J. R. R. Tolkien: "Il Signore degli Anelli" - Mitologia, Filosofia, Allegoria
"Facharbeit" - Saggio di Manuel Steiner, scritto nel ´00 p.r.i.

er un certo numero di differenti ragioni, Il Signore degli Anelli contiene vari livelli di retorica e stile. Un punto è che doveva essere stampato in parecchie copie a raggiungere un pubblico esteso ed anonimo, non un circolo privato di amici cui Tolkien potesse leggere il libro ad alta voce. Il punto di vista della critica per cui "la disunifornità di tono, l'occasionale sciatteria delle metafore e simili, (...) può essere dovuta in parte a tale incertezza circa la risposta dell'uditorio." (Moseley, 43; mio corsivo) è edificato su questo fatto. A causa di ciò, Tolkien ebbe a tralasciare un certo ammontare di narrazione dallo stile elevato che usò in opere precedenti; ed il livello del linguaggio si eleva con quello dell'azione soltanto dalla conclusione del libro uno. Prima di essa, specialmente quando l'azione stessa è ancora nella Contea, Il Signore degli Anelli era congegnato come un diretto seguito a Lo Hobbit, usando quegli espedienti stilistici atti a creare un libro per bambini.
Più tardi, l'autore è ancora a confrontarsi con il compito di allineare la parlata dei personaggi al loro sottofondo culturale, siccome ha di che sviscerare "differenti mondi di parole" (Moseley, 44). Invero, è chiaramente visibile che Tolkien non fece null'altro che collegare espressione e scelta dei vocaboli al modo di pensare del personaggio; con orchi e vagabondi usando discorsi semplici e crudi, gli alti elfi parlando solennemente e con tono elegiaco, ed i Rohirrim rassomigliando agli antichi Anglosassoni nei loro toni melodicamente rimati, eroici.
Toni medi ed una certa letizia sono presenti negli hobbit, per quanto il loro stile colloquiale e le parole ci sono familiari. Lo stile elevato è conseguito dalle proposizioni di Tolkien che spesso si ritrovano solenni, parallelistiche e polisindetiche, come la descrizione dell'arrivo dei Rohirrim a Minas Tirith (comp. LOTR, 820) oppure il passaggio in cui lo splendido Re Aragorn Elessar è ammirato entrare nella città (comp. LOTR, 947).
Ad un tale stratagemma linguistico se ne accompagna un altro, il "levare il registro linguistico e [l'uso di] deliberati arcaismi" (Moseley, 51). Di questi ultimi Tolkien ne fornisce molti: antiche forme per vocaboli comuni, scrivendo "hither", "thither" e "whither" oppure "nigh", "naught" and "aught", ed attraverso arcaiche espressioni non più, almeno non frequentemente, usate: il solenne "tidings" per il modernistico "news", oppure la frase "to be loath to" invece di "reluctant". Per quanto formali ed elegiache esse possano essere, sono anche talvolta in contrasto con altre frasi, ed a causa della complessità della narrazione, una unità di stile e linguaggio non è mai conseguita; solamente un relazione isomorfica fra espressione e personaggio la quale equipara l'impressione che "Tolkien non sembra mai risolvere appieno i problema del livello retorico" (Moseley, 42).
I poemi che Tolkien intercala per lo più si adattano alla rispettiva retorica e pure al sottofondo culturale del personaggio. Gli Hobbit hanno versi ridanciani, talvolta sconvenientemente umoristici, "filastrocche", come sono definite frequentemente da Shippey. I poemi Elfici esprimono la dignità e solennità della loro razza con il loro ritmo melodico, che è, in quei versi conservati solamente in Sindarin, anche il solo aspetto che il lettore realizza. Speciale attenzione è posta sulle rime e canti dei Rohirrim, e più di una volta essi rassomigliano ai loro modelli, l'antica poesia Anglosassone ed eminentemente l'Antica Norrena più che nella mera struttura. Questi sono poemi in rima melodica, con gli eroici ideali e la furia del loro popolo espressa nei loro canti, ma ve ne sono di paralleli alla Edda Poetica in un grado imitativo, per giunta: quindi il grido di battaglia di Théoden mentre carica rammenta chiaramente un rigo nel Voluspá. Ivi la fine del mondo è descritta con le parole "axe-age, sword-age / sundered are shields / wind-age, wolf-age / ere the world crumbles"[1] (Moynihan,330; citato da Lee M. Hollander, The Poetic Edda, 9); il grido di Théoden imita questo sia nel ritmo che nel sighificato, ed utilizza anche parole simili: "Saran scosse le lance, frantumati gli scudi, / e rosso il giorno prima dell'alba!"[2] (SdA, 1006). Similmente, la Lunga Lista degli Ent alle pagine 568 e 711 appare come un poema di sapienza tal quale al Grímnismál, dal momento che ambedue raccontano dei nomi di oggetti e creature viventi. Ma come mostra il primo esempio, tale parallelo è appena formale, con differente contesto, e non una allegoria, il che proverò più oltre. Con l'amore di Tolkien per la poesia, vi sono tuttora molti poemi i quali non apportano migliorie all'insieme del romanzo, ed è vero che i "poemi funzionano realmente soltanto quando saldamente collegati al loro contesto narrativo, ad innalzare quel momento." (Moseley, 51).


[1] "Era dell'ascia, era della spada / disgiunti sono gli scudi / era del vento, era del lupo / prima che il mondo si sgretoli" (N.d.T.)

[2] Nell'edizione inglese il secondo verso inizia con le parole sword-day "giorno della spada" (N.d.T.)

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