Il Bene, il Male e la loro origine
di Didier Willis - Traduzione di Erumer, adattamento e cura di Gianluca Gianluca Comastri

«E' un mondo monoteistico di teologia naturale»
(Lettere di J.R.R.Tolkien, n°165)

l lettore moderno del Silmarillion - nella nostra epoca in cui la storia delle religioni non è che in parte, se non per nulla affrontata durante gli anni di scuola - può a ragione interrogarsi sull'origine del male nella cosmogonia creata da Tolkien. "Se Melkor Morgoth è interamente dedito alle tenebre", è naturale chiedersi; "e se ciononostante egli è stato creato da Eru Iluvatar, concluderemo quindi che il male esiste nel pensiero stesso del creatore..." e che si desideri indagare allora sulla responsabilità di Eru medesimo nell'esistenza del male.

1. L'esistenza del male - Di fatto, questa domanda non è nuova: fondamentalmente teologica, trova risonanze evidenti nella religione giudaico-cristiana. Nella Genesi, il soggiorno in Paradiso è intaccato dalla caduta d'Eva, ingannata dal Serpente "la donna rispose: il serpente m'ha sedotta, e ne ho mangiato"(Gn III,13).
Ma come il serpente può instillare un tale tradimento, essendo emanazione egli stesso del pensiero divino "Dio fece gli animali,e vide che ciò era buono(Gn,I,25)" come Satana, che era, all'inizio del Mondo "nell'Eden, cherubino protettore, sul sacro monte di Dio"(Ezechiele,28:11-15; cfr anche Isaia 14:12-15 per simile metafora), può egli rivoltarsi contro il proprio creatore e diventare suo nemico? Il punto sta nel sapere se il male è parte inerente a Dio, e tentare di comprendere, altrimenti, perché Egli lo tolleri.

Alla prima parte della domanda, assunto che Dio sia onnipotente, il nostro lettore può essere tentato di rispondere affermativamente, non essendo la Bibbia stessa sempre esente da formule equivoche" perché lo scontento è disceso dall'Eterno" (così Michea 1:12). In ciò, egli segue inconsciamente la stessa riflessione di Giobbe, il quale attribuisce i propri tormenti a Dio, non sapendo invece di costituire l'oggetto di uno scontro con Satana: "Riceveremo da Dio il bene, e non ne riceveremo anche il male!" (Jb 2:10). Alla fine del libro, gli amici lo consolano" per tutte le avversità che l'Eterno aveva posto su di lui" (Jb 42:11) - Così Dio sembra essere la fonte del male, poiché permette in fondo l'esistenza dei problemi della nostra vita. Non c'è nulla che non trova la sua origine in Dio, "egli fa la piaga, e la fascia" (Jb 5:18), fino all'ingustizia che colpisce il giusto quanto il malvagio, senza distinzione: "Perché io oso dirlo, che Egli distrugge l'innocente come distrugge il colpevole" (Jb 9:22). Giobbe si affligge all'idea che i malvagi, che non servono Dio, restino in vita e prosperino: "C'e pace sotto la tenda dei ladri, sicurezza per quelli che offendono Dio" (Jb 12:6)

2. Il manicheismo - Sarebbe a dire, dunque, che Dio è responsabile del male? No, perché confondere così il bene ed il male è cedere alla tentazione del manicheismo. Questa filosofia gnostica (divenuta in seguito una grande religione orientale), fondata dal persiano Mani (216-277), afferma che l'universo è retto da due principi primi antagonisti ed eguali nella loro contrapposizione, la Luce e l'Oscurità. Assolutamente dualista nell'essenza, riformula la creazione del mondo in termini ben specifici, in uno spirito di sincretismo ispirato tanto dal dogma cristiano che dalle idee indo-iraniane influenzate dal mazdeismo (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Edizioni Payot, volume II). I due grandi testi fondatori della dottrina manichea sono lo Shaburhagan (sui due principi primi) e la Pragmateia (sulla cosmologia manicheista). Il termine ha acquistato al giorno d'oggi, nel linguaggio corrente, una accezione più larga, che sta per una generica opposizione tra bene e male. Ma per essere rigorosi, esso mette questi due principi su di un piano d'eguaglianza: il bene come il male fanno parte della creazione primordiale.

Da Sant'Agostino in poi (354-430), il manicheismo è considerato, in teologia cattolica, come un'eresia. Agostino, prima della sua conversione nel 386, professò per un po' il manicheismo, per poi in seguito combatterlo violentemente (specificamente nel suo De Genesi contra Manichaeos, 388-389). Come possiamo già dubitare, sarebbe stupefacente che una simile concezione eretica potesse ritrovarsi nell'opera di Tolkien, la cui ispirazione cattolica è ammessa dall'autore stesso: "'Il Signore degli Anelli' è ovviamente un lavoro fondamentalmente religioso e cattolico; inconsciamente dapprima, ma consapevolmente nella revisione" (Le lettere di J.R.R. Tolkien,n°142). Per Agostino, il male non proviene da un principio fondamentalmente malvagio, ma da una libera scelta della volontà. Avremo occasione di tornarci più avanti, e di dimostrare che l'opera di Tolkien sfugge a qualsiasi tipo di manicheismo, e resta in ciò fedele al cristianesimo.

3. La volontà del bene e la comprensione del male - Tornando al libro di Giobbe, ci troviamo alcune riflessioni sulle ragioni per cui l'esistenza del male è giustificata, ma la risposta data dai testi non è interamente soddisfacente, nascosta dietro il carattere impenetrabile dei disegni di Dio (attraverso la metafora del Leviatano e di Behemoth, ecc.). "Insomma, per il credente, il libro di Giobbe è una "spiegazione" del male e dell'ingiustizia, dell'imperfezione e del terrore." Riassume Mircea Elide, "Ma sarebbe vano - e allo stesso tempo empio - credere che, senza l'aiuto di Dio, l'uomo sia capace di cogliere il "mistero dell'iniquità." (Storia delle credenze e delle idee religiose, op.cit. volume I, §115).

Si pensa di sapere che Tolkien abbia lavorato alla traduzione del Libro di Giobbe: la questione del bene e del male, così come è ivi formulata, non gli era quindi probabilmente sconosciuta. Ma l'opera di Tolkien essendo lontana da qualsiasi sorta di manicheismo, fa sì che ci si debba volgere ad altre vie per sceverare la questione. Torniamo dunque ai testi, per confrontarli ai loro corrispondenti biblici.

Nel mondo leggendario tolkieniano, non c'è dubbio che Eru non tenda ad altro che a fare il bene, e che Melkor si opponga alla sua volontà. L'esempio più esplicito è dato dal commento dell'Athrabeth Finrod ah Andret: "Melkor [.] era divenuto un ribelle, contro i suoi fratelli e contro Eru" (Home X). A ben riflettere, non c'è disaccordo di fondo con la tradizione biblica, dove la bontà di Dio non è messa in questione - "l'Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra, e che tutti i pensieri del loro cuore tendevano ogni giorno unicamente al male [.] e fu afflitto nel suo cuore" (Gn:6,5), e ciò nonostante i mezzi della sua reazione ci appaiano quanto meno coercitivi, a volte (diluvio, distruzione di Sodoma e Gomorra, caduta di Babele; ma la punizione divina, sebbene con diverse sfumature - ci torneremo altrove - non è assente neppure nell'opera di Tolkien, visto l'affondamento di Numenor). D'altra parte, Elihu, amico di Giobbe, gli ribadisce con foga che "Dio non commette iniquità, l'onnipotente non viola la giustizia" (Jb 34:12).
D'altra parte Eru dispiega nell'Ainulindale i suoi nuovi temi in reazione alla musica discordante di Melkor, e giudica il suo contraddittore con severità allorquando presenta il mondo generato dalla musica degli Ainur: "E tu, Melkor, t'avvederai che nessun tema può essere eseguito, che non abbia la sua più remota fonte in me [.] colui che vi si provi non farà che comprovare di essere mio strumento nell'immaginare cose più meravigliose di quante egli abbia potuto immaginare" (Il Silmarillion, Ainulindale), o ancora "E tu, Melkor, scoprirai tutti i segreti pensieri della mia mente, e t'avvederai che essi sono soltanto una parte del tutto e tributari della sua gloria" (ibid.). In questi passaggi, constatiamo senza possibile dubbio che Eru non ha volontà al male. L'esempio, ancora una volta, ci è dato nell'Athrabeth, dove Finrod fa notare che lui e Andreth (e implicitamente per estensione gli Uomini e gli Elfi, così differenti per natura) "dovevano" incontrarsi in quel periodo sinistro della storia, posto sotto la dominazione di Melkor. Se non si fossero così incontrati, per forza di cose, non avrebbero potuto comunicare e scambiar idee tra loro, per confrontare la loro esistenza e conoscersi meglio. La volontà al bene di Eru, nella credenza elfica, è ancora più forte, nell'Athrabeth: "Questo è il principio ultimo di Estel, che troviamo quando contempliamo la Fine: di tutti i Suoi disegni l'intenzione deve essere "per la gioia dei suoi figli" (Home X - l'Estel essendo un termine elfico designante la speranza, la "fede come speranza".
Che il male possa rivelare un bene più grande (o viceversa, che l'assenza di un certo male possa impedire a un bene più grande di realizzarsi), e che Eru abbia la volontà al bene e la comprensione del male: abbiamo scelto, a proposito, di insistere sui termini che sviluppa Leibniz nei suoi Saggi di Teodicea, quando si rivolge al problema dell'esistenza del male. La sua giustificazione della bontà divina si applica particolarmente bene all'universo di Tolkien: "E questi difetti apparenti del mondo intero [.] rivelano la sua bellezza, ben lontani dal diminuirla, e vi contribuiscono procurando un bene maggiore. Vi sono invero due principi, ma sono entrambi in Dio, nella sua intenzione e volontà. L'intenzione fornisce il principio del male, senza esserne connessa, senza essere malvagia: rappresenta le nature come sono nelle verità eterne; contiene in se stessa la ragione per cui il male è permesso, ma la volontà non volge che al bene." (Teodicea,§.149). Sant'Agostino, senza andar così avanti nella sua argomentazione, non avrebbe detto di meglio: "Da tutto ciò che costituisce l'universo, risulta una bellezza ammirevole, e in questo insieme, ciò che chiamiamo il male, ben ordinato e messo al suo posto, partecipa attivamente al trionfo del bene" (citato da Tomaso d'Aquino, Summa Teologica, I, 48, 1, punto di vista che egli rifiuta, ma cfr. tuttavia Teodicea §276), o ancora "Poiché il Dio Onnipotente.. possedendo sovrana bontà, non lascerebbe mai un qualsiasi male esistere nelle sue opere, se non fosse abbastanza potente e buono da far uscire il bene dal male" (S. Agostino, Enchiridion,11,3). Così Dio è scagionato dalla responsibiltà del male. Egli non è complice, quand'anche pur sapendo per onniscienza ciò che accadrà, non farebbe nulla per impedirlo (Teodicea, Discorsi, par.32-33). Egli permette il male (a) da una parte, come abbiam visto, per trarne un bene maggiore, e (b) d'altra parte, perché il proibirlo andrebbe a negare alle sue creature il libero arbitrio di cui ha fatto loro dono.

4. Il libero arbitrio. - Effettivamente Eru non può riprendere alle sue creature il loro libero arbitrio senza disfare o corrompere la propria creazione. Si noterà che un principio simile si applica ai Valar stessi nel testo sul' Osanwe-kenta (in Vinyar Tengwar n°39), dove Tolkien spiega la loro apparente debolezza nei riguardi delle azioni di Melkor, e le ragioni per cui Manwe non può tornare sulla sua promessa di liberare Melkor, anche se è manifesto che egli non si sia redento durante la prigionia: "Melkor aveva il diritto di esistere, ed il diritto di agire ed usare i suoi poteri" - e più avanti, a proposito di coloro che si allontanano dalla volontà divina e che bisogna riportare sulla retta via: "la decisione [di Eru] di lasciarli liberi". Così, anche Melkor e le potenze angeliche che sono i Valar hanno inizialmente l'autorità d'esercitare il loro libero arbitrio, senza costrizione divina: non siamo tanto lontani da Giuda, quando dice che gli angeli caduti sono essi stessi stati liberi di rivoltarsi contro Dio (Ju 6).
L'idea è ulteriormente precisata nello Shibboleth di Fëanor, a proposito della scelta dell'elfa Mìriel, che desiderò morire di sua volontà, a dispetto della propria immortalità: "Così i Valar si trovarano di fronte una cosa che non potevano cambiare nè curare: il libero arbitrio di uno dei Figli di Eru, che era fuori dal loro comando". Una versione primitiva delle leggende, nei primi abbozzi dei Racconti perduti, esponeva il diritto al libero arbitrio degli Uomini: "Agli Uomini assegnerò un compito e consegnerò un grande dono" E dispose che avessero libero arbitrio ed il potere di formare e decidere oltre la musica primeva degli Ainur, e che in ragione del loro operato tutte le cose divenissero complete in forma e atto, ed il mondo che proveniva dalla musica degli Ainur fosse completo fino alle ultime e più piccole cose." (Racconti Perduti, nota 12 alla Musica degli Ainur)
Tolkien sviluppa ancora il libero arbitrio ed il fatto che il male sia tollerato, se non scusato, in una lettera a Rhona Beare: "Che Sauron non sia stato distrutto nell'odio dell'Unico non è colpa mia: il problema del male, e della sua apparente sopportazione, è permanente per tutti coloro che si occupano del nostro mondo. L'indistruttibilità di spiriti dotati di libero arbitrio, anche dal loro stesso creatore, è pure una caratteristica inevitabile, se uno crede nella loro esistenza, o la immagina in una storia" (Lettere di J.R.Tolkien, n°211)

5. Un'occhiata al mazdeismo - Abbiamo, credo, affrontato i principali argomenti utili ad una lettura ragionata delle figure del bene e del male in Tolkien, ponendo le basi del libero arbitrio, della bontà di Dio/Eru e della sua comprensione dei principi del male.

Per il resto, ora che abbiamo tutti gli elementi del caso, è interessante constatare che i teologi cristiani, basandosi su delle Scritture talvolta contraddittorie in apparenza nel loro sforzo di spiegare l'origine del male e preservare Dio dalla responsabilità della questione, non han fatto che riscoprire - o riportare alla luce - le argomentazioni del mazdeismo, la religione sviluppata da Zarathustra nell'antico Iran (Mircea Eliade, op.cit.vol I). Il confronto con la cosmogonia di Tolkien merita di essere affrontato, in quanto mette in luce alcuni aspetti fondamentali della sua opera, e ci permetterà di chiudere questo articolo tirando una riga definitiva sul manicheismo.

La rivelazione di Ahura Mazda, il Saggio Signore che ha creato il mondo, riposa su di un elemento estrememente semplice: l'uomo è libero di scegliere tra il bene ed il male. Ahura Mazda ha generato varie entità "divine", tra cui i due gemelli Spenta Mainyu (lo spirito buono) e Angra Mainyu (lo spirito distruttore). Non c'è che un solo principio primo, che è Mazda Ahura, da cui i due gemelli sono emanati senza eguagliarlo. All'"inizio dell'esistenza", Spenta Mainyu dichiara ad Angra Mainyu: "né i nostri pensieri, né le nostre dottrine, né le nostre forze mentali;né le nostre scelte, né le nostre parole, né le nostre azioni; né le nostre coscienze, né le nostre anime sono d'accordo" (Yasnam45:2), "e ciò mostra", nota Mircea Eliade mettendo in risalto il libero arbitrio, "che i due Spiriti sono diversi - l'uno santo, l'altro malvagio - piuttosto per scelta che per natura".

Ritroviamo in Tolkien una simile suddivisione: "Esisteva Eru, l'Uno, che in Arda è detto Ilúvatar; ed egli creò dapprima gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, ed essi furono con lui prima che ogni altro fosse creato" (Silm., Ainulindale). Eru creò appunto Manwë e Melkor, che "erano fratelli nella mente di Ilúvatar" (Silm., Valaquenta). Come abbiamo visto precedentemente, Melkor era libero di utilizzare il suo potere a proprio piacimento

Mircea Eliade prosegue: "D'altra parte, Ahura Mazda, nella sua onniscianza, sapeva dall'inizio quale sarebbe stata la scelta dello Spirito Distruttore, e tuttavia non l'ha impedita; e ciò può significare sia che Dio trascende ogni tipo di contraddizione, sia che l'esistenza del male costituisce la condizione della libertà umana". Non abbiamo sviluppato, finora, altri argomenti. "Insomma", conclude Eliade, "il Bene ed il Male, il santo ed il demone distruttore, provengono da Ahura Mazda, ma poiché Angra Mainyu ha liberamente scelto il proprio modo di essere e la propria vocazione malefica, il Saggio Signore non può essere considerato come responsabile dell'apparizione del male". Nell'opera di Tolkien, un passaggio dell'Athrabeth Finrod ah Andreth fa direttamente eco a questa nozione. Alcuni vedono il mondo come una lotta incessante tra il bene ed il male, tra luce ed ombra, ma si tratta di una visione erronea, che Andreth riassume così: "ancora molti uomini percepiscono il mondo solo come una guerra tra Luce ed Ombra che si equivalgono. Ma dirai: certo, sono Manwë e Melkor; Eru è sopra di loro" (HoME, X). Finrod l'aveva già ripreso severamente, qualche battuta sopra, sempre su questo tema "Guardati!' disse Finrod.' Guardati dal dire l'indicibile, con volontà o nell'ignoranza, confondere Eru con il Nemico che tanto desidera che tu faccia ciò. Il Signore di Questo Mondo non è lui, ma l'Uno che lo fece, ed il suo vicereggente è Manwë, il primo re di Arda, che sia benedetto." (Home, X). Si cerchi pure un passo dove Tolkien indirizzi una critica più severa al Manicheismo, non se ne troveranno di migliori...

Così, la dualità tra i gemelli Spenta Mainyu e Angra Mainyu dei mazdeisti non è senza somiglianze con quella, in Tolkien, tra Manwë e Melkor (vedere anche Lettere, n°211): non c'è l'antagonismo manicheista, non avendo il Creatore alcun oppositore diretto. Il conflitto si svolge interamente più in basso, senza intaccare la bontà, ormai indubitabile, di Dio/Eru.

6. Conclusione - Seguendo grandi teologi e antiche mitologie, Tolkien non si ferma, nei suoi racconti, ad una visione manicheista dell'universo. Oltre alla semplice opposizione tra bene e male sulla quale spesso si sofferma il lettore, è senza dubbio bene richiamare quegli elementi di storia delle religioni che abbiam sviluppato qui e di distogliere colui che, a riguardo, forzi la cosmologia tolkieniana: un'opera fantastica, certamente fittizia e soprattutto destinata all"incanto" del lettore, ma che ha saputo nientemeno trarre tutti i profitti da una riflessione religiosa abbozzata per sviluppare un immagine sfumata ed intelligente dell'origine del male.


Articolo redatto da Didier Willis (http://www.jrrvf.com/hisweloke/site/articles/mythes/manicheen/index.htm)
©2001-2002 Didier Willis. &JRRVF


 

           
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