Le guerre della Prima Era - II
di Elinyon

no dei fatti che maggiormente ha influenzato la storia della Terra di Mezzo, e che prelude alla chiusura della Prima Era, è di sicuro la Caduta di Gondolin, uno dei racconti che erano più a cuore a Tolkien, tanto che esistono varie stesure di esso; e di sicuro, la suspence che ci fornisce è quasi ineguagliata nei suoi scritti (se escludiamo, ovviamente, Il Signore degli Anelli).

Per prima cosa, dobbiamo distinguere chiaramente tra le fonti che il Maestro stesso (mi riferisco, chiaramente, a Tolkien) chi ha fornito: io citerò e prenderò spunti da "Il Silmarillion", (abbrevierò in Sil), dai "Racconti Incompiuti" (RI) e dai "Racconti Perduti" (RP). Quest'ultimo testo contiene la versione più vecchia del racconto, che dunque presenta differenze abissali con la versione definitiva del 1930 (quella del Silmarillion, che tutti conosciamo), ma è l'unica che sia insieme completa e soddisfacentemente estesa.

La caduta di Gondolin

Siamo nell'anno 511, sono passati trentotto anni dalla Nirnaeth Arnoediad, ed a Gondolin vi è stata pace. Tuor, figlio di Huor, è giunto fino alla città dai Sette Nomi, e si è insediato in essa, divenendo un principe, ma facendo sì che l'invidia cresca in Maeglin, nipote di Turgon; Tuor ha, infatti, sposato la bella Idril Celebrindal, figlia del re, e i due hanno avuto un bel figlioletto, Eärendil, uno dei due mezzelfi esistenti (l'altra è Elwing, figlia di Dior, figlio di Beren e Luthien). Dunque, tutto pare andare per il meglio, ma accade che finiscono le avventure/tragedie dei figli di Húrin, e questi, dopo anni di prigionia, viene liberato dalle catene; giunto vicino agli Echoriat, i Monti Cerchianti, invoca l'amico Elfo senza però ottenere risposta ("Turgon, Turgon ricordati delle Paludi di Serech! O Turgon, possibile che tu non mi oda nelle tue aule nascoste?". Ma nessun suono gli giunse in risposta, salvo quello del vento tra l'erba secca. "Proprio così sibilavano in Serech al tramonto" /Sil 287); così, non ricordando la strada, se ne va, ma le spie di Morgoth notano questo suo gesto, e riferiscono al loro signore; e così, cade il grande segreto di Gondolin. In seguito Maeglin (Meglin nella versione di RP), uscito dalla città contro il volere di Turgon, viene catturato poco lontano dagli Echoriat dalle spie di Morgoth (Melko in RP); di lui si dice che "non era né un debole né un pusillanime", (da notare come, in questo passo, lo stile sembri enormemente quello dei grandi storiografi latini, come Sallustio; e proprio come quest'ultimo, Tolkien esalta il nemico, per rendere ancora più eccellente poi la vittoria di Tuor), ma dopo i tormenti di Angband, assieme anche alla promessa di divenire sovrano di Gondolin e risposare Idril, il principe figlio di Eöl, che già cova risentimento verso Tuor, decide di rivelare la posizione di Gondolin, e di facilitare la battaglia a Morgoth conducendo la sua casata contro Tuor stesso. Nei Racconti Perduti, si fa menzione solo a quest'ultima parte; e per di più, manca la finezza stilistica dell'esaltazione di Maeglin: in RP il figlio di Eöl cede ai nemici senza nemmeno una tortura; e tutto questo per portare la rovina a Tuor ed Eärendil (Eärendel in RP); RI non ha nulla di tutto ciò, perché sventuratamente si ferma all'arrivo di Tuor a Gondolin.

A proposito delle casate, in Sil si menzionano solo la casa della Fonte, guidata dal nobile Ecthelion, e quella del Fiore d'Oro, che ha a capo il famoso Glorfindel dai capelli gialli (lo stesso che, migliaia di anni dopo, accorrerà da Aragorn e Frodo prima del guado del Bruinen). In RP, invece, si ha un'accurata distinzione delle undici (dodici se comprendiamo anche la casata reale di Turgon) stirpi di Gondolin, e di ognuna si dicono le caratteristiche principali.

Per primi vediamo gli Elfi del Cuore Scarlatto, cioè Turgon ed i suoi seguaci; abbiamo poi la gente dell'Ala Bianca, cioè quelli di Tuor, quelli della Talpa, cioè la truppa di Maeglin; poi vi sono le genti della Rondine, con a capo Duilin, il più grande arciere su bersaglio, e quelle dell'Arco Celeste, comandate da Egalmoth, le cui frecce volano più lontane di quelle di chiunque altro. Ci sono anche le genti del Pilastro e della Torre di Neve, comandate da Penlod, il più alto di tutti i Noldor, ed ancora vi sono gli elfi dell'Albero, guidati dal valoroso Galdor, e quelli del Fiore d'Oro, capitanati da Glorfindel dalla chioma d'oro, uno dei più belli dei Noldor. Continuando, troviamo le genti della Fonte, guidate dal nobile Ecthelion, "dalla voce di musica", quelle dell'Arpa, che andavano in battaglia sotto il vessillo del malvagio Salgant, ed infine, ma non certo meno importanti, vi erano le genti del Martello d'Ira, il cui capo era Rog, il più forte di tutti i Noldor. Sarebbe interessante sviscerare le descrizioni di ogni singolo schieramento, e le caratteristiche di tutti i capitani, ma non è questo il luogo adatto: tratto dell'aspra battaglia che ha infuriato per le bianche vie di Gondolin, non del suo stato in pace. Meriterebbe anche un confronto accurato della descrizione della figura del nobile Ecthelion della Fonte, di cui Tolkien ci fornisce due profili tanto accurati quanto diversi in RP ed RI.

Inizia dunque la battaglia. In Sil, come sempre,si ha una descrizione molto sommaria della lotta: si dice che Morgoth liberò quasi tutte le sue forze, usando Balrog, orchi, draghi della stirpe di Glaurung e lupi. Si dice che vi furono innumerevoli gesta di grandissimo valore, come il glorioso duello tra Ecthelion e Gothmog, e la tragica caduta della torre di Turgon, difesa fino all'ultimo dai suoi familiari. Si dice poi che Tuor riesce a salvare Idril ed Eärendil dalle grinfie di Maeglin, e che battutolo, lo scaglia giù da Amon Gwareth. Per ultima cosa, si accenna alla ritirata di Tuor ed Idril, attraverso Cirith Thoronath, e l'estremo duello tra Glorfindel ed un Balrog, su un pinnacolo roccioso.

Essendo la versione di RI sventuratamente incompleta (e dico sventuratamente perché la prima parte di essa, cioè il viaggio di Tuor, è molto dettagliata ed avvincente, e dunque anche la seconda parte sarebbe stata accuratissima), la fonte principale sulla Caduta di Gondolin, ed anche la più interessante è quella di RP. Per prima cosa devo fare un accenno sul concetto di Balrog: nelle versioni più tarde, i Balrog sono pochi (sette o nove), e dal potere eccezionale (i Balrog sono più o meno la versione malvagia degli Istari, a cui appartengono Gandalf e Saruman; e dunque, il loro potere supera di gran lunga quello della maggior parte dei figli di Ilúvatar); in RP, invece, si accenna a orde di questi demoni, e si dice che centinaia ne morirono nel giorno della Caduta di Gondolin; ma esaminerò questo più nel dettaglio più avanti.

Il tutto inizia al grande consiglio di guerra dei nobili di Gondolin, a cui erano presenti proprio tutti: Turgon e Tuor, Duilin, Egalmoth, Penlod, Rog, Galdor, "l'aureo Glorfindel ed Ecthelion dalla voce di musica"; ed anche Meglin e Salgant. Alle notizie dell'imminente attacco, Tuor e tutti i nobili volevano uscire allo scoperto, assaltando il nemico di sorpresa; e tutti erano d'accordo, anche se c'erano opinioni diverse sul piano migliore; solo Salgant e Meglin, invece, parlano diversamente, e pungono Turgon nell'orgoglio che lui cova per la sua città ed i suoi tesori; e così, sebbene siano in minoranza, i due convincono Turgon a rimanere in città, contro il parere degli altri nobili; e si dice che Tuor, sapendo che Gondolin sarebbe caduta a causa del fraudolento consiglio dei due, "lasciò l'aula del re in lacrime".

Inizia allora la vera e propria battaglia, con draghi di fuoco (come Glaurung) ed altri di ferro e di bronzo che si gettano all'attacco. Alcuni serpenti meccanici scalano i bastioni, e riescono ad aprire le porte; e nulla possono le catapulte di Turgon, cosicché gli orchi hanno via libera, entrando in città. Allora Rog e Galdor, e con loro tutte le genti del Martello d'Ira e dell'Albero, si lanciano contro il nemico, brandendo i loro martelli e le loro mazze, e "gli orchi caddero come foglie"; e nel frattempo anche le genti della Rondine e dell'Arco colpiscono con una gragnola di frecce "pari alle buie piogge d'autunno", ed uccidono molti nemici; ma anche molti Gondothlim (abitanti di Gondolin, detti anche Gondolindrim in fonti successive) cadono sotto il fuoco amico.

Nel frattempo Tuor ed i suoi dell'Ala combattono con forza, dirigendosi verso la casa del fedifrago Meglio, che raggiungono mentre, rapiti Eärendel ed Idril, sta per gettare l'uno nel fuoco, ed è in procinto di rapire l'altra e portarla via con sé. Tuor, che Salgant non è riuscito a trattenere (aveva avuto paura, e si era precipitato a casa, tremante), raggiunge dunque Meglin, essendo che gli uomini della Talpa, sdegnati per il comportamento del loro signore, si allontanano da lui; ma Tuor balza su di loro, e ne compie strage, finché riesce a salvare Eärendil appena in tempo, e scaglia Meglin giù da Amon Gwareth (esattamente come in Sil) dopo una breve lotta. La furia di Tuor è tale che il numero degli uomini della Talpa non basta, e questi vengono sconfitti in fretta. Il principe ed i suoi Elfi dell'Ala accorrono allora verso la Porta, dove trovano la situazione molto difficile: Duilin, signore della Rondine, è morto a causa di un dardo, e dunque sono già morti due dei dieci principi di Gondolin.

Accade, però, che Rog con furia sprona i suoi all'attacco, con un alto urlo di guerra; e brandendo la sua mazza si fa strada fino alla Porta; gli Elfi del Martello d'Ira compiono allora una delle imprese più gloriose dell'intera storia degli Elfi, decimando le schiere dei Balrog, e si dice che "il numero dei Balrog che perirono laggiù fu oggetto di terrore e meraviglia per le schiere di Melko, poiché prima di quel giorno nessun Balrog era stato ucciso per mano di Elfi o Uomini". Gothmog, allora, vista la situazione, manda un gruppo di Balrog a trattenere l'avanzata di Rog, e tutti gli altri li spedisce vicino alla Porta, in modo che Rog non possa tornare indietro, a meno di grandi perdite; ma il valoroso Elfo si getta in avanti, e così con lui i suoi uomini impavidi, il cui valore rimarrà ineguagliato; e dunque, quegli Elfi inseguono fino alla pianura il gruppo di Balrog che hanno davanti "ora per tremenda necessità piuttosto che per astuzia". Però, la sortita costa caro a quelli: accerchiati da orchi e Balrog, e trovandosi ad affrontare un drago, muoiono tutti attorno a Rog, ma a quale prezzo per Gothmog ed i suoi! Si dice che ogni Elfo del Martello d'ira abbia strappato "la vita a sette nemici in cambio della sua". Ma la situazione diviene sempre più drastica, per la morte di Rog ed, in città, di Penlod l'alto: sono ormai solo sei i principi di Gondolin.

Vi sono molte perdite sulle mura, scalate dai "diavoli di Melko", specialmente nelle genti della Rondine e dell'Arco Celeste, ma in verità la situazione volge leggermente a favore dei Gondothlim: le perdite nelle schiere di Gothmog sono molto più consistenti che in quelle dei Noldor, e molti Balrog sono caduti, provocando il terrore nelle file di Angband. A migliorare le cose per i Noldor giungono gli Elfi della Fonte, finora tenuti di riserva da Turgon, al suono dei flauti, brillando di cristallo ed argento; ed "Ecthelion dalla bella voce gridò di sguainare le armi", balzando sui nemici subitaneamente, e sotto le loro lame cadono il maggior numero di orchi che mai il popolo degli Eldalië abbia visto morire, in una sola battaglia.

Avviene dunque che Tuor ed Ecthelion si affiancano, e combattono insieme le loro genti, incalzando gli orchi fino alla Porta; ma giungono in soccorso alcuni draghi; Tuor raduna allora sotto il suo vessillo anche molti sbandati dell'Arco Celeste e della Rondine, e lui ed Ecthelion decidono di resistere lì, nonostante le fiamme dei draghi. I due, Elfo ed uomo, spacciano molti capitani degli orchi, e giungono, da soli, dai Balrog; e le loro gesta individuali sono ineguagliate: Ecthelion uccide ben quattro demoni, e Tuor, brandendo la sua ascia Dramborleg, ne spaccia addirittura cinque. "Ma pochi non possono combattere a lungo contro molti", e sventuratamente Ecthelion viene colpito, ed il braccio che regge lo scudo spezzato, cosicché Tuor deve sorreggerlo, e i due devono ripiegare. Tuor salva così Ecthelion della Fonte, ma gli orchi si sono impadroniti ormai di tutta la parte settentrionale della città, e premono per entrare nella piazza della Fonte, dove però il solo Galdor, con pochi dei suoi uomini, resiste strenuamente.

Allora Galdor riesce a salvare i due valorosi da morte certa, ed insieme si ritirano nella Piazza del Re, e con loro è un buon battaglione di Elfi della Rondine, dell'Arco Celeste, dell'Albero, dell'Ala e della Fonte. Ad aiutarli giunge dunque Glorfindel, e con lui gli uomini del Fiore d'Oro, dopo un grande scontro nella parte orientale della città; e nello stesso tempo, anche gli Elfi dell'Arpa, disobbedendo agli ordini di Salgant, il loro codardo signore, giungono nella Piazza del Re; e non solo, anche Egalmoth, abbandonato il suo arco, raccoglie gli ultimi sopravvissuti dell'Arco e della Rondine, e con loro, e radunando donne e bambini, si fa strada verso la Piazza, e si riunisce agli altri principi. In quel punto si raduna almeno un rappresentante di ogni stirpe, tranne che del Martello d'Ira, i cui componenti sono tutti periti attorno a Rog nella gloriosa sortita; e le genti del Cuore Scarlatto, rimaste attorno al re, sono ancora intatte e riposate.

Giungono però allora sette draghi e molti orchi, e gli Elfi lì riuniti danno inizio alla più disperata quanto ostinata resistenza della storia del popolo degli Eldalië, e di Egalmoth e Tuor si dice che "si spostavano da un luogo all'altro della difesa, mentre però Ecthelion giaceva presso la fontana". Tuor, separato da Egalmoth, indietreggia fino alla fontana centrale, ma giunge "Gothmog in persona, signore dei Balrog e figlio di Melko"; e Tuor forse non riuscirebbe a vincere, se Ecthelion, "il più bello dei Noldor", dalla voce di musica e pallido in viso, si gettasse contro il demone; ma nonostante il valore del principe, Gothmog sta per avere la meglio. Deciso a morire per la sua città ed il suo amico, allora, Ecthelion si lancia, e colpisce in pieno petto il Balrog con il suo elmo, facendolo cadere nella fontana; e i due affogano insieme, l'uno essendo una creatura di fuoco, l'altro essendo ferito e molto pesante per i suoi armamenti.

Piange allora Tuor la morte dello splendido amico, ma nel medesimo momento, vedendo l'incertezza del nemico di fronte alla morte del loro capitano, scendono in battaglia anche gli uomini del Cuore Scarlatto, e con loro Turgon stesso combatte, e loro uccidono ben quaranta Balrog ed un drago; e si dice che uccidere un drago è impresa ben più ardua di spacciare quaranta demoni (ennesimo segnale del cambiamento di prospettiva di Tolkien: se pensiamo che nella Terza Era Smaug viene sconfitto da una sola freccia, piazzata nel punto giusto, mentre Gandalf, per avere la meglio sul Balrog, rischia di morire; e la magia di Mithrandir è di sicuro più potente di una freccia, e lui, essendo un Maiar, è molto più forte di Bard di certo). Però, nonostante le gloriose gesta di tutte quelle genti, Gondolin deve cadere, e questo Turgon, vicino alla morte, lo sa bene; suggerisce che i superstiti fuggano e si mettano in salvo, poi, abbandonata la corona, sale da solo sulla torre, e grida forte, in faccia agli orchi: "Grande è la vittoria dei Noldoli" (Noldoli è il nome di RP per Noldor).

Tuor, allora, cerca di convincere il re a fuggire per la Via segreta che Idril ha fatto scavare negli anni; ma Turgon, irremovibile, rimane sulla torre, deciso a perire con la sua città, come il capitano di una nave, che affonda con essa; e così, gli uomini del Cuore Scarlatto ancora in vita rimangono ai piedi della casa del sovrano, per difenderla fino all'ultimo, come nobile atto di coraggio; è mezzanotte, ed in città si è combattuto per più di quattro ore; ma l'assedio è durato quasi tutta la giornata.

E dunque Idril, Tuor ed Eärendel fuggono, e con loro vi sono Voronwë, amico del principe, ed anche Glorfindel, Galdor ed Egalmoth; sono questi gli unici dei dieci principi ad essere sfuggiti alle fiamme ed alle armi dei nemici: solo quattro su dieci. E qui vi è il dolce e toccante momento del distacco: Eärendil che ricorda alcuni degli Elfi che gli sono stati cari, quali Salgant ed il buon Ecthelion: il primo soleva intrattenere il piccolo con storie buffe, mentre il secondo suonava per lui, oppure gli fabbricava flauti di salice; ma i due non ci sono più, così come non ci sono più Meglin, Turgon, Penlod, Duilin e Rog.

Ma nonostante stiano ormai fuggendo, non è finita: un agguato rischia di eliminarli, ma le aquile che risiedono sui monti accorrono in loro aiuto; e tuttavia, Glorfindel dai capelli d'oro si ritrova a combattere solo contro il demone, vestito nella sua splendente armatura dorata. Con balzi enormi i due giungono a pugnare su un pinnacolo instabile, e qui il valore dell'Elfo sembra sopraffare la malvagità del Balrog; ma questi, poco prima di cadere, colpito molte volte dalla rapida spada del principe, afferra con una delle sue zampe i lunghi capelli di Glorfindel, i quali uscivano dall'elmo, e lo trascina con sé nell'abisso.

Così termina l'estenuante assedio di Gondolin, anche se le disavventure e le vite di quei prodi vanno avanti: Tuor e Idril si perderanno in mare, cercando Ulmo; Egalmoth seguirà Eärendel, ma verrà ucciso quando Melko (oppure Maedhros, secondo Sil; qui non si accenna mai ad Egalmoth, ma Elwing è rapita proprio dai figli di Fëanor) attaccherà Elwing (moglie del giovane Eärendel, figlia di Dior, figlio di Beren e Luthien); Galdor farà lo stesso, ma riuscirà a sfuggire a quel giorno tremendo; e di Glorfindel si sa (ma questa è una notizia che compare solo in Sil) che si reincarnerà in Valinor, per poi tornare nuovamente nella Terra di Mezzo, ed abitare così con Elrond, figlio di Eärendel, a Gran Burrone.

Di questa battaglia, così lunga da narrare, si potrebbe parlare all'infinito: potrei istituire molti paragoni tra questo scritto ed i classici greci e latini, sia parlando di alcuni personaggi, sia dello stile, sia di alcuni topoi (forme ricorrenti) letterari. Potrei parlare per pagine del valore della lealtà e del coraggio tra gli Elfi, con un parallelo con la filosofia orientale ed, in particolare, con quella giapponese (lo sprezzo della morte in favore di un atteggiamento onorevole, leale e valoroso); le differenze con altri testi di Tolkien, soprattutto con quelli più tardi; i valori simbolici dei personaggi (ognuno eccelle in una caratteristica: bellezza, altezza, forza, valore, voce, e molte altre), e molte altre cose ancora; ma risulterebbe un lavoro troppo imponente, di non facile lettura.

Mi limiterò a far notare come questa battaglia sia la più grande esaltazione del valore degli Elfi, ed il più grande documento che testimonia la superiorità di questi nei confronti degli uomini: sebbene sia assai controversa la questione dell'altezza degli Elfi (non si sa bene se Tolkien li considerasse più o meno alti e robusti degli umani: parrebbe che in origine fossero più forti e prestanti, ma con il tempo siano andati perdendo le loro originarie caratteristiche), non si può certo negare che il valore di questo bel popolo è ineguagliato ed ineguagliabile, così come l'illimitato coraggio che gli elfi dimostrano. Dunque, quando qualcuno vi parlerà degli Elfi come i soliti pestiferi folletti delle fiabe nordiche, beh, potrete stupire questi ignoranti con le grandi gesta di Ecthelion, di Galdor o di Glorfindel, e di tutti gli altri grandi principi, in quel giorno fatale per il popolo degli Eldalië.

 

Federico Vigorelli Porro

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