Il Signore degli Anelli, tra leggenda e cristianesimo
Traduzione di Nausica Guanetti

rodo come Cristo, Elbereth e Galadriel elfiche rappresentazioni di Maria, il viaggio verso il Monte Fato tra dolore, morte e resurrezione, l'Anello emblema della tentazione.
In questa intervista recentemente rilasciata a The Ark, programma radiofonico tra etica e religione targato ABC, Stratford Caldecott, studioso cattolico, grande appassionato dell'opera di Tolkien e apprezzato autore di di “Secret Fire: The Spiritual Vision of J.R.R. Tolkien” ("Fuoco secreto. La visione spirituale di J.R.R. Tolkien", pubblicato da Darton, Longman & Todd) e " A Hidden Presence. The Catholic Imagination of J.R.R. Tolkien " ("Una presenza nascosta. L'immaginazione cattolica di J.R.R. Tolkien", collezione di saggi curata con Ian Boyd e pubblicata dalla Chesterton Press), sviscera l'opera del Professore delineando suggestivi paralleli sospesi tra mitologia e simbolismo cattolico.

Domanda: Il Signore degli Anelli è forse il più grande capolavoro della letteratura fantasy. Cosa spinse J.R.R. Tolkien, docente di anglosassone a Oxford, a scriverlo?
Stratford Caldecott: Tolkien riteneva che alla cultura inglese mancasse una grande saga mitologica. Una saga che affondasse le proprie radici proprio nella tradizione anglosassone. Una lacuna probabilmente causata dalla conquista della Gran Bretagna da parte dei Normanni. Il suo lavoro va quindi rivisto proprio in quest'ottica: il Professore voleva riscoprire le genuine radici del popolo inglese.

Domanda: certo. Ma Tolkien era anche un fervente cattolico profondamente segnato dai due conflitti mondiali. Non voleva forse dare nuova vita anche a valori prettamente cristiani, raccontando proprio una storia basata sull'eterno conflitto tra il Bene e il Male?
Stratford Caldecott: credo che questo sia un punto di vista riduttivo. Il cuore del SDA non è tanto la lotta tra il Bene e il Male. In realtà l'intera storia ruota attorno al tema della tentazione. La tentazione di usare l'Anello, per i più svariati motivi, ecco il vero fulcro del racconto. Questo rende il tutto molto più complesso di una semplice battaglia tra Bene e Male. In effetti il Male non è tanto un'Entità astratta, ma si annida nei cuori dei protagonisti, anche degli eroi. Ed è lì che essi devono affrontare la battaglia più dura.

Domanda: quindi l'Anello rappresenterebbe la fonte della tentazione?
Stratford Caldecott:
su una cosa Tolkien è sempre stato molto chiaro: il SDA non va considerato come un'allegoria, quindi non risulta poi così semplice rispondere a certi interrogativi. Ma senza dubbio la storia racchiude molti simbolismi e, per risponderle, l'Anello può rappresentare diverse cose, a seconda del punto di vista del lettore.
Per Tolkien credo che l'Anello rappresentasse uno dei peccati capitali: l'orgoglio. L'Anello era il potere, in particolare il potere sulle menti altrui. Quando compare per la prima volta nello Hobbit, nella prima versione dello Hobbit, in realtà si tratta di un semplice Anello che rende invisibile chi lo indossa. Successivamente e gradualmente i personaggi scoprono che questo piccolo oggetto ha ben altri poteri e ben altra valenza, fino ad arrivare al SDA in cui si scopre che è stato creato da Sauron in persona dalle voragini di fuoco del Monte Fato e che il suo scopo è quello di controllare il volere degli altri, uomini, nani o elfi che siano. Ecco, dunque, profilarsi il tema della tentazione cui accennavo prima. I, chiamiamoli, "buoni" cercano di usare l'Anello per il bene, per sconfiggere il male e riportare il mondo all'ordine e alla pace. Credono di poterlo fare attraverso l'Anello.
Ma, leggendo la storia, quello che arriviamo a capire (noi e i personaggi stessi) è che chiunque usi l'Anello viene corrotto. E' la solita vecchia storia, "il potere assoluto corrompe". L'Anello rappresenta la tentazione del potere, certo, ti rende invisibile, e l'invisibilità è un modo per sfuggire al controllo degli altri. Allo stesso tempo, usandolo, ti mette in condizione di usare il suo potere per determinare l'altrui volontà.
Se vogliamo Tolkien vedeva in tutto questo una stretta somiglianza con il potere che certe tecnologie ci danno e, infatti, spesso usava parlare dell'Anello come di una macchina. Un simbolo dei nostri tempi, del nostro modo di utilizzare le macchine per esercitare il nostro potere sugli altri e sul mondo stesso.

Domanda: ma Frodo, l'eroe del libro, non rinuncia all'Anello, lo vuole per sé. Che lezione ne possiamo trarre?
Stratford Caldecott:
ebbene, il climax nel SDA è proprio nel cuore del Monte Fato, dove Frodo giunge per completare la propria missione e dove decide di non distruggere l'Anello ma di rivendicarlo per sé.
Molti credono che, proprio in questo episodio, risieda la grande modernità dell'opera di Tolkien. Il classico eroe non avrebbe ceduto, sarebbe arrivato lì e avrebbe portato a termine la propria missione. Frodo no. Cede alla tentazione. Ecco perché la sua figura è estremamente moderna. Credo che la lezione sia abbastanza semplice: gli uomini sono più deboli di quanto pensino. Forse sono talmente deboli e corrotti dal Male da non poter resistere alla tentazione e al Male stesso.
Ma credo ci sia anche un secondo significato, magari più nascosto. Perché non dobbiamo dimenticare che, pur cedendo alla tentazione e reclamando l'Anello, Frodo è comunque giunto sul ciglio della voragine di fuoco e l'Anello, complice Gollum, viene in fine distrutto. Ecco, penso che la lezione possa proprio essere questa: anche se siamo troppo deboli per essere degli eroi, inteso nel senso più classico del termine, esiste comunque una sorta di "potere", "volontà" superiore che, se stiamo cercando di fare la cosa giusta, ci accompagna, aiutandoci a realizzare quel "Bene" che da soli non avremmo mai potuto raggiungere. Potremmo dire che la distruzione dell'anello avviene per un intervento della Grazia divina.

Domanda: e questo rappresenta la visione cristiana di Tolkien? Se non sbaglio il Professore scrisse in una lettera a un amico, credo un prete, che il SDA era fondamentalmente un racconto cattolico. Dove possiamo trovare riscontro di questo nella storia?
Stratford Caldecott: sottolineando comunque il fatto che Tolkien non voleva scrivere un racconto allegorico sul Cattolicesimo e che, evidentemente, anche chi non è di fede cattolica può gustare la storia indipendentemente dal simbolismo che nasconde, non possiamo negare che sì, il SDA racchiude molti temi cari al Cattolicesimo.
Frodo che porta l'Anello attraverso le desolate lande di Mordor di certo ricorda ai Cristiani Cristo che porta la Croce sulla via del Calvario, dove avverrà la crocifissione. Così come Gesù, Frodo cade molte volte sotto il peso crescente del suo fardello. In un certo senso potremmo pensare all'Hobbit che porta il peso dei peccati del mondo.
Ma, oltre a Frodo, molti altri personaggi percorrono una sorta di esperienza di morte e resurrezione. Aragorn che attraversa il sentiero dei morti e ritorna con nuove forze per la battaglia finale, Gandalf che muore nella lotta contro il Balrog a Moria e viene poi rimandato nel mondo per concludere la propria missione con poteri maggiori, una sorta di presenza angelica contro le forze del Male. Ecco altri episodi che, inevitabilmente, richiamano ai cristiani i simboli della morte e della resurrezione.
Altri simbolismi li possiamo trovare nel lembas. Nel pane elfico rivive il Sacramento dell'Eucarestia e, ricordiamolo, Tolkien era talmente devoto da andare a messa quotidianamente.
Infine potremmo menzionare un particolare che forse non tutti rilevano. L'Anello viene distrutto il 25 marzo, che per i Cattolici rappresenta l'Annunciazione, il giorno i cui la Vergine Maria concepì Gesù, la chiave di volta della lotta tra il Bene e il Male. Il «sì» di Maria a Dio è l'esatto opposto della volontà della creatura di usurpare potere per se stessa, incarnata da Adamo come da tutti coloro che vengono a contatto con l'anello.

Domanda: accidenti! Così anche la Vergine Maria ha a che fare con questa storia. Una storia prettamente maschile, però. Le donne hanno poco spazio, non è vero?
Stratford Caldecott:
sì, molte persone pensano al SDA come a un racconto "maschilista", ma credo si sbaglino di grosso. Certo si tratta di una saga che si svolge su binari tradizionali, guerre, battaglie, scontri. E' ovvio che la maggior parte dei personaggi rappresenti l'universo maschile. Ma ciò non toglie che le donne, anche se poche, abbiano un ruolo notevole, E questo lo hanno ben sottolineato anche Peter Jackson e i suoi collaboratori.
C'è la storia d'amore tra Aragorn e Arwen, per esempio, che per Tolkien era molto importante, anche se non spese molte pagine per raccontarla. Ma se andiamo ad analizzare attentamente il modo in cui le donne, in particolare quelle di razza elfica, vengono descritte, ritroveremo molti tratti comuni alla rappresentazione della Madonna nella tradizione cattolica. Galadriel è forse l'esempio migliore. E' la regina degli Elfi, aiuta la Compagnia con doni preziosi, rappresenta saggezza, serenità, comprensione e si ricollega a un'altra figura femminile, non presente fisicamente nella storia ma lasciata sullo sfondo: Elbereth. Elbereth la luce, presenza angelica che richiama ai celesti guardiani del mondo, venerata dagli Elfi e da loro associata al firmamento. Una devozione molto vicina alla devozione cattolica per Maria.

Domanda: credo sia molto intrigante anche la relazione tra l'amore di Tolkien per i miti nordici e la sua fede cristiana. Sembra difficile che un cattolico abbia trovato tanta ispirazione nella mitologia pagana. Come è riuscito a conciliare queste due correnti di pensiero?
Stratford Caldecott:
questa è una domanda interessante. Tolkien conosceva molto bene le leggende europee e i miti nordici in particolare. Basti osservare con attenzione la figura di Gandalf per scoprire, nel grigio pellegrino, molti tratti di Odino, spesso rappresentato come un uomo che vaga per il mondo in incognito. Ma non credo ci sia incompatibilità tra questo suo interesse e la sua fede. In definitiva molte delle leggende di un tempo sono pervenute a noi proprio grazie ad autori cristiani, come i fratelli Grimm. E credo che questi autori abbiano voluto tramandare determinate storie proprio perché vi trovavano valori degni di essere cantati.
Si pensa che il cristianesimo abbia voluto cancellare le religioni antiche, ma, in realtà, i cristiani non hanno mai smesso di raccontare quelle storie. Cristo stesso raccontava parabole e, come è evidente, si posso ritrovare moltissimi elementi mitologici anche nella Genesi. Non credo, in conclusione, che l'avvento del cristianesimo abbia messo fine alla mitologia. Ha solamente cambiato il modo di vedere la storia, ponendo come fulcro la nascita, la morte e la resurrezione di Cristo.

Ecco perché anche nel SDA mito e cristianesimo convivono. Per Tolkien la mitologia era un veicolo efficace per raccontare eventi troppo grandi perfino da immaginare.


 

           
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