT]

32

In F 1 viene detto che ‘Bilbo è il vero nome hobbit’: vedi nota 24

33

In  F 1 il nome era scritto Maurō prima di essere modificato in Maura.

34

[gay e merry significano ‘felice’ e ‘allegro’, NdT] La nota in F 1 sul vero nome di Meriadoc è la stessa, ma con le  scritture Khilimanzar e Khilik.    

35

La nota su Peregrino (Pipino) recita in F 1, prima della correzione:

Il termine Hobbit è Rabanul. Questo non è un nome di forma della L.C.; esso è stato detto essere [Paloide >] un nome  Pelopiede; ma dacché esso è anche detto significare ‘viaggiatore’, ed era in ogni caso il nome di un leggendario vagabondo e girovago, ho scelto Peregrino per rappresentarlo. Di Peregrino, Pipino è, suppongo, un non impossibile diminutivo, sebbene non sia così vicino a Peregrino come Rubul lo è a Rubanul. Eppure rubul nella L.C. è il nome di un tipo di piccola mela.

36

L’originaria discussione sul nome Sam  in F 2 venne scartata e rimpiazzata. Io fornisco la secondo  forma, dacché essa differisce appena dalla prima salvo in chiarezza. In F 1 veniva fatta la stessa affermazione, ma gli elementi linguistici erano differenti. Il suo vero nome era Bolnoth; il termine comune nella Contea (Ban  in  F 2) era Bol, ritenuto essere un’abbreviazione di Bolagar; il prefisso significante ‘mezzo-, quasi’ era bol-; e il vocabolo significante nella Lingua Corrente ‘esperto’ (zīr(a) in  F 2) era nōth. Queste vennero cambiate nelle forme presenti in F 2, ma con  Bannātho al posto di Bannāha (vedi nota 24). 

37

Invece di Tomacca, F 1 ha Tomak (e k invece di c negli altri nomi in questo passaggio, come dappertutto), e invece di   Arambil ha Shambil; il nome completo di Farmer Cotton’s è Tomakli Lothron, successivamente modificato in Tomacci.

38

In F 1 il vero nome di Butterbur era Barabush Zilibraph: il primo significava (come Barabatta in F 2) ‘parla-svelto, chiacchierone’, abbreviato in Baragli; il secondo era composto da zilib ‘burro’ e rapha(a) ‘burr [lappola, pianta annua dalle foglie ruvide e dai frutti spinosi e uncinati NdT]’. Quest’ultimo venne cambiato in Zilbarāpha, la forma scritta in un primo momento in F 2. Alla fine della nota, F1 ha: ‘il soprannome che il proprietario del ‘Puledro aveva da talmente tanto tempo che Frodo non aveva mai sentito il suo vero nome di battesimo’.

[segue una lunga nota non riportata in quanto non utile ai fini del saggio, N.d.T.]

Note del traduttore

In inglese farthing. Nella ‘Guida’ (Farthings):

"Questo è lo stesso vocabolo dell’inglese farthing (Inglese Antico feorðing, Medio Inglese ferthing), ‘quarto di penny’, ma utilizzato nel suo senso originale di ‘quarta parte, quarto’. Questa parola è modellata su thriding ‘terza parte’, ancora in uso nelle divisioni dello Yorkshire,con la perdita dell’iniziale th dopo th o t in Northriding, Eastriding, Westriding. l’applicazione per divisioni di misure diverse da quelle monetarie è da molto tempo obsoleta in inglese, e farthing è stato usato fin dal primitivo Medio Inglese per ‘quantità insignificante, pertanto ad orecchie inglesi l’applicazione alle divisioni della Contea (un’area di circa 18.000 miglia quadrate) è comica. Questo tono difficilmente può essere riprodotto, ma alcuni termini correlati forse potrebbero essere utilizzati: ad esempio il danese fjerding, lo svedese fjärding; oppure il tedesco Viertal (che è applicato a ‘regioni, distretti’)".

n1

hill ‘colle’. E‘ presente in Overhill (Surcolle) e Underhill (Sottocolle).

n2

town = città . La forma ton deriva dall’anglosassone tun ‘recinto; fattoria; paese, villaggio’. E' presente in Frogmorton (Chianarana), Hobbiton (Hobbiville) e più remotamente in Oatbarton. Quest’ultimo nome compare nella mappa della Contea presente nel SdA (assente nell’edizione italiana). Nel libro I viaggi di Frodo (Barbara Strachey, trad. Francesco Saba Sardi, ed. Rusconi), compare la forma errata Fondoquercia, ove quercia (oak) è la resa di oat ‘avena’. Barton ‘aia, corte’, deriva dall'anglosassone beretún ‘recinto di orzo, aia, granaio’ (composto di bere ‘orzo’ e tún), il termine si potrebbe tradurre con Avenaia, Cortavena o Orzavena.

n3

Questi elementi sono presenti in Gamwich, Nobottle, Hardbottle (Pietracasa). Nella ‘Guida’ (voce Hardbottle) spiega che non c’è alcun legame con l’inglese moderno bottle ‘bottigilia’:

"[…] bottle è un elemento dei nomi di luogo inglesi, dall’Inglese Antico botl, variante di bold (da cui deriva l’inglese moderno build), dal significato di ‘(grande) abitazione’; il vocabolo non è legato a bottle (recipiente di vetro)".

Nobottle compare nei Viaggi di Frodo nella forma errata Senzaboccia. No sta per new ‘nuovo’, pertanto traduzioni possibili sono Casanuova, Novacasa.

n4

Nelle Etimologie (HOME, V), alla radice LAD è citato il termine Noldorin lhand, lhann ‘ampio’, e la regione Lothland, Lothlann (ad est del Dorthonion).

n5

n6

In inglese Goodenough, Bracegirdle, Proudfoot, Burrows. Sulla loro traduzione si veda questa pagina: www.bracegirdle.it/hobbitminori.htm.

n7

Nell’edizione italiana Tuc.

Nella ‘Guida’ (Took):

"Nome Hobbit di origine sconosciuta rappresentante il vero termine Hobbit Tūk (vedi III 415). Esso dovrebbe essere mantenuto e scritto foneticamente in accordo con il linguaggio di traduzione".

n8

In HOME (VI, 1) si apprende che, secondo H. Carpenter (JRR Tolkien: A Biography, Houghton Mifflin Company), il termine Bingo deriva dal nome Bingos, una famiglia di koala di peluche posseduti dai figli di Tolkien. Christopher Tolkien afferma che la spiegazione ‘è plausibile ’.

n9

In inglese Hobbitry. In LotR compare nella forma Hobbitry-in-arms (‘esercito hobbit’, SdA) e nella frase (VI, 8) "Merry now had enough sturdy hobbitry to deal with the ruffians" (‘Merry ormai disponeva di un numero sufficiente di robusti Hobbit, e poteva tranquillamente occuparsi dei banditi’, SdA).

n10

= linguaggio Hobbit.

n11

Letteralmente ‘Fine/Fondo del Sacco’, gioco di parole per "cul de sac , vicolo cieco". In F 3 (A) compaiono le forme laban e Laban-nec; in F 3 (B) Laban-neg.

n12

Il passo a cui si fa riferimento è il seguente:

"Il caso principale è quello del Fiume Baranduin, l’antico confine orientale della Contea. Questo è un nome elfico composto da baran ‘bruno-dorato’ e duin ‘(grande) fiume’.  Ma esso venne bizzarramente alterato in Branduhim, termine che nel loro linguaggio significava ‘birra spumeggiante’ (brand(u) ‘schiuma’; him(a) ‘birra’). Ho imitato questo termine chiamando il fiume Brandivino, vocabolo che gli è simile nel suono ed è una effettivamente possibile ‘corruzione’ di Baranduin, sebbene  il senso non sia così strettamente simile. (In realtà, non c’è traccia di distillazione di brandy o acqueviti nella Contea.)".

Si confronti con quanto detto in SdA (Appendice F, II, Nota su tre nomi: Hobbit, Gamgee e Brandivino):

I nomi dati dagli Hobbit a questo fiume erano alterazioni dell’Elfico Baranduin (con accento su and), derivante da baran = "bruno dorato", e duin = "(grande) fiume". Brandivino sembrava una moderna corruzione di Baranduin. A dire il vero, il più antico nome hobbit era Branda-nîn = "acque di confine", il che sarebbe stato reso meglio con Marchbourn; comunque, era ormai espressione scherzosa comune il riferirsi al colore del fiume chiamandolo Bralda-hîm = "birra inebriante".

n13

" rigonfiamento, pancia ".

n14

La voce inglese è Farmer Cotton, mentre nella versione italiana del Signore degli Anelli il termine è stato erroneamente tradotto con vecchio Cotton. ‘Farmer’ ha infatti il significato di " fattore, agricoltore ".

n15

Nella versione italiana del Signore degli Anelli il termine non è stato tradotto.

Dalla Guida (Cotton):

"Questo è, in origine (come molti dei cognomi moderni), un nome di luogo, derivante da cot, ‘casolare, umile dimora’, e -ton, la comune abbreviazione di ‘town [città, NdT]’ nei nomi di luogo (anglosassone tūn ‘villaggio’). Dovrebbe essere tradotto in questi termini."

n16

E' l’antecedente di Barliman Butterbur (Omorzo Cactaceo nella versione itlaliana). Butterbur è termine inglese per ‘farfaraccio’, una pianta grassa dal gambo spesso, ampie foglie e pesante capolino. Nella Guida (Butterbur), Tolkien consiglia al traduttore, nel caso la versione locale non contenga la parola butter (‘burro’), di utilizzare un nome di una pianta grassa folta. Per questo motivo la versione italiana è ‘Cactaceo’ (da cactus).

 

           
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