J. R. R. Tolkien: "Il Signore degli Anelli" - Mitologia, Filosofia, Allegoria
"Facharbeit" - Saggio di Manuel Steiner, scritto nel ´00 p.r.i.

sistono differenti ragioni sul perché molte persone trovino allegorico Il Signore degli Anelli e la storia recente può essere quella più immediata. Non può certo esser negato che fenomeni non culturali e legati alla letteratura abbiano portato, con un certo accordo, ad un crescente interesse per il romanzo, alimentando il suo successo. Ci sono indubitabilmente numerose cose che possono essere viste come paralleli di eventi storici o con una certa visione della vita, sebbene Tolkien chiarisca che l'allegoria, che userebbe personaggi ed eventi del romanzo soltanto per portare il proprio messaggio e non per il bene della storia, non fu mai sua intenzione. Vedendo la maniera in cui molte persone abusavano del suo libro per le loro interpretazioni, nella prefazione alla seconda edizione de Il Signore degli Anelli, egli scrisse: "Per quanto riguarda ogni significato nascosto o 'messaggio', nessuno di loro è nelle intenzioni dell'autore. Esso [il romanzo, N.d.T.] non è ne' allegorico né d'attualità." (SdA, xvi).

Le origini delle allegorie
Tolkien porta come argomento contro la spesso sentita allegoria della II Guerra Mondiale, che l'abbozzo della storia prese la sua via prima del 1939. Per quanto riguarda l'allegoria, egli nota, "Cordialmente non amo l'allegoria in nessuna delle sue manifestazioni. [.] molti confondono 'applicabilità' con 'allegoria'; sebbene una risieda nella libertà del lettore, l'altra nel proposito di dominio dell'autore." (SdA, xvii). Altrove, Tolkien prende un'altra posizione a riguardo di questo trattamento del suo lavoro: "Una descrizione allegorica di un evento non fa questo elemento allegorico di per sé." (Moseley, 76; citato da "Pearl and Sir Orfeo").
Può darsi che "questo rifiuto dell'allegoria si possa vedere come un invito a vedere se essa possa andare bene" (Moseley, 76); principalmente, però, era la visione della storia di Tolkien a negare un significato allegorico. "La storia, pensava Tolkien, è variabile nella sua applicabilità. Ma se si comprende a fondo, la si può vedere ripetersi da sé." (Shippey, 152; mio corsivo). Proprio questa ripetizione della storia può leggersi da Il Signore degli Anelli; non il modello di una storia specifica, ma il ritratto di un comune pezzo di storia umana di cui la guerra è un principale fattore formativo. In questo modo, il romanzo è allegorico, ma non per una certa e singola circostanza, bensì per il flusso e gli eventi della storia umana per intero. Ridurre il romanzo ad un interesse singolo è differente dal fare applicazioni con eventi simbolici, nella maniera in cui "il simbolico permette al lettore ed alla sua cognizione di prender parte alla creazione del significato, l'allegorico nega questa possibilità" (Moseley, 72). Poiché la storia si ripete nello stesso modo, il ricorso è naturalmente possibile, così come lo è per molti eventi nella vita reale; una nuova guerra può sempre esser comparata con e vista come un parallelismo di una prima di essa.
Ma le istanze non possono essere escluse leggendo Il Signore degli Anelli: " Il vero punto sta nel fatto che le teorie di Tolkien sulla natura, il male, la fortuna e sulla nostra percezione del mondo generano una sorta di sottoprodotti di istanze moderne e politiche." (Shippey, 155). Qualsiasi allegoria o ricorso deve in ogni caso esser trattata con cautela, e molte allegorie possono, nel senso indicato dall'autore, esser rifiutate così pienamente che rimarrebbero soltanto sfocati parallelismi, come sono in procinto di dimostrare.

Allegorie storiche
Il tipo di allegoria più comune per Il Signore degli Anelli è quella di chiamare Tolkien uno scrittore di guerra ed il libro una riflessione su di una guerra storica, a scelta la Prima o la Seconda Guerra Mondiale, oppure la Guerra Fredda. La I Guerra Mondiale è qui principalmente vista semplicemente come un'influenza su Tolkien, dettandogli, con la sua esperienza nella Somme, la descrizione del paesaggio e dell'ambiente di Mordor e provocando la sua demonizzazione del progresso e della tecnologia. Tolkien ammise che Sam Gamgee fosse modellato su differenti soldati della guerra del 1914, i soldati semplici e gli attendenti (comp. Kessler, 1f.). Come in entrambe le guerre, il nemico ne Il Signore degli Anelli non è visto come una massa di individui e uomini, ma come un'entità collettiva. Questi, però, sono soltanto meri parallelismi, e di sicuro non comprendono l'intero complesso del romanzo. Ciò che più conta, si può dire di sicuro che Tolkien sarebbe partito schivando la tradizione Germanica, essendo stata profondissima l'influenza della I Guerra Mondiale.
E' frequente l'utilizzo del romanzo come allegoria della Seconda Guerra Mondiale, ed e' vero che stretti parallelismi possono esser tracciati in numerose cose. Denethor e Saruman ricordano al lettore attento i governi-fantoccio, Vichy e collaborazioni come quella di Quisling. Visto come un'allegoria, Warren Lewis disse: "Una gran parte di esso può esser letto in senso attuale - la Contea al posto dell'Inghilterra, Rohan come la Francia, Gondor al posto della Germania del futuro, Sauron come Stalin." (Kessler, 3). Una miscela di Seconda Guerra Mondiale e Guerra Fredda si ritrova spesso in questo campo dell'allegoria, e alcuni studenti in "Inghilterra e USA estraggono dai libri di Tolkien una mitologia politica per questo tempo di una Guerra Fredda che potrebbe facilmente trasformarsi in una combattuta" (Moseley, 72); mentre altri adottano il disprezzo di Tolkien verso il progresso per i propri movimenti Verdi. Differenti eventi e condizioni nel romanzo portano verso molteplici interpretazioni riguardanti la II Guerra Mondiale: principalmente comparando Sauron ad Hitler e l'Anello con la bomba atomica. Il paragone per cui gli orchi sono un prodotto d'incroci genetici, va in questa direzione, ricordando gli esperimenti condotti dal Dr. Mengele sugli Ebrei di Auschwitz.
Ma tutte queste allegorie in cui Sauron sarebbe Hitler, alleato con Saruman che starebbe per l'URSS ed in guerra contro l'alleanza occidentale di Gondor e Rohan sono destinate a sgretolarsi, non per ultimo a causa degli errori e deficit storici dei rispettivi autori. La personificazione di Hitler che incarnerebbe tutto il male della Germania nazista non è altro che il più trascurabile sbaglio. Skeparnides, per esempio, prova soltanto quanto tempo sia passato dall'ultima volta in cui e' stato a scuola ed ha imparato qualcosa a proposito della Seconda Guerra Mondiale, datando l'invasione tedesca della Russia, l'Operazione Barbarossa, al 1943, quando questa era avvenuta nel 1941 (comp. Skeparnides, l. 101). Michael Tagge non fa di meglio, né risulta storicamente più corretto, quando afferma che "Hitler [sic!] tentò una varietà di esperimenti genetici al fine di produrre la razza Ariana." (Tagge, l. 57f.; mia enfasi). Né Hitler di per sé prese parte ad un solo esperimento, né il nazismo voleva "creare la razza Ariana" - niente potrebbe esser più lontano dalla verità, poiché il nazista sicuro di sé credeva fermamente che i tedeschi fossero l'ultima incarnazione della suprema razza Ariana: perché quindi avrebbero dovuto provare a riprodurla? I terribili esperimenti del Dr. Mengele avevano differenti "mire". Un altro grave errore di questo autore è stato dichiarare che, " In Europa, gran parte delle lingue sono romanze, tranne che quella tedesca. Il tedesco e' molto differente da qualsiasi altro linguaggio europeo." (Tagge, l. 151 f.). Tolkien, come filologo, dovrebbe rivoltarsi nella tomba. Tagge qui ignora completamente le relazioni dei linguaggi Germanici (!) Tedesco, Inglese, Norvegese, Svedese, Islandese ed altri, tra cui l'Yiddish.
Le stesse differenti allegorie possono, indipendentemente dal resto, esser rifiutate, come quella menzionata ne The Road to Middle-earth: l'Anello che starebbe per la bomba atomica, essendo stato preso ed usato contro Sauron, messo in schiavitù e Barad-dûr occupata. Saruman è in grado di ottenere la conoscenza per costruire per suo conto un Grande Anello a Mordor. Qualcuno potrebbe dire che i parallelismi sono corretti, essendo Sauron i poteri dell'Asse, le genti libere l'alleanza occidentale e Saruman l'URSS (comp. Shippey, 316). Tuttavia, questo non risulta evidente ne Il Signore degli Anelli: è solo che, avendo dato al romanzo il significato d'una allegoria della Seconda Guerra Mondiale, questo è come lo sviluppo avrebbe dovuto essere; il fatto che non prenda questa strada, prova come errata tale allegoria. Non doveva essere in alcun modo un romanzo di guerra, e certamente non un romanzo contro la guerra. Inoltre, quando Tagge scrive che "La battaglia di Mordor, la distruzione dell'Anello e la conseguente fine della guerra mi ricordano gli ultimi atti della II Guerra Mondiale, quando gli USA gettarono la bomba atomica su Hiroshima" (Tagge, l. 97 ff.), trascura due cose importanti. In primo luogo, la bomba su Hiroshima fu solo la prima, seguita da quella su Nagasaki; in questo modo, il parallelismo non puo' esser mantenuto. Più importante, il fatto di gettare l'Anello nel fuoco sottoscrive un atto di vite salvate, la riduzione del potenziale di distruzione, mentre il bombardamento del Giappone fu l'esatto opposto. Skeparnides senza volerlo dice precisamente qual'è la quintessenza di tutto ciò: che la Guerra dell'Anello è "un parallelismo diretto tanto delle guerre mondiali quanto della storia umana." (Skeparnides, l. 96 f.). Il Signore degli Anelli, come un parallelo della storia umana in generale, non può naturalmente esser ridotto ad essere un parallelo d'un singolo evento, ed in alcun modo si può presumere che Tolkien lo abbia fatto.

Allegorie ideologiche
Tolkien è stato spesso anche accusato di, o ammirato per, convogliare un'istanza ideologica o filosofica attraverso il suo presunto romanzo allegorico. Rosemary Jackson definì l'elevata fantasy tolkieniana "un veicolo conservatore per la repressione istintuale e sociale" (Moseley, 72) ed una omologazione di una borghesia bancarottiera. Qualsiasi cosa il ritratto di genere e classe ne Il Signore degli Anelli possa aver causato in alcuni lettori, non può esser negato che il romanzo sia talmente vicino allo stile medievale ed antico che queste non possono essere argomentazioni contro Tolkien - e neppure si possono accusare per questo i poeti medievali. Lo stesso vale per Skeparnides, che chiama Tolkien, e Shakespeare insieme a lui (!), un "sovrintendente [.] del suo sistema di valori morali maschili" (Skeparnides, l. 31 f.).
Un'istanza del tutto diversa arriva dal musicista ed attivista pagano norvegese Varg Vikernes, attualmente ancora incarcerato per omicidio. Egli proclama che Tolkien dipinse il lato malvagio come uno specchio del paganesimo, e paragona Barad-dûr con il trono di Odino Hlidhskjalf, l'Anello con Draupnir e l'occhio-che-tutto-vede di Sauron con l'unico occhio di Odino (comp. Moynihan, 150). Laddove i Vagabondi sembrano a lui come i Berserker Norreni, egli Uruk-Hai come gli Ulfhethnar - lupi mannari -, gli Elfi gli appaiono "tipicamente Giudaici", "arroganti, che dicono ´Noi siamo gli eletti´" (Moynihan, 150). Questo deriva dalla peculiare visione di bene e male di Vikernes, differente dalla normale, occidentale, filosofia Cristiana: " Sebbene Burzum [il nome del suo gruppo musicale - l'autore] significa tenebre, in realtà è la luce di Odino. Le tenebre sono la luce." (Moynihan, 151). E' vero che l'elemento lupino che appare nella fazione di Sauron è tipicamente pagano e che i lupi erano sacri ad Odino; e qualcuno potrebbe anche seguir oltre la visione radicale di Vikernes paragonando lo struggimento degli Elfi per Valinor a quello del popolo Ebraico per Sion.
Ma ciò che anche Vikernes deve notare è la "paganità" presente anche nel lato del bene: Gandalf, simile ad un Odino girovago, i Nani con le loro rune ed i Rohirrim con la loro immagine Anglosassone, e proprio per questo, Germanica. Ancor più prominente contro la tesi di Vikernes è il credo attuale di Tolkien: "egli aveva poca tolleranza verso i reali miti pagani o per i mitizzatori ingenui" (Shippey, 178); e Tolkien, come Cristiano, fu di certo non meno opposto al paganesimo a causa dei suoi interessi nel nord: "Egli non aveva dubbi che il paganesimo fosse debole e crudele" (Shippey, 179), negando l'immagine frequente di "nobile pagano".

Elementi allegorici nel romanzo
Una visione più moderata e comprensibile è quella per cui Tolkien non scrisse intenzionalmente un'allegoria, ma potrebbe, come essere umano, non aver tenuto completamente fuori elementi allegorici. Per Skeparnides, il risultato del conflitto "porta un potente messaggio allegorico" (Skeparnides, l. 90 f.), ed asserisce che un mondo fittizio come quello della Terra di Mezzo può esser costruito soltanto in base alle caratteristiche del mondo reale. Ancora una volta, il punto debole di tale discorso è che, in contrasto con l'affermazione di Tolkien, cerca di provare l'esistenza di allegorie all'interno del romanzo come intenzionali ed inevitabili. Questo è sbagliato, come l'autore dovrebbe affermare, mentre il punto per cui questi parallelismi potrebbero essere qui involontariamente, inseriti inconsciamente da Tolkien, è un argomento che non si ritrova nei saggi discussi più sopra.
Michael Tagge cerca di provare la sua affermazione: "Se la 'fantasy si basa su fatti concreti' (Ready, 177), allora Il Signore degli Anelli poggia completamente su eventi storici, terre, religione, governi e altre opere di autori differenti" (Tagge, l. 151 f.) presentando l'esempio della gente di Forodwaith, creata in base al modello degli Eschimesi.
Come spero di aver chiarito più sopra, questi parallelismi non sono modellati sulla realtà, ma semplicemente appaiono sempre là dove vengono descritti esseri umani; nel caso specifico, chiunque vivesse in un deserto di ghiaccio, si comporterebbe come gli Eschimesi e la gente di Forodwaith.

Alcune risposte sulla questione dell'allegoria
Appare da tutti questi assunti, interpretazioni ed allegorie principalmente una cosa: che "il senso di un significato nascosto nel libro guida i lettori imponendo molte interpretazioni allegoriche su di esso, le quali ci parlano però più dei loro bisogni e valori che del libro in sé" (Moseley, 76). Questa è attualmente la quintessenza di ciò che sta dietro all'inventare allegorie: ognuno le rende pronte alla propria filosofia. Questo e' certamente riduttivo, poiché una buona allegoria dovrebbe chieder di assorbire " ogni singolo dettaglio [.] nello schema di significati paralleli di una singola notazione e questo non può esser fatto con la sua [i.e. di Tolkien] opera" (Moseley, 77). Come Mordor ed il suo male, il concetto è "cosmico nel significato più che contemporaneo " (Moseley, 77). È come Tolkien disse in Beowulf, " un vasto simbolismo è vicino alla superficie, ma [...] non fa breccia né diviene allegoria" (Shippey, 152). Questo si adatta allo stesso modo a Il Signore degli Anelli dove l'allegoria avrebbe inevitabilmente significato che il romanzo dovesse avere un solo significato; questo da solo prova quanto tutte le allegorie siano errate - e seppur Tolkien avesse avuto un'intenzione allegorica, tutti questi assunti risulterebbero comunque sbagliati, tranne quell'unico a cui Tolkien aveva realmente voluto dare significato.
Per quanto riguarda l'applicabilità della storia umana e della mitologia umana, è precisamente "un affare pericoloso tracciare in modo definitivo un 'significato profondo' Tolkieniano da queste varie ´applicabilità´" (Shippey, 155).
Gli argomenti del romanzo sono fin troppo cosmici per essere allegorici - il bene contro il male si trova fin troppo sovente -, ciononostante l'ampio spettro lascia al lettore abbondanza d'occasioni per la sua applicabilità, soltanto non potrebbe assumerli come il singolare significato intimo di esso. Paralleli possono ben adattarsene, ma è altro il caso se siano conformi alle intenzioni di Tolkien - la maggior parte di essi non lo sono. In ogni conflitto, se ne può allineare uno o un altro lato al Il Signore degli Anelli; pure di più se non si concorda con la Tolkieniana concezione di bene e male. È probabilmente soltanto l'incredulità del popolo nella grandezza d'immaginazione di Tolkien che conduce ad accusarlo di scrittura allegorica, pregiudiziale, oppure copiata dalla realtà.
A mio modesto parere, dare al romanzo tali significati allegorici come quelli descritti sopra, mi ricorda una abitudine degli antichi Romani che pensavano che gli dei forestieri non fossero altro che i loro propri dei, soltanto sotto differenti nomi. Quindi essi li ridenominavano alla maniera delle loro divinità, distruggendo ciò che degli dei forestieri non s'adattava ai loro schemi. V'è una espressione adeguata per ambedue le abitudini: evidente riduzionismo.


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