Questione di archetipi
di Nilfalathiel

n racconto fantasy.
Così è stato spesso -e riduttivamente- definito il capolavoro del professore di Oxford.
Ma "Il Signore degli Anelli" è molto di più.
Perché all'interno della storia del faticoso viaggio dell'hobbit Frodo, si intrecciano a creare una meravigliosa armonia, elementi della grande letteratura del passato.
E non poteva essere altrimenti!
I Latini parlavano di "contaminatio", cioè quella tecnica letteraria che prevedeva l'unione di due o più opere preesistenti (in genere appartenenti alla letteratura greca) per crearne una nuova. Dunque utilizzando una sorta di contaminatio (nel senso lato del termine), Tolkien ha attinto dai suoi grandi- ed illustri- predecessori gli "archetipi" attraverso i quali ha creato i personaggi de IsdA.
Su tutto domina il grande tema del viaggio, dell' "homo viator".
Ed è proprio questo tema che accomuna il SdA all'epopea del viaggio per eccellenza: L'Odissea.
Frodo come Ulisse: due viaggiatori ostacolati dai medesimi pericoli, con lo stesso desiderio di riuscire a sopravvivere. Lo stesso desiderio del "nòstos", del ritorno a casa, ad Itaca la petrosa, come alla verdeggiante Contea.
Ma il tòpos dell'homo viator fu anche al centro della visione medievale della vita: l'uomo, un viandante, un pellegrino di passaggio sulla terra verso la sua vera patria celeste ("Inquieto è il mio cuore finché non riposi in te, o Signore"- S.Agostino).
Sicuramente da tale visione trasse spunti e suggestioni Dante Alighieri, per la sua Commedia, nella quale il poeta stesso compie un viaggio, attraverso i tre regni dell' Oltretomba, affinché serva da "memento" all'intera comunità (non dimentichiamo il ruolo di "poeta vate" di Dante!). E nel corso di questo viaggio può contare su una guida d'eccezione, Virgilio, così come Ulisse può contare sulla glaucopide Atena figlia di Zeus egioco, e Frodo sul Grigio Viandante.
Ma ritorniamo al nòstos, il ritorno.
Il nòstos nel SdA, così come nell'Odissea, diventa una meta che può raggiungere solo chi sa di meritarla, chi si dimostra in grado di ottenerla, grazie alle proprie capacità personali, alla propria "aretè".
Ulisse è furbo, Frodo è coraggioso.
Ed è proprio questo suo coraggio che lo fa apparire ai nostri occhi un "eroe", che non si tira indietro mai ("Prenderò io l'Anello! Ma non conosco la strada."), ma si sacrifica per il bene della comunità.
"Accade sovente così, quando le cose sono in pericolo: qualcuno deve rinunciare, perderle, affinché altri possano conservarle"!
E nella grande letteratura del passato possiamo trovare un elenco non indifferente di "archetipi" che rientrano nell'albo degli eroi
Ricordiamo l'Orlando della "Chanson de Roland", paladino di Carlo Magno, che muore eroicamente in un'imboscata dei Saraceni, nel famoso passo di Roncisvalle.
Oppure l'Ettore dell'Iliade, che accetta di combattere- valorosamente- contro Achille per il bene di Troia.
"Né così mi detta il mio cuore [restar lontano dalla battaglia] perché imparai ad essere prode e a battermi sempre in prima fila" si legge nel Libro VI dell'Iliade.
Addirittura possiamo annoverare in questa schiera di eroi Gesù Cristo*, ".crucifixus etiam pro nobis.".
In questi termini, la figura dell'hobbit Frodo rimanda a quel fervente cattolicesimo che infiammò l'intera vita di Tolkien.
Dunque, il semplice, il "Perian", il Mezzuomo che riscatta l'intera comunità, venendo quindi ad incarnare l'archetipo dell'eroe cristiano.
Un eroe che in ultimo sta per vacillare, ma che alla fine riesce nell'intento in vista di quella "misericordia" che egli aveva usato con Gollum.
O forse, più che di misericordia, qui potremmo parlare, usando un termine tanto caro al Manzoni, di "provvidenza".
Ma provvidenza nell'accezione più puramente latina de termine (da pro-video: vedo lontano, vedo prima).
Quella stessa provvidenza per cui Bilbo non uccide lo stesso, miserabile Gollum.
Ritornando ancora una volta al tema del viaggio, possiamo facilmente arguire come un uomo che viaggi sia anche un uomo che finisca- inevitabilmente- col mettersi in discussione. Attraverso "katàbasi" ed "anàbasi"- alti e bassi- modella il proprio "io", pervenendo ad una situazione diversa da quella di partenza.
Infatti, il Frodo che ritorna dalla Guerra dell'Anello è più saggio, più maturo e anche più triste del giovane hobbit che girovagava tra Casa Baggins ed i verdi prati della benamata Contea.
Tutto ciò fa meritare al SdA il titolo di "racconto di formazione" a tutti gli effetti.
Ma anche il racconto di formazione ha alle spalle una grande tradizione, che affonda le sue radici in quei riti d'iniziazione che sancivano il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta.
Dunque questo cammino di formazione lo riscontriamo nel Siddharta di H. Hesse (Siddharta),che passa di esperienza in esperienza per raggiungere infine il "saggio sorriso di Gotama, il Buddha".
O ancora nel pastorello Santiago de "L'Alchimista", di Paulo Coehlo, che attraverso un avventuroso viaggio (il viaggio, ancora una volta!) giunge infine alla conoscenza di sé, dell'Anima del Mondo, dell'Amore e del Linguaggio Universale.
E ancora in Andreuccio da Perugia (Decameron, II 5), l'ingenuo mercante che grazie ad una serie di "cadute", ci guadagna in denaro ed esperienza.
Lo già nominato Ulisse, che giunge infine alla completa riaffermazione della propria identità.
Ed in ultimo, lo stesso Bilbo Baggins, che grazie a quel famoso viaggio ".ci guadagnò.bene vedrete se alla fine ci guadagnò qualcosa!", come dice lo stesso Tolkien ne "Lo Hobbit".
Anche l'epilogo del SdA presenta un certo "déjà-vu".
Infatti, Frodo, alla fine della storia, riparte, alla volta delle Terre Imperiture, segnato troppo a fondo dal "grande viaggio" ("Sono stato ferito troppo profondamente, Sam.").
Allo stesso modo Ulisse, il quale però riparte alla ventura ("Ancora alla fine di tutte le prove non siam giunti./ Per molte città di mortali [Tiresia] ordinava ch'io vada, in mano tenendo il maneggevole remo./ Morte dal mare mi verrà, molto dolce." Odissea, Libro XXIII ).
E ci sarebbe tanto altro ancora da dire. ma "questa è un'altra storia"!
Io per il momento m fermo qui, sperando di essere riuscita a dimostrare che l'opera di Tolkien è ben più che una semplice rivisitazione di antichi miti: l'ultimo tentativo, in ordine di tempo, di creare un'epica di profondo spessore, che affonda le sue radici negli albori della storia umana.


Grazia D'Aiello
Nilfalathiel

[*] Con tutte le cautele del caso, ovviamente... [GC]


Bibliografia

" Il Signore degli Anelli " , J.R.R. Tolkien, traduzione di Vicky Alliata di Villafranca, Rusconi

" Lo Hobbit " , J.R.R. Tolkien, traduzione di Elena Jeronimidis Conte, Bompiani

 

           
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