Tolkien e i miti nordici
di Alessandro "Feanor" Gambino, adattamento e cura di Gianluca Comastri

ercare di confrontare il pantheon pagano scandinavo con quello Ilúvatariano, inventato da Tolkien per la sua Terra di Mezzo, è un'impresa decisamente più complessa di quello che può sembrare inizialmente.
Se da un lato, Tolkien era molto affascinato da quest'antica e complessa fonte mitologica, dall'altro, l'eccentrico professore di Oxford, era un uomo di Chiesa, che molto valore dava agli insegnamenti religiosi.
Ad un'occhiata preliminare si noteranno somiglianze tra i due pantheon decisamente evidenti ma, osservando più attentamente, ci si accorgerà come queste somiglianze siano puramente formali.
Mi spiegherò meglio, tentando, con le mie limitate capacità, di riassumere le peculiari caratteristiche della mitologia scandinava, e più in generale della mistica germanica, paragonandola a quelle delle Terra di Mezzo.
La difficoltà di riassumere tale argomento, sta essenzialmente nella vastità delle fonti che un novello studioso (quale io mio considero) si trova ad affrontare.
Chiunque volesse informarsi sulle saghe divine ed eroiche scandinave dovrebbe "sbattere il muso" contro una serie di versi d'origine alquanto arcaica (da IV al X secolo dopo cristo), che molto spesso sono in contraddizione tra loro, essendo stati scritti da persone diverse in età diverse.
La letteratura scandinava è essenzialmente divisa in due "branche".
Quella eddica, più arcaica e di conseguenza più aspra e introversa nella forma, e quella scaldica, più recente e comprensibile ma influenzata dal diffondersi del Cristianesimo.
Come se ciò non bastasse è indispensabile studiare alcuni poemi considerati pietre miliari della letteratura Germanica. Tra questi vi sono il sassone Beowulf ed il tedesco Siddgurd (Sigfrido), che narrano entrambi le imprese di due "eroi divini".
Una volta riusciti a schematizzare l'enorme mole di informazioni studiate, vengono subito a galla le prime somiglianze tra i due pantheon. In entrambi, vi è una figura che si eleva sulle altre in saggezza, Odino tra gli Aesir, Manwe tra i Valar. Tutti gli dei possono subire ferite fisiche e morire. Ogni dio ha assegnato un compito o una funzione. Thor e Tulkas, ad esempio, sono entrambi campioni, meno dotati di altri in saggezza ma ineguagliabili in forza. Anche il loro aspetto è simile, essendo entrambi biondi di capelli e barba, alti e possenti. Vi è anche un rinnegato in entrambi i pantheon - naturalmente parliamo di Melkor tra i Valar e Loki tra gli Aesir. Le aule di Mandos potrebbero tranquillamente esser paragonate al Vaholl, dove riposano gli eroi vichinghi, privi di corpo ma intenti nelle attività che compivano in vita (combattere, bere e giacere con le Valkirie).
Anche nei simbolismi le somiglianze non sono poche. Ad Yggdrassil, il frassino del mondo, corrispondono Telperion e Laurien, gli Alberi della Luce.
Alla figura di Oromë che cavalca sul suo bianco destriero suonando il suo possente corno corrisponde quella di Odino, che caccia sul suo destriero ad otto zampe nelle notti tempestose.
Anche spade come Anglachel e Narsil possono essere ricondotte al Tirfing, la spada di Loki, che era maledetta come la nera lama di Eöl: inoltre era stata spezzata da Thor, essendo l'unica arma in grado di danneggiare il grande frassino.
Infine non è da dimenticare la presenza, nel pantheon scandinavo, di un folto strato di semidei e giganti nel quale potrebbero facilmente trovare posto molti dei Maia della Terra di Mezzo e di cui fanno parte razze quali Elfi, Nani, Troll (Vagabondi), Goblin (Orchetti ) e così via.
Ora, una volta resisi conto di queste evidenti somiglianze, si deve compiere un altro importante passo per comprendere che in fondo le somiglianze sono di carattere puramente formale.
Non è da dimenticare che la religione di un popolo non è altro che lo specchio dei suoi principi, dei suoi usi e dei suoi costumi1. Per quanto affascinante e sotto certi aspetti "democratica", la società vichinga restava pur sempre violenta ed ignorante2. Di conseguenza la sua religione non poteva differire di molto. Gli dei erano più simili ad eroi che a divinità. Tutti avevano compiuto in un passato quasi atemporale grandi imprese e spesso avevano dovuto subire mutilazioni per avere un dono in cambio.
E' il caso di Odino, che diede l'occhio per la conoscenza, o di Heimdall, dio guardiano dell'arcobaleno che diede un orecchio, o di Freyr, dio della guerra che diede una mano3. Senza dimenticare inoltre le infinite lotte che erano chiamati a compiere. Basti pensare alle lotte di Thor e dei Giganti, che dureranno sino alla fine dei tempi a causa di un odio considerato "naturale", tra il dio e questa nefanda razza.
Tolkien, da buon cattolico quale era, non poteva certo limitarsi a riproporre un pantheon creato ad immagine e somiglianza di quello scandinavo. Conseguentemente aveva impregnato il suo delle credenze cristiane. Ha sostituito le Parche, che tessevano il destino di uomini e dei con Eru , l'Uno, che nella sua mente vede tutto ciò che è stato, è e sarà in Arda. Ha trasformato la figura di Odino, scaltro ma infido, in un Manwë più simile a Gesù Cristo, essendo egli sì il più saggio tra i Valar, ma in quanto eletto a comprendere i disegni di Ilúvatar (Dio). Da Loki ha tirato fuori un perfetto emulo di Satana quale è Morghot. Da Thor, figura che combatte per "odio naturale"ha creato Tulkas, parallelo di S. Michele Arcangelo. Tale cambiamento d'indole si ripercuote anche nelle altre razze che, come dicevo prima, sono presenti nei miti che narrano dei semidei nordici.
Basta pensare ai miei cari Elfi, che nelle Terre di Mezzo sono (parole testuali prese dal canto degli Ainur):

«Pochi e dolci, ma impossibili da sormontare. Eterni ma impregnati di un incomprensibile tristezza da cui traggono bellezza».
Negli Edda invece, sono ridotti a spiriti dei morti, sì luminosi e belli, ma anche freddi ed infidi.
Per non parlare dei Nani, creature maligne che hanno in comune col popolo di Durin solo la passione per la roccia.
Gli esempi che potrei portare sono infiniti, e tutti, credo ormai sia evidente, portano ad un'unica conclusione:

Tolkien si è ispirato al modello scandinavo per creare un pantheon che poggiasse su fondamenti cristiani.

Concludo facendo notare un'ultima curiosità.
Per gli scandinavi il nostro mondo era Midgard, il mondo di mezzo (traduzione letteraria di Middle-Earth), situato tra Asgardh, la dimora degli dei Asesir (che era a occidente, come Valinor), e Jotunheimar, la dimora dei giganti (situata ad oriente da cui venivano tutti i mali nella Terra di Mezzo).

[1], [2] Accogliamo tali assunti con riserva, trattandosi di semplificazioni un tantino azzardate su vari piani - da quello antropologico a quello gnoseologico. Ciò non toglie che la tesi qui sostenuta, vale a dire la presenza di richiami del culto monoteistico di ispirazione cristiana nella mitologia redatta dal Professore, sia sostanzialmente valida e riconosciuta da molti altri studiosi (N.d.C.).

[3] In realtà Freyr non è un dio della guerra, bensì dell'abbondanza e della fertilità - fa parte dei Vani e non degli Asi. Il "dio della guerra che diede la mano" è Tyr, la cui mano fu mozzata dal lupo Fenrir mentre questi veniva incatenato.

 

           
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