J. R. R. Tolkien: "Il Signore degli Anelli" - Mitologia, Filosofia, Allegoria
"Facharbeit" - Saggio di Manuel Steiner, scritto nel ´00 p.r.i.

a maggior parte, se non tutta, la filosofia ne Il Signore degli Anelli è basata sulla visione cattolica della vita propria di Tolkien. In questo, come in molti campi della sua narrativa, Tolkien ebbe una peculiare opinione con senso e comprensione dell'arcaico, dal quale ponderò, per quanto addietro fossero, i principi dei primissimi fondatori della chiesa. Il compito affidato da Dio di creare nel nome del Signore soggiace all'atteggiamento di Tolkien di essere meramente un curatore, un sub-creatore. Il sottomondo che egli creò è radicato nella nostra realtà, che a sua volta ha radici in Dio stesso.

Religione e retroscena religiosi
Eziandio, lo spirito trascendentale può dirsi soggiacente a tutto il libro, così come le sue "vedute [Cristiane] sono alla base di tutta la narrativa di Tolkien" (Moseley, 11). Tale allineamento della sua narrativa in un certo modo alla volta della metafisica è dovuto alla credenza nell'aldilà migliore se comparato alla terra, il quale è centrale nella Cristianità; come sant'Agostino, un padre della chiesa che scrisse il De Civitate Dei - La Città di Dio - indicò, "qui non v'è città eterna, qui non v'è che perduri." (Moseley, 13). L'uomo fu insignito da Dio della responsabilità di creare, e così è logico che nella creazione di un fedele Cristiano, "si può leggere il volere di Dio" (Moseley, 20). In Tolkien stesso, l'uomo era un essere caduco, bisognoso del perdono e della grazia del Signore, che ama il suo creato e lo conduce a nuova gloria dopo una grande fine; dopo un grande conflitto tra i fondamentalmente scissi Bene e Male. Tali forze, fa notare Moseley, volgono l'universo in "un luogo di scontro" (Moseley, 60). La Terra di Mezzo certamente è un tal luogo, è un "campo di battaglia del costante conflitto morale" (Moseley, 63), e l'ideologica presa di posizione rende il conflitto più terribile che non se fosse uno scontro materiale, poiché il male trae diletto nei suoi atti per suo proprio gusto, non a causa dei benefici della malignità. In tale cosmologia, il male ha sempre l'iniziativa, ed un iniziale vantaggio. A causa di ciò, appare a tutta prima come un disperato scontro dei piccoli contro l'incessante potere dell'oscurità, ma alla fine, non da ultimo in seguito ad intervento celeste, le potenze del bene sono sempre trionfanti.
Tale presa di posizione deriva da due differenti vedute del male che Shippey spiega nel suo "Road to Middle-earth": quella di Boezio e la Manichea. Nella visuale di Boezio, uno dei primi filosofi Cristiani, il male è effettivamente nulla, meramente l'assenza del bene; pertanto non può creare ed esso stesso non è creato. Siccome non può esistere dove vi sia il bene, è alfine destinato a perdere. La visuale Manichea è quella in cui il male è reale e pone un'immediata minaccia. Il bilico fra bene e male causa un eterno scontro fra entrambe le forze (comp. Shippey, 128f.). Per farla breve, per Boezio il male è il difetto del bene, ove il male Manicheo esiste di per sé come una controparte del bene. Tale contrasto si riflette nella natura dell'Anello: è incerto se esso sia un essere senziente di suo, il quale corrompe i suoi portatori per sua propria malignità, oppure se sia solo un gingillo che amplifica pensieri ed intenzioni già esistenti negli animi dei portatori. La questione del male in tal modo è se esso sia "un'intima tentazione oppure un potere esterno" (Shippey, 131). Tolkien mostra una combinazione di ambedue le visuali nel suo romanzo, ma una tendenza verso quella di Boezio può leggersi dalla sua atteggiamento nei confronti di una epitome del male nella Terra di Mezzo, le ombre: "Le ombre sono assenza di luce e così non esistono in sé stesse, ma sono visibili e palpabili proprio come se lo fossero. Quella è esattamente la visuale di Tolkien del male." (Shippey, 133; mio corsivo).
L'approccio che il bene deve avere nei confronti del male è, a parte la coraggiosa lotta (la quale sarà argomentata più avanti), trattare il male col bene. Rispondergli con pietà e misericordia, come Frodo fece con Gollum, è la più alta mira nel conflitto da ambo i lati. Ne Il Signore degli Anelli, è come Gesù disse: "Perdonate e vi sarà perdonato.". In contrapposizione, si dà sovente il caso in cui "le male azioni promuovono la causa del bene." (Jacobsen, l. 528f.). Ne è esempio l'assalto di Boromir a Frodo, il quale indusse Frodo a lasciare la Compagnia e trovare la propria via per Mordor - il che egli fece con successo -, oppure il morso di Gollum che costò a Frodo il suo dito anulare, distruggendo l'Anello per sempre.
L'influenza che il male ha sul bene è principalmente quella della tentazione, di distogliere il bene dalle sue rette intenzioni. Esso operò con i Nani che andarono a Moria ed infine stanarono il demone Balrog per la loro cupidigia, operò anche con Saruman che fu tentato e corrotto dalla sua brama di potere e conoscenza. Nel suo caso, il male, nella forma della corruzione, volse il più possente dei giusti in un alleato del loro peggior nemico: corruptio optimi pessima, come recita il proverbio Latino. Di sicuro, il tralignamento è un soggetto importante de Il Signore degli Anelli.

La filosofia de Il Signore degli Anelli
La filosofia di vita che appare ne Il Signore degli Anelli si sviluppa interamente attorno al conflitto centrale del bene contro il male, e l'Anello, quale oggetto maligno, ma nelle mani del bene, è, nella sua natura, sia uno specchio dell'intera costellazione, che oggetto per il quale è effettivamente combattuta la guerra. La responsabilità che ognuno ha di lottare contro il male è fra le conseguenze che il conflitto avrà in ogni modo: sconfitta e cambiamento sono inevitabili, ed ogni abitante della Terra di Mezzo è forzato a scegliere la sua posizione e, se dalla parte dei giusti, difendere le minacciate quotidianità; poiché tutti i rifugi verrebbero estinti dall'Oscuro Signore se la resistenza mancasse di decisione: La Contea, Lórien, Gran Burrone perirebbero tutti. Siccome Tolkien certamente era più interessato al complesso di moralità e valori, è anche conseguente che volgesse verso la "grande scala", essendo "interessato meno allo specifico sociale che non al generico essere umano." (Moseley, 65). L'inevitabilità della scelta morale con cui gli uomini sono confrontati fa il punto sul frangente dell'umanità nel romanzo. Ciò è per certo pessimistico, ma non disperante; Tolkien non avrebbe ammesso una tale attitudine da parte dei giusti nella Terra di Mezzo. I personaggi nel romanzo non hanno la possibilità di realizzarlo, ma l'esito sarà, che alfine il male darà prova d'esser troppo perverso per essere vittorioso; ciò che i personaggi vedono è soltanto la loro situazione nella quale la lotta contro il male è inevitabile, e dove il loro discernimento ha ancora di che rimanere ugualmente retto. Il fato d'una persona è segnato una volta che si prenda partito.
Ancora, Tolkien prova le sue doti di scrittore nel raffigurare finanche l'altro lato: quello di coloro che non fanno una scelta o compiono quella errata sia pure con buone intenzioni, e dà anche esempi di personaggi che scelgono di non scegliere: questi sono personaggi virtualmente neutri. Leif Jacobsen lo spiega in dettaglio nel suo saggio "The Undefinable Shadowland - A study of the complex question of dualism in The Lord of the Rings". Boromir, Gollum e Tom Bombadil sono tutte eccezioni allo schema bianco-nero per cui Tolkien è spesso accusato. Boromir compie la scelta moralmente errata, ma mai con alcuna intenzione malefica, solamente influenzato dall'Anello. Tom Bombadil, d'altra parte, che sceglie di non prendere affatto parte al conflitto, che, in tal campo, trascura il suo dovere morale, è visto ancora più positivamente di Boromir da molti[9]. Gollum è differente da entrambi nel modo in cui non si cura d'alcun altro che non se stesso, e la smania per l'Anello da cui è affetto. Egli schiva il lato malefico di Sauron tanto quanto sarebbe riluttante ad atti malevoli se non vi fosse incitato, sia dalla brama per l'Anello, o sia per lo sprezzante trattamento di Sam.
L'Anello, a parte la sua influenza come un tentatore, è anche articolo di un'importante valenza filosofica: "Il potere corrompe, ed il potere assoluto corrompe assolutamente". (Shippey, 124). Qui Tolkien varca la soglia dalla mitologia alla filosofia, ed il pensiero espresso è effettivamente affatto moderno. Non solo la cupidigia per il potere causa l'agire delle persone in un modo ingiusto ed egoistico, ma anche il suo possesso influenza una persona negativamente, pure volgendo il bene in male. Proprio come l'Anello espone il suo portatore ad amplificare le sue emozioni, il potere rivela il reale carattere di una persona una volta che sia in una posizione in cui possa permettersi di ignorare precauzioni. Un altro, pure più moderno pensiero è la dipendenza che l'Anello causa; e ciò è assai prossimo al vero, i.e. la tossicodipendenza: essa controlla mente e corpo, le azioni, e ancora può essere raffrenata, come lo possono le droghe. Ecco perché Gollum, povero di forza d'animo e ignaro della nequizia dell'Anello, gli soccombe interamente, e perché altri sono in grado di sorreggerla: coloro fra i più nobili d'animo, come Gandalf e Galadriel, e coloro fra i più puri di cuore, tali come Sam, provano l'errore di quei critici di Tolkien che asserivano vi fosse qualcosa come una irrealistica tentazione dell'Anello; essa afferra solamente una forza d'animo solida abbastanza, che taluni non hanno e che ancora non necessita d'essere perversa al postutto. Tale intera percezione del potere come corruttore, che espone e dà assuefazione è contrasto a molte ed antiche opinioni, in cui non era tanto una preoccupazione l'abuso di potere quanto l'impotenza; ed in cui esso era inteso come il traguardo dell'umano desiderio, ed era tristemente noto come una virtù - come disse Henry Kissinger, "Il potere è l'ultimo afrodisiaco".
Le forze trascendentali sono il fattore neutrale sia per bene che per il male, ed il loro ruolo ne Il Signore degli Anelli è principalmente di cooperare con le azioni terrestri e risponder loro. Quantunque tali poteri del fato, sorte e fortuna siano incostanti, ponendo un "basilare diniego della sicurezza per tutto Il Signore degli Anelli" (Shippey, 138), sembrano ancora essere affette in qualche modo dagli eventi nella guerra. Le decisioni che i personaggi prendono sono quindi una miscelatura, una "continua interazione di provvidenza e libero arbitrio" (Shippey, 137). Nel romanzo, non v'è cosa che sia totale dipendenza dalla fortuna, e per lo più non v'è possibilità di scelta totalmente libera. Coraggio, ottimismo e tenacia sembrano dare un'impronta alle forze del fato: fortuna fortes adiuvat, "La fortuna aiuta gli audaci", è l'antico proverbio per tale circostanza. Non è una "fortuna pregiudiziale", che alcuni critici credevano d'aver visto nel romanzo, ma che aiuta coloro che si aiutano da sé. Tolkien mostrò una certa tenerezza di cuore, per esempio nella sopravvivenza del pony di Sam Bill, ma quando la sorte aiuta gli hobbit in Mordor, è per il loro spirito di non rinunciare mai, non solo l'autore che dirige gli eventi in un modo non realistico. Anche la provvidenza è un argomento centrale, specialmente la provvidenza che condusse Aragorn alla corona. I popoli nella Terra di Mezzo sono talvolta vincolati ad azioni dettate molto prima dalle potenze del fato, non soltanto Elessar, ma anche la caduta del Signore dei Nazgûl è profetizzata. Il finale, un lieto fine, è pure predicato; ma tutto ciò non guasta né s'infiltra nel corso degli eventi e sulla loro verosimiglianza, poiché le cose potrebbero aver preso una via differente se non fosse per i gloriosi atti delle libere genti, ed in quanto vi sono vittime: Lórien perisce, insieme con gli Elfi nella Terra di Mezzo; i Nani sono in procinto di diminuire; vi sono caduti in battaglia, come Théoden e Boromir, e, non da meno per Tolkien, molte bellezze sono perdute assieme a tutto ciò.

Valori e virtù della Terra di Mezzo
È da quanto si spiega qui sopra - religiosità e filosofia - che i valori che appaiono ne Il Signore degli Anelli derivano. Tali valori ed etica, che erano comuni al tempo di J. R. R. Tolkien e dintorni si trovano almeno parzialmente nel romanzo. La concentrazione sul WASP[10], è tanto visibile quanto lo è l'organizzazione patriarcale della vita. Nella Terra di Mezzo, certamente vi è dominanza maschile, e i Paesi sono guidati da archetipi di re guerrieri. Essi, la loro legittima regalità, ed il loro sviluppo in essa sono soggetti principi dell'intero romanzo, con i caratteri di Aragorn, Théoden, Éomer, Faramir, Denethor quali esempi di regnanti in stile medievale. I paradigmi per il legittimo re che Tolkien dipinge, in parte con l'eccezione di Denethor, possono essere presi dalle primissime fonti: I Re d'Israele, Davide e Salomone, l'Imperatore Romano Augusto, e, più in alto di tutti, Gesù Cristo, rex iudaeorum - Re dei Giudei, come lo chiamarono i Romani - come ideale del giusto e nobile sovrano e re, il rex iustus. L'eurocentrismo del romanzo, come si potrebbe denominare, conduce a quelli che possono esser visti come stereotipi razziali, con gli scuri e gretti Sudroni; però tali paralleli non hanno una origine razzista in Tolkien, sono solamente a spiegare la visione dei popoli del nord e dell'ovest, e di come essi vedessero i forestieri - tenere a mente che la storia è narrata dai vincitori.
L'amore fra i sessi non è la maggior caratteristica del romanzo. Ciò è in parte dovuto ai ruoli dei sessi nel mondo della Terra di Mezzo, ove le donne sono distaccate, se belle, e preservate dagli affari di guerra e politica. Le donne Elfiche sono un po' un'eccezione, come Galadriel, ma l'altra eccezione, Éowyn, che tenta di evadere dal suo ruolo preconcetto, può trovare libertà solamente nell'arcaica immagine della fanciulla in arme d'antico stile. I valori centrali sono quindi cameratismo fra gli uomini, fratellanza, mutuo supporto e lealtà. Si potrebbe azzardare, che questi siano i valori positivi dell'etica del Terzo Reich, con la Kameradschaft come cuore, un termine che include tutti quelli sopra, a provare le critiche erronee a Tolkien che lo definiscono un romanziere WWII. L'amore è un soggetto nei casi dell'amore per gli oggetti, i luoghi, la famiglia e gli amici. Riguardo all'amore nel romanzo, esso ancora una volta non è la disamina di un'esperienza che importi; quel "che importa è la forma e la forza della storia, il mito" (Moseley, 64).
Tale vaghezza in certi campi accentua solamente l'importanza dell'ultimo interesse di Tolkien: la moralità. La parte moralmente malata è naturalmente quella del male, ma la sua manifestazione è rimarchevolmente quella della modernità: Saruman ne è il primo esempio. La sua intrusione nel mondo della Terra di Mezzo con politica, modernità e progresso, presuppone la distruzione delle cose antiche ed amate, come il mulino della Contea. Denethor è inoltre un esempio delle debolesse delle culture civilizzate: il suo "esagerare nelle sottigliezze, egoismo, abbandono della ´teoria del coraggio´" (Shippey, 118) (quest'ultima spiegata in dettaglio in basso) sono tutti marchi della decadenza moderna.
La controparte a ciò che Tolkien fornì fu tipicamente la "´Teoria del coraggio´ Settentrionale [...] il cui elemento centrale è che pure l'ultima sconfitta non è del tutto negativa." (Shippey, 109). Il modello di comportamento è dato qui dall'apocalisse Nordica, il Ragnarokr, nella quale gli dei, gli Aesir ed i Vanya, sono inevitabilmente sonfitti, ciascuno essendo a conoscenza della propria morte - Odino essendo ucciso da Fenrir il lupo, Thor morendo nell'abbattere il serpente Midgard -, ma non rifiutandola. Gli dei erano al corrente dell'esito della battaglia finale contro i giganti, ma il loro coraggio che non soccombette al male, alla tentazione e all'oppugnazione fece una grande impressione a Tolkien. Parzialmente, tale nordica virtù è dovuta alla Teutonica convinzione sull'aldilà, dove i guerrieri uccisi sul campo di battaglia sono risuscitati e congiunti alla legione di Odino nel Valhalla per combattere nel giorno del Giudizio Universale: l'Einherjer. Théoden, probabilmente il più nordico di tutti i caratteri ne Il Signore degli Anelli, accenna esattamente a tale credenza nel momento della sua agonia, dacché le sue ultime parole sono "Torno dai miei padri"; egli parla della "loro compagnia[11]" e di "un tramonto dorato" (SdA, 1012).
Ma, cristiano com'è, Tolkien dà anche la prospettiva di un nuovo, seppur più mite, concetto di "ultima" prodezza: "risa, allegrezza, rifiuto di indagare affatto sul futuro " (Shippey, 142). Ciò è dimostrato dagli hobbit, specialmente Sam, con la sua abitudine di non conoscere ciò che si trova dinanzi ma insistere, non curandosi di ciò che segue. Come già spiega dopo l'incontro con gli elfi sulla via per la Terra di Buck nella Contea, "So che percorreremo una strada lunghissima verso l'oscurità; ma so che non posso tornare indietro. [...] ma ho qualcosa da fare prima della fine, qualcosa che si trova avanti a me, e non nella Contea. Devo arrivare fino in fondo [...]." (SdA, 127). Sam e Frodo mantennero tale atteggiamento nel loro percorso verso Monte Fato costantemente.
Gli hobbit, quantunque non incarnassero certamente l'ideale del coraggio e della prodezza, sono ciononostante importanti per la presentazione di Tolkien delle virtù raccomandate. Come spiega T. A. Shippey, " ne Il Signore degli Anelli egli aveva appreso - mischiando gli hobbit con gli eroi - a presentarle [le virtù che Shippey elenca nella pagina precedente, ´stoicismo, disincoltura, pietà, fedeltà´] in modo relativamente non provocatorio." (Shippey, 240). A tale riguardo, egli scese a compromessi coi tempi moderni ed assaggiò come tali virtù, per quanto in alto siano tenute nel romanzo, siano distanti dal lettore medio al giorno d'oggi.
Il contrasto fra virtù le Pagane (coraggio) e Cristiane (pietà, misericordia) è risolto da Tolkien mediando tra paganesimo e Cristianesimo; narrando "una storia di virtuosi pagani nella cupezza dell'oscuro passato, prima delle pressoché flebili premonizioni di luce e salvezza" (Shippey, 180). Tolkien fornisce una prospettiva di salvezza per gli eroici pagani nel romanzo, e quelli di altre pubblicazioni, come Beowulf, e dà un modello di "elementare virtù che esiste senza il supporto della religione" (Shippey, 184), siccome naturalmente non vi era ancora alcuna religione Cristiana. Librandosi fra paganesimo e Cristianesimo, fatalismo e salvezza, si può dire che Tolkien traduca "la saggezza dell'antica epica [...] in una sequenza interamente nuova di dubbi, decisioni, detti, rituali" (Shippey, 113). Non è esattamente questo il minore degli ambiti che rendono Il Signore degli Anelli un mito di dimensioni cosmiche e filosofiche.

Mito contro filosofia
Definire sia il mito che la filosofia naturalmente addita le differenze tra i due. Ancora, entrambi possono trovarsi ne Il Signore degli Anelli, ed entrambi sembrano essere maneggiati con la medesima cura dall'autore, non preferendo uno in contrasto con l'altra, quantunque i livelli siano differenti. La resurrezione della scrittura del mito, alla quale Tolkien soggiacque, è certamente dovuta ad una fondamentale necessità che non è soddisfatta esaurientemente abbastanza nel nostro mondo scientifico, tecnico dove la magia dell'immaginazione e finzione è pressoché soppressa (comp. v. Müffling, 11). La filosofia, a sua volta, trova sempre più persone interessate, talvolta volgendo nella bassa filosofia popolare. Dove il mito generalmente s'appella alla religiosità ed alle emozioni, la filosofia s'appella all'intelletto, alla mente (comp. v. Müffling, 12). La vividezza e ricchezza d'immaginazione che il mito possiede in contrasto con la filosofy (comp. v. Müffling, 11), è perché esso divenne popolare con Il Signore degli Anelli; è la filosofia di vita del romanzo che lo lascia nella superba compagnia di altre grandi opere nella storia della letteratura.


[9] Che Bombadil sia tacciato d'ignavia è affatto opinabile, non sapendosi abbastanza della sua natura.

[10] Sta per White Anglo-Saxon Person, «persona Anglosassone bianca».

[11] Nella versione originale "their mighty company".

< << LA MITOLOGIA DELLA TERRA DI MEZZO | INDICE | LA QUESTIONE DELL'ALLEGORIA NE ISdA >>

 

           
Home    |    Progetto Tolkien    |    Chi Siamo     |    Copyright    |    Aiuto   |   Scrivici
© 1999- 2004 Eldalie.it Spazio Offerto da Gilda Anacronisti