L’Uomo che Volle Farsi Sovrintendente
di Michael Martinez - traduzione a cura di Francesco Amadio

a Custodia è il segno distintivo dei Sovrintendenti di Gondor. Sono guardiani, custodi, depositari di una fiducia antica riposta in loro da una dinastia regale che, alla fine della terza Era, non esisteva più. I Sovrintendenti Regnanti di Gondor sono un curioso esempio di come l’autorità combinata alla tradizione possa produrre una sottile ironia nel potere e nella posizione.
La parola elfica per Sovrintendente è Arandur, “servo del Re”. Il nome implica che i Sovrintendenti hanno cominciato la loro carriera come qualcosa di meno di funzionari di governo. Forse erano i servitori personali dei primi re di Gondor. Ad un certo punto durante la storia di Gondor, gli Aranduri potrebbero aver assunto speciali incarichi che portarono ad un’ascesa in status ed autorità. Alla fine, vennero a succedere all’autorità regale, benché non si sostituissero alla Casata di Elendil nel governo formale di Gondor.
Alcuni hanno notato un parallelo fra la storia di Gondor e quella della Francia alto-medievale. I Major-Domo delle prime dinastie Franche alla fine si sostituirono ai re ed assunsero autorità regale. Carlo Martello, rinomato come il Major-Domo che sconfisse i mori nel sud della Francia, fondò una nuova dinastia.
Ma il problema nel paragonare i Major-Domo Franchi ai Sovrintendenti Regnanti di Tolkien è che la loro storia fornisce un modello Franco. Tolkien non amava molto la Francia, né il francese. In effetti, pochi dei titoli o dei nomi importanti del Signore degli Anelli derivano da parole francesi.
Per esempio, il termine Major-Domo si traduce in genere come “maggiordomo, maestro di palazzo” dagli storici che discutono sulla dinastia Pipinide (alcuni credono che Carlo Martello discendesse da Pipino di Landen, che divenne il maggiordomo a Metz sotto re Clotario II di Neustria). I Major-Domo Franchi erano sotto certi aspetti simili ai Sovrintendenti di Tolkien, in quanto governavano le nazioni Franche in nome dei loro re, ma i Major-Domo alla fine divennero essi stessi re. Erano uomini potenti che controllavano denaro, eserciti, e nomine regali. I re che nominavano i Major-Domo avevano ben poco potere effettivo. Fu solo una questione di tempo prima che i Pipinidi rimpiazzassero i discendenti di Clodoveo come signori dei Franchi.
Tolkien non usa nulla di simile a “maestro di palazzo” o Major-Domo nella Terra di mezzo. Il Sindaco (Mayor) di Pietraforata è forse l’unico esempio di carica il cui titolo derivi dal francese. Il termine Steward (sovrintendente), invece, è una buona e antica parola anglosassone che sta per sty warden, il custode degli animali. Come uno stalliere sia finito per diventare un importante funzionario reale (ed infine Re di Scozia, come nella casata degli Stuart/Stewart) è un interessante pezzo di storia.
La ragione dell’importanza degli Steward si pone nell’architettura utilizzata dagli antichi popoli del Nord Europa. Vivevano in lunghe costruzioni (questo avveniva migliaia di anni fa) che alla fine si evolsero diventando i palazzi delle leggende e dei poemi Norreni e germanici. H_orot, il palazzo d’oro di Hrothgar, Re di Danimarca (nel poema Beowulf) è un tipico, per quanto idealizzato, palazzo nordico. Il custode del palazzo doveva essere il più importante servitore del signore, quello che badava agli animali e si occupava degli affari del padrone in sua assenza.
Il custode del palazzo e quello della stalla erano virtualmente la stessa persona, visto che gli animali in genere erano tenuti all’interno delle case. Col crescere del potere dei capitribù nordici che divennero re dei primi popoli anglosassoni d’Inghilterra, i loro guardiani della stalla assunsero incarichi più importanti. Alla fine, gli Steward erano importanti per i re anglosassoni quanto i Major-Domo per i re Franchi. Ma i re anglosassoni riuscirono a mantenere il loro potere.
Walter Fitz-Alan, cavaliere normanno, fondò il clan Stewart che alla fine salì al trono di Scozia. Servì Re Davide I di Scozia nelle guerre contro i Vichinghi. Il bisnipote di Walter, Alexander, divenne Lord High Steward (Stewart) di Scozia. Sir John Stewart, un discendente, sposò Marjory, unica figlia di Robert Bruce. Loro figlio divenne Roberto II, Re di Scozia, e gli Stewart Re di scozia ed Inghilterra discesero da lui.
Quindi, una delle prime apparenti ironie salta fuori dal fatto che la scelta di Tolkien per il titolo dei governanti “provvisori” di Gondor, cioè Steward, deriva dal cognome anglosassone di una famiglia scoto-normanna. I Normanni furono i responsabili della distruzione dell’antica nobiltà inglese, oltre che della soppressione della letteratura e lingua Anglosassone che Tolkien tanto amava.
Nonostante tutti gli esempi storici, Tolkien chiaramente voleva che i suoi Sovrintendenti stessero al loro posto. Non erano destinati a prendere il trono di Gondor, sebbene almeno un membro della famiglia avesse aspirazioni regali. Boromir, figlio maggiore di Denethor II, chiese una volta al padre quanto tempo dovesse passare perché un Sovrintendente diventasse Re. “Pochi anni, forse, in luoghi ove la regalità è di rango inferiore, ” rispose Denethor. “A Gondor non basterebbero diecimila anni.” Il commento sembra una frecciata ai Pipinidi, che soppiantarono i legittimi eredi di Clodoveo come Re dei Franchi.
Boromir ovviamente scalpitava per i limiti che la tradizione (e la legge) gli imponevano. Crescendo, poteva solo aspettarsi di diventare il fedele Sovrintendente di una dinastia regale da tempo estinta. Indubbiamente sentiva che la sua famiglia stava sprecando il proprio tempo, nell’attesa dell’impossibile ritorno di un re che non poteva più esistere. Di contro, i Pipinidi scalpitavano sotto il dominio dei deboli re Merovingi (Meroveo era il nonno di Clodoveo, e da lui prese nome la dinastia). I Merovingi ad un certo punto tentarono di diminuire i poteri dei loro Major-Domo, ed alla fine i Major-Domo semplicemente se ne liberarono. I Sovrintendenti di Tolkien quindi si mostrarono più affidabili dei Major-Domo Franchi.
Quando Boromir raggiunse la maturità, divenne il servo del padre. Sappiamo dalla sua testimonianza a Gramburrone e dai commenti di Faramir e Denethor che Boromir era un capitano di Gondor. Tolkien usa la parola Captain (un termine francese derivato dal latino) in vari modi nel Signore degli Anelli. Gli unici titoli specifici attribuiti a Boromir sono Alto Guardiano della Torre Bianca e Capitano Generale (di tutte le forze di Gondor). “Capitano Generale” è un titolo effettivo della monarchia Britannica, e denota lo status del monarca come Comandante in capo.
Benché possa sembrare imprudente o perfino ipocrita per i Sovrintendenti l’assumere un tale titolo, in “The Peoples of Middle Earth” si dice che “gli Húrinionath non erano discendenti in linea diretta di Elendil, [ma] erano in ogni caso di origine regale”. Boromir, quindi, era un discendente di Elendil, un fatto non segnalato nel Signore degli Anelli. La discendenza da Elendil potrebbe aver provocato le ambizioni di Boromir, ma potrebbe pure essere stata la base della gelosia di Denethor per Aragorn, che in gioventù aveva conosciuto come Thorongil. In ogni caso, necessitando Gondor di un comandante in capo, l’incarico ed il titolo furono presi dai Sovrintendenti (e presumibilmente conferiti ai figli o ai nipoti destinati ad assumere la sovrintendenza più avanti negli anni).
Húrin di Emyn Arnen era il Sovrintendente di Minardil, Re di Gondor dal 1621 al 1634. Minardil morì in battaglia a Pelargir, combattendo contro i corsari di Umbar (comandati dai suoi cugini Angamaitë e Sangahyando). Minardil distava venti generazioni da Meneldil, figlio di Anárion. Non ci sono indicazioni nei testi pubblicati sul punto in cui il ramo della famiglia di Húrin da Emyn Arnen si separò dal tronco genealogico dei Re. Lui stesso poteva essere figlio di una principessa di sangue.
Una possibile antenata di Húrin potrebbe essere la figlia di Eldacar, il Re di Gondor mezzo dúnadan/mezzo nordico che fu scacciato dal trono per dieci anni da Castamir l’usurpatore. Il figlio maggiore di Eldacar, Ornendil, fu ucciso durante la lotta fratricida, e ad Eldacar successe il figlio minore Aldamir. Ma Aldamir era il terzogenito di Eldacar. Minardil era nipote di Aldamir, quindi Húrin di Emyn Arnen potrebbe essere stato il pronipote di Aldamir e cugino in secondo grado di Minardil. Húrin non poteva essere un parente più stretto di Minardil, e forse il grado di parentela era ancora più lontano.
La discendenza da Eldacar avrebbe impedito ai Sovrintendenti di vantare una linea di sangue più pura dei re. Comunque il sangue non è importante per Tolkien quanto per molti dei suoi personaggi più meschini. In altre parole, la lotta fratricida fu combattuta da Gondoriani che credevano che la casata reale dovesse conservarsi pura, contro altri Gondoriani che credevano che il mescolare il sangue reale con altre stirpi di uomini non avrebbe prodotto danno. Quindi non è necessario per Tolkien mostrarci da chi discendessero i Sovrintendenti. Tuttavia, Eldacar rimane, a mio giudizio, il miglior candidato come loro prossimo antenato regale. Come minimo, è l’unico re di cui si dica o si implichi l’esistenza di una figlia (in “gli eredi di Elendil”, un capitolo di Peoples of Middle-Earth che fornisce molte più informazioni sulle case regnanti di Gondor rispetto al Signore degli Anelli).
Il punto di vista di Boromir sarebbe stato formato, almeno in parte, dall’esperienza storica della sua famiglia. Mentre i re discendevano solo dalla linea maschile della casata di Anárion, i Sovrintendenti erano più liberali nella scelta. Almeno un Sovrintendente discendeva da linea femminile. Denethor I (2435-77) era figlio di Rían, sorella di Dior (2412-35), il nono Sovrintendente Regnante. Se non c’era bisogno di discendere dalla linea maschile per essere Sovrintendente Regnante, perché non potevano essere re? A quanto pare Boromir sentiva che gli Húrinionath si erano guadagnati il posto sul trono, e in ogni caso non è che non discendessero da Elendil.
La risposta di Denethor II al figlio può apparire sgarbata e poco avveduta. “Taci, figliolo, e comportati come hanno sempre fatto i tuoi antenati”. Ma i Sovrintendenti si erano effettivamente eliminati dalla successione. Era facoltà del Consiglio di Gondor promulgare nuove leggi, non abolire quelle antiche. Nell’anno 1944, Re Ondoher ed entrambi i suoi figli caddero in battaglia contro i Carrieri. Nessuno dei figli lasciava eredi maschi. Gondor si trovava in un bel pasticcio, poiché in quel periodo la casata reale era caduta vittima dei propri sospetti. Gli uomini di sangue puro della casata reale o avevano abbandonato la propria eredità e preso moglie fuori della comunità Númenoreana, oppure, avendo attirato la gelosia dei re, erano scappati ad Umbar.
Arvedui, principe di Arnor, aveva sposato Fíriel, figlia di Ondoher, nel 1940. Reclamò il trono di Gondor in nome di Fíriel, ma il Consiglio, guidato dal Sovrintendente Pelendur, rifiutò la rivendicazione. Volevano solo un principe discendente in linea maschile da Anárion. Nemmeno il figlio di Arvedui, Aranarth, sarebbe stato accettabile, sebbene fosse figlio di Fíriel e discendente di Anárion. Escludendo gli eredi di Isildur dal diritto al trono, Peledur di fatto escludeva anche se stesso ed i suoi eredi come pretendenti. Mille anni dopo, il discendente di Pelendur Boromir, figlio di Denethor II, avrebbe chiesto perché non era destinato ad essere Re di Gondor. La risposta era che Pelendur aveva reso impossibile alla propria famiglia di ascendere al trono.
Pelendur aveva però almeno un buon candidato rimasto della linea di Anárion. Eärnil II, che aveva condotto l’esercito meridionale di Gondor alla vittoria contro i Carrieri, reclamò il trono nel 1945. Era di sangue puro quanto poteva esserlo qualsiasi discendente di Eldacar. Come capitano vittorioso, era molto popolare e quindi ben accetto dal popolo. Sfortunatamente, Eärnur figlio di Eärnil non prese mai moglie. Quando scomparve nel 2050, Gondor rimase senza più pretendenti al trono accettabili.
I Sovrintendenti venivano quindi lasciati in uno stato particolare. Eärnur non aveva lasciato istruzioni sul da farsi nel caso non fosse tornato. Mardil Voronwë governò in suo nome per anni, e benché il Consiglio probabilmente abbia discusso su come scegliere un nuovo re, il timore di un'altra guerra civile impedì loro di scegliere un nuovo monarca. Tecnicamente, non c’è motivo di credere che la linea di Anárion si sia davvero estinta con Eärnur. Ci saranno stati uomini discendenti dal ramo maschile i cui antenati avevano sposato donne provenienti da famiglie non númenoreane. Ma i loro antenati avevano abbandonato la propria eredità, ed i tradizionalisti Gondoriani non avrebbero permesso a queste famiglie di ripudiare le decisioni dei padri.
La base di questo ferreo attaccamento alla tradizione deve trovarsi nelle scelte fatte da Elrond ed Elros all’inizio della Seconda Era. Quando Elros decise di essere mortale, legò i suoi discendenti a questa scelta per sempre, anche se alcuni di loro più tardi avrebbero preferito essere Elfi. I Númenoreani Fedeli che fondarono Arnor e Gondor desideravano giovinezza eterna ed immortalità, ma accettavano la scelta di Elros (in effetti, la maggior parte di loro non discendeva da Elros, ma i loro capi sì). I Fedeli si sarebbero dunque portati dietro la convinzione che le scelte dei padri si trasmettessero a tutti i discendenti. Quindi, in ambito di legge, il destino di una famiglia era deciso dalla generazione corrente. Alle generazioni non ancora nate non erano concesse scappatoie.
Questa era la verità che Boromir dovette affrontare, quando suo padre gli fece notare che non era regale abbastanza per essere re. Non che fosse considerato un uomo meno degno, sia per sangue sia per azioni. Piuttosto, un antenato di Boromir aveva fatto una scelta che condizionava tutte le future generazioni della famiglia. Boromir potrebbe essersi rammaricato di quella scelta. In una lettera, Tolkien si riferisce a Boromir come al “fratello autoritario” di Faramir. L’autoritarismo di Boromir si rivela in numerosi passaggi del testo. Per esempio, quando la Compagnia dell’Anello è intrappolata fra le nevi sul Caradhras, è Boromir a prendere l’iniziativa e a decidere che lui ed Aragorn praticheranno un sentiero per gli altri attraverso la neve. Quando gli hobbit disperano di poter seguire la stessa strada, Boromir decide che lui ed Aragorn li porteranno in spalla.
Riafferma il suo ruolo quando la Compagnia è fuori del cancello occidentale di Moria. Quando appare chiaro che Gandalf non ha idea di come entrare a Moria, Boromir ordina a Sam di non mandare ancora via Bill il pony. Aragorn tace in entrambe le occasioni. Perché?
Sembra che Boromir fosse un uomo dal forte carattere, forse un individuo molto carismatico. La sua gente lo amava, compreso il severo padre, il fratello studioso, ed i coraggiosi soldati che prestavano servizio in guerra sotto di lui. Aragorn pare che rispettasse l’opinione di Boromir quanto basta per non litigarci. Forse lo stesso Aragorn era leggermente intimidito da Boromir, che dopotutto era l’erede del governante di Gondor. Aragorn era il legittimo Re, ma il suo diritto non era stato riconosciuto da Gondor. Boromir a volte appare un po’ tirannico, ma probabilmente stava solo mostrando chi era: un capo, che prende decisioni veloci e ragionevoli (nei limiti della propria esperienza). A volte dava dei consigli certamente giusti. Per esempio, fu Boromir a suggerire alla Compagnia dell’Anello di portare fascine di legna su per la montagna.
Da parte sua, Aragorn si affidava all’autorità di Gandalf fintantoché questi viaggiava con la Compagnia. Ma forse stava anche cercando di guadagnarsi la fiducia di Boromir. Questi era nella posizione di spingere il popolo di Gondor in favore alla rivendicazione del trono da parte di Aragorn, ma perché avrebbe dovuto farlo? Quando Frodo disse a Faramir (nell’Ithilien) che Boromir era soddisfatto dalle affermazioni di Aragorn, Faramir fece notare che Boromir ed Aragorn non erano ancora divenuti rivali nelle guerre di Gondor. Aragorn doveva farsi amico Boromir. Aveva bisogno che Boromir si fidasse di lui, almeno fino al punto di non fare obiezioni, quando Aragorn avesse affermato il suo diritto. Nel caso che Boromir lo avesse denunciato dopo aver raggiunto Minas Tirith, le cose per Aragorn non si sarebbero messe bene.
Ma Boromir, da parte sua, aveva accettato la compagnia di Aragorn durante il viaggio. Per di più, aveva riconosciuto il dovere di permettere ad Aragorn di presentare la sua istanza a Gondor. Dopo che Elrond aveva presentato a Boromir Aragorn, questi aveva chiesto subito: “Vuoi che la Casa di Elendil ritorni alla terra di Gondor?”. Boromir aveva immediatamente negato una simile richiesta: “Non fui mandato ad implorare dei doni, ” aveva risposto, “bensì a scoprire il significato di un enigma.” Nondimeno, aveva rapidamente aggiunto: “Eppure le pressioni sono forti, e la Spada di Elendil sarebbe un aiuto insperato … se tale oggetto potesse effettivamente emergere dalle ombre del passato.”
La concessione di Boromir è quantomeno riluttante. Non sta dicendo “Sì, sei l’erede di Elendil, vieni pure a reclamare il trono.” Piuttosto dice “Il trono aspetta il ritorno di un vero re, come ha sempre fatto da mille anni.” Boromir ancora non crede che Aragorn sia davvero l’erede di Elendil. Sa che Elrond è un antico signore fra gli Elfi, ma le sue parole non possono suonare abbastanza veritiere ad un uomo la cui famiglia ha aspettato il ritorno di un re come una mera formalità per così tanti secoli.
L’opinione di Boromir su Aragorn cresce leggermente durante il resto del Consiglio. Aragorn parla per sé, ed i dettagli del viaggio da Brea a Gramburrone vengono discussi a lungo. Alla fine, Boromir suggerisce di utilizzare l’Anello contro Sauron, ma Elrond respinge l’idea, e sia questi che Gandalf rifiutano nettamente di prendere l’Anello. Dopo un simile rimprovero, Boromir è mortificato. Non si limita a chinare educatamente la testa, quando dice “Sia dunque così. A Gondor dovremo quindi affidarci alle armi che già abbiamo.” Piuttosto, la sua umiltà gli permette di confessare, “quantunque io non chieda aiuto, ne abbiamo bisogno.”
Boromir è abbastanza onesto da riconoscere le sue debolezze. Un buon comandante deve saperlo fare. Quindi le parole di Faramir, molti mesi dopo, quando scopre che Boromir ha cercato di prendere l’Anello a Frodo, rivelano un’osservazione particolarmente amara: “Ahimé, povero Boromir! Fu una dura prova!” Ma perché la prova è stata troppo dura per Boromir, e non per Faramir? Da parte sua, Faramir ammette che la sua stessa promessa l’ha fortificato: “Le rare volte che ci vantiamo, facciamo di tutto per dare una dimostrazione, o moriamo nel tentativo,” ricorda a Frodo e Sam. “Io non m’impadronirei di quell’oggetto, anche se lo trovassi lungo la strada, dissi qualche tempo fa.” Boromir non aveva fatto una simile promessa. Sarebbe stato meglio per lui se l’avesse fatta.
Ma in verità, la prova di Boromir non era stata facile come per Faramir. Questi era stato in effetti tentato dall’Anello, una volta scoperto che questo era in sua presenza. Faramir ebbe un breve momento di intensa reazione alla scoperta, poi superò la prova e proseguì. Ma per Boromir la prova non durò tanto poco. Espresse un immediato interesse ad usare l’Anello al consiglio di Elrond, e sebbene fosse rimproverato, non rinunciò a tale desiderio. “Sia dunque così” non è la stessa cosa che “Non ho il coraggio di prendere l’Anello per nasconderlo. Non voglio prendere l’Anello per adoperarlo,” che è ciò che dice Elrond. “Nemmeno io” gli fa eco Gandalf, anche se lui aveva già rifiutato l’Anello a casa Baggins.
Anche Aragorn aveva già rifiutato di prendere l’Anello. “Se fossi alla caccia dell’Anello, lo potrei avere… e subito!” aveva dichiarato al Puledro Impennato, mentre cercava di persuadere Frodo ad accettare la sua compagnia. Era seguito un breve momento in cui Aragorn alzandosi aveva spaventato gli hobbit col suo aspetto severo e imponente. Come quando altre persone maneggiavano l’Anello, o ne erano tentate, una luce gli lampeggiava negli occhi. Ma il momento era passato ed Aragorn aveva affermato di essere chi diceva di essere, ed aveva giurato di salvare Frodo.
Quando Boromir dice “Sia dunque così” in risposta ad Elrond, non sta rinunciando all’Anello o ad ogni pretesa a riguardo. Né si pone in diretta opposizione al potere ed al fine dell’Anello. Piuttosto, si lascia aperta l’opzione, e questo si dimostra un errore fatale. Ma è il tipo di errore che ci si aspetterebbe da un maestro di tattica. Boromir è abituato a pensare al modo di vincere le battaglie, e di persuadere gli altri a seguire i suoi voleri. La sua esperienza nel trattare i conflitti indubbiamente comprende il lavoro col consiglio di suo padre. “Sia dunque così” è una risposta sicura e senza impegno. Tradisce Boromir perché questi non capisce con cosa sta trattando.
E Boromir non va biasimato per questo. L’Anello per lui rappresenta un’opportunità, e Boromir guarda a queste, non ai rischi. È un ottimista che non permette a sé stesso di lasciarsi intrappolare. Pianifica in anticipo e reagisce rapidamente ai pericoli. Non solo Boromir consiglia la Compagnia di portare altra legna sul Caradhras, ma cambia immediatamente idea riguardo all’entrare dentro Moria, quando la Compagnia dell’Anello si rende conto che i Lupi li stanno braccando nell’Eregion. Boromir non è semplicemente un ottimista, è pragmatico. Non solo crede che per ogni problema esista una soluzione, è disposto a tutto pur di finire l’opera. Qualunque cosa funzioni, fintantoché serve a completare il lavoro, per lui va bene.
E se c’è una cosa che l’Anello del potere può fare, è fornire ad un comandante un buon margine di vittoria in guerra. Boromir non ambisce a governare il mondo o a conquistare altre terre. Vuol solo trovare il modo di sconfiggere Sauron. L’Anello sembra essere un mezzo che può dare a lui ( o ad un altro) tale vittoria. È difficile credere che la vittoria giungerebbe ad un tale costo che nessuno la vorrebbe. In effetti, per Boromir è impossibile credere ad una cosa simile. Nulla nella sua esperienza gli permette di accettare l’idea che certe vittorie non andrebbero cercate.
La sapienza di Boromir è saldamente radicata nel senso comune del popolo di Gondor. È pratico, non meditativo. Le soluzioni si presentano da sole a Boromir. Non è lui a cercarle. Quando Boromir condivide alcune delle cose che ha appreso a Gondor, le prende dalle conoscenze popolari, non da quelle esoteriche. Ad esempio, quando Gandalf spiega che Isildur “dopo la guerra a Mordor, non tornò immediatamente via, come è stato detto da alcuni,” Boromir risponde: “Da alcuni qui al Nord. Tutti a Gondor sanno che egli si recò prima a Minas Anor ove visse qualche tempo col nipote Menedil, istruendolo prima di affidargli il timone del regno del sud.”
E più tardi, quando la Compagnia dell’Anello sta faticando sul Caradhras e la neve cade pesante, Boromir dice ad alta voce “Non so se si tratta di un’ingegnosa trovata del Nemico. Nel mio paese corre voce che sia in grado di comandare le tempeste nelle Montagne d’Ombra che si ergono ai confini di Mordor. Ha strani poteri, e molti alleati.” Nell’esprimere il suo pensiero ai suoi compagni, Boromir indubbiamente parla per tutti (o quasi). Ma rivela una conoscenza od una familiarità col nemico, che è il segno di un buon comandante.
E tuttavia, la sapienza di Boromir ha i suoi limiti. Quando Celeborn avvisa la compagnia di evitare la foresta di Fangorn, Boromir dice “Corrono effettivamente strane voci su Fangorn da noi a Minas Tirith. Ma a me sembrano piuttosto favole della nonna, come quelle che narriamo ai nostri bambini.” Celeborn allora lo ammonisce: “Non disprezzare i racconti tramandati per lunghi anni; potrebbe darsi che le nonne rammentino alcune cose che in passato i saggi era bene conoscessero.”
Boromir non sa che farsene delle favole della nonna. Necessita di informazioni solide, credibili, su cui basare le sue decisioni di capo. Il suo atteggiamento quindi appare ad alcuni arrogante. Ma a modo suo è sincero, e persegue un fine che ritiene nobile e degno. È il Capitano Generale dell’unica nazione che si ponga fra Sauron ed il dominio completo della Terra di Mezzo (o almeno così crede). È l’erede del Sovrintendente regnante di Gondor, destinato a diventare un giorno lui stesso sovrintendente. Valuta naturalmente ogni situazione e giunge alle sue conclusioni, ed è abituato ad esprimere le sue opinioni ed a comandare. Come dice Tolkien, è autoritario, ma perché è stato cresciuto in tal modo.
Le pecche di Boromir riflettono quelle dei Sovrintendenti. Egli legittima i loro valori. Anche Denethor è testardo e rapido nel giudicare sia le persone che le situazioni in cui è coinvolto. Piuttosto che aspettare una conferma alle sue conclusioni, per esempio, dopo aver visto la flotta di navi che risalgono l’Anduin, Denethor cede alla disperazione e si uccide. Denethor ha trasmesso la sua natura risoluta e determinata al figlio maggiore. Ma ad un certo punto durante la loro storia, i Sovrintendenti hanno perso la loro vera saggezza. Non sono più maestri di conoscenza.
Fra gli elfi, i più rinomati studiosi sono re e principi. Tolkien non lo dice esplicitamente, ma parrebbe che anche gli studiosi númenoreani provenissero dalle fila di re e principi. I Sovrintendenti sono quindi incaricati di preservare e comprendere le antiche nozioni ereditate dai re. Ma non basta avere il controllo sull’antica sapienza. Ci si deve assicurare che questa non resti affidata alle cure di vecchie comari o, peggio, sepolta ad ammuffire in qualche biblioteca dove sia dimenticata da tutti.
Come Boromir disprezza i racconti delle nonne, Denethor lascia nella sua biblioteca delle pergamene mai lette finché Gandalf non viene a cercarle. Pare che, quando Gandalf ritorna a Minas Tirith con Pipino Tuc, Denethor abbia cominciato a mettere insieme gli indizi che gli erano disponibili. Ha ponderato a lungo i versi che hanno disturbato i sogni di entrambi i suoi figli e che hanno infine portato alla morte di Boromir. Ha probabilmente decifrato la pergamena di Isildur, per scoprire cosa cercava Gandalf. Ha compreso che il suo vecchio rivale, Thorongil, era probabilmente l’Erede di Isildur, capo dei dúnedain del nord. Così, Denethor raggiunge infine la conoscenza, ma non la saggezza. Lo stesso vale per Boromir.
Come Denethor si rende conto che Aragorn intende rivendicare il trono di Gondor, e che Gandalf ha inviato a Mordor l’Unico Anello, così Boromir alla fine capisce che la sua unica possibilità di grandezza è compiere qualcosa che nemmeno Aragorn possa fare. Mentre Boromir ed Aragorn viaggiano insieme, Boromir ha le stesse opportunità di valutare Aragorn che questi ne ha di valutare Boromir. Aragorn si fida del giudizio di Gandalf, ed è rispettato dagli Elfi, che a Boromir devono apparire creature uscite dalla favole della nonna. Aragorn aspetta e non si oppone ai comandi immediati di Boromir, ma quando la vera guida della Compagnia è messa momentaneamente in dubbio dalla perdita di Gandalf, Aragorn dice immediatamente “Vi condurrò io, adesso.” Non lascia a Boromir nessuna opportunità di affermarsi come successore di Gandalf.
Non che Boromir esiti nel momento cruciale. Piuttosto, quello semplicemente non è il suo momento. Ciò che interessa a Boromir non è guidare la compagnia, ma tornare dal suo popolo. Boromir spesso guarda avanti, ma trascura i compiti immediati che si trova di fronte. È così preoccupato dai sogni che lui e Faramir hanno avuto che mette da parte i suoi doveri a Gondor e parte per un viaggio eroico alla ricerca del significato di un enigma. Boromir ammette al Consiglio che la situazione di Gondor è disperata. È già stato sconfitto in battaglia. Non ha un piano per battere il nemico quando arriverà l’ultimo assalto.
Però a Gondor piacciono i capitani vittoriosi. Può darsi che il popolo si stringa attorno ad un capo che dica solo “Abbiamo fatto del nostro meglio, e combatteremo con coraggio sino alla fine.” Ma se arrivasse qualcun altro a parlare di speranza e di sconfiggere Sauron, la carriera di Boromir avrebbe termine. Specialmente se quel “qualcuno” dichiarasse di essere il legittimo Re di Gondor. Simili preoccupazioni, benché lontano da Gramburrone, dovevano essere ben chiare a Boromir. Durante i mesi seguenti il consiglio di Elrond, i pensieri di Boromir devono essere stati in conflitto. Da una parte, egli ha dei doveri verso il proprio popolo. Dall’altra, il Consiglio ha deciso di abbattere Sauron una volta per tutte. Se il piano avesse successo, tutta la Terra di Mezzo sarebbe salvata. Ma Gondor potrebbe essere chiamata a compiere un terribile sacrificio. E cosa farà Aragorn? Può vantare un diritto al trono più legittimo della Casa di Húrin.
Se Boromir utilizzasse l’Unico Anello contro Sauron, priverebbe Aragorn della possibilità di guadagnarsi l’acclamazione popolare. La decisione riguardante il ritorno della Casa di Elendil verrebbe rinviata indefinitamente. Nonostante indubbiamente Boromir nel suo cuore non stia perseguendo un simile piano, l’Anello sembra offrirgli esattamente questo. La determinazione di Boromir si sta indebolendo a Lothlórien, la notte prima che la Compagnia dell’Anello dica addio agli Elfi. Boromir accenna che sarebbe una follia gettar via l’Anello. Appare anche più admantino nel tentativo di persuadere la Compagnia ad andare con lui a Minas Tirith, benché tutti sappiano che Minas Tirith non si trova sul percorso che l’Anello deve prendere.
È un’ambizione irrealistica, ed una falsa speranza. Nondimeno, il tormento di sapere che il suo popolo è condannato se la missione del Portatore fallisce, o se dura troppo a lungo, deve essere frustrante per Boromir. Come ogni giorno si fa sempre più evidente il fatto che nessuno è davvero abbastanza potente da sfidare direttamente Sauron, la disperazione ogni giorno logora la mente di Boromir. La disperazione conduce alla fine suo padre a concludere che tutto è perduto, e che non c’è più motivo di vivere. La disperazione porta Boromir a credere di poter prendere l’Anello ed usarlo. Solo dopo aver fallito la prova e non essere riuscito ad impossessarsi dell’Anello, Boromir è infine libero dal tormento, e comprende che cosa ha fatto.
In effetti, Boromir eredita il fardello di un migliaio di anni passati ad aspettare un futuro che più nessuno credeva che sarebbe mai giunto. I Sovrintendenti sono divenuti compiacenti della propria situazione. Non aspettano più che salti fuori un pretendente al trono. Ai loro occhi, Gondor è loro, ma non possono rivendicarla. Generazioni di figli di Sovrintendenti devono aver fatto la stessa domanda, ciclicamente: “Perché non siamo re, se siamo noi a governare?” L’antico giuramento di servizio, in cui si dice che il Sovrintendente si assume il governo del regno “fino al ritorno del re”, improvvisamente suona reale all’orecchio di Boromir. Ha il dovere di esaminare le affermazioni di Aragorn, e di presentarle a Gondor, se appaiono legittime. Alla fine, questo compito tocca a suo fratello Faramir, che succede a Denethor come ultimo Sovrintendente Regnante di Gondor.
Faramir ha bisogno di tempo per riconciliarsi con le rivendicazioni di Aragorn. Quando per la prima volta sente parlare di questi da Sam e Frodo, è dubbioso. “Una tale pretesa dovrà essere verificata, e saranno richieste chiare prove,” sottolinea, prima che Gondor consideri la petizione di Aragorn. Da quel momento in poi, finché non viene risvegliato dalla malattia da Aragorn, Faramir non ha un’opportunità di incontrare e valutare l’uomo che sarebbe stato re. E tuttavia, Faramir riconosce immediatamente Aragorn appena si sveglia. Ha avuto certamente abbastanza tempo per ponderare la storia di Frodo. In effetti, Faramir conosce la storia di Gondor meglio di Boromir. Laddove Boromir casualmente riporta ai suoi compagni ciò che la gente comune sa o crede di sapere sul passato, Faramir dà a Sam e Frodo una concisa lezione sulla storia di Gondor. Può darsi che Faramir abbia avuto il tempo di pensare a Thorongil, il misterioso guerriero dúnadan che aveva servito Ecthelion, suo nonno, per alcuni anni.
Quando Aragorn giunge a Minas Tirith, pare che tutti, tranne Denethor, siano pronti e disposti a riconoscere le pretese di Aragorn. Il Principe Imrahil, il cui feudo giace al di là dell’autorità dei Sovrintendenti, si dichiara apertamente a favore di Aragorn. E anche Faramir fa lo stesso. Anche Éomer, Re di Rohan, sostiene la richiesta di Aragorn, benchè i Rohirrim non abbiano il potere o l’autorità di intervenire negli affari di Gondor. Il riconoscimento comunque aumenta la reputazione di Aragorn. Ma l’unica prova certa che Aragorn fornisce sulla sua identità può essere la sua spada, la stessa che Elendil aveva portato e che si era infranta sotto di lui. Tutti gli altri legati ereditari sono stati perduti, trattenuti, o dati via.
È necessario il riconoscimento da parte del Sovrintendente percvhè Aragorn diventi Re di Gondor. Un Sovrintendente deve giudicarlo e proclamarlo degno davanti al popolo di Gondor. Questo sarebbe stato il compito di Boromir, e lui conosceva Aragorn molto meglio di Faramir. Ma cosa avrebbe fatto Boromir? La domanda non ha risposta. Boromir era in conflitto, e trovò pace solo sacrificando la propria vita per gli altri. Era guidato dalla sua ambizione, e fino ad un certo punto anche i suoi antenati erano stati guidati da simili ambizioni.Quando Gandalf chiese a Denethor come avrebbe voluto che andassero le cose, se avesse potuto deciderlo, Denethor rispose: “Vorrei che ogni cosa tornasse ad essere com’era durante tutta la mia vita, ed ai tempi dei miei avi: essere il signore di questa Città e governare in pace, e lasciare il mio seggio a mio figlio, padrone di se stesso e non allievo di uno stregone.”
I Sovrintendenti non si vedevano come custodi. Erano signori e principi. Anche Faramir la pensava così, quando incontrò Frodo e Sam nell’Ithilien. Quando Frodo disse che solo Aragorn avrebbe potuto reclamare per sé il Flagello di Isildur, sempre che qualcuno avesse il diritto di farlo, Faramir chiese “Perché lui e non Boromir, principe della Città fondata dai figli di Elendil?” Poco dopo, quando Sam affronta infuriato Faramir sul modo in cui interroga Frodo, Faramir risponde “Ho l’ordine di uccidere chiunque si trovi in questo territorio senza il permesso del Sire di Gondor.”
Per un migliaio di anni, il Sovrintendenti sono stati signori di Gondor. Scoprire allimprovviso che un pretendente al trono sta arrivando è un po’ snervante. E forse ci sono stati altri falsi pretendenti al trono in passato. Il loro modo di vivere verrebbe assolutamente ed irrevocabilmente cambiato qualore un nuovo re sedesse sul trono. E cosa rimarrebbe ai Sovrintendenti dopo un simile evento? Quando Faramir accoglie Aragorn nella processione ufficiale davanti alla città di Minas Tirith, si dimette dall’incarico di Sovrintendente. Tecnicamente, non esiste legge che imponga ad Aragorn di riconfermare a Faramir il titolo. In effetti, non esiste neppure una legge che imponga a Faramir di riconoscere Aragorn come re. Come Aragorn altera leggermente la sua richiesta, definendosi erede di Elendil piuttosto che di Isildur (visto che la rivendicazione da parte degli Isildurioni era già stata respinta), così Faramir evita di chiamare Aragorn Erede di Isildur. Nomina Isildur nel lignaggio di Aragorn, ma lascia per ultimo il nome di Elendil.
Faramir avrebbe potuto facilmente dire “Bene, la Linea di Isildur è già stata considerata e respinta. Gondor non tornerà sulla questione.” Invece, accettò l’asserzione che solo un Erede di Elendil potesse essere accettato da Gondor. Ciò implicava che la rivendicazione di Aragorn avrebbe riunito Gondor ed Arnor. La decisione di Faramir quindi assicurava che il potere di Gondor si sarebbe esteso di molto a nord.
Se i Sovrintendenti discendevano davvero da Anárion, allora il riconoscimento di Aragorn da parte di Faramir fu l’ultimo atto della famiglia. Aragorn discendeva infatti da Anárion attraverso Fíriel moglie di Arvedui, ma le ultime vestigia della Casata avevano cessato di esistere legalmente. Tutte le rivendicazioni erano state abbandonate in favore della Casa di Elendil. A tutti gli effetti, Faramir mise a tacere antichi conflitti che, come i Morti di Dunclivo, avevano dovuto aspettare secoli per essere liberati da un Erede di Isildur. Pose termine all’antica questione della successione, e facendo questo onorò gli ultimi impegni del suo ufficio. Il ruolo peculiare dei Sovrintendenti nella storia di Gondor terminò in un modo molto più gradevole di come era iniziato.
Se Tolkien avesse modellato davvero i suoi Sovrintendenti sui Pipinidi storici, Faramir avrebbe respinto la rivendicazione di Aragorn, e si sarebbe preso il trono per sé. Ma alla fine Gondor sarebbe stata divisa fra i suoi discendenti, e l’antico reame che era stato affidato alla sua famiglia non sarebbe più esistito. Ovviamente questo è ciò che era in effetti avvenuto ad Arnor. La Regalità era stata abbandonata ed il regno del nord diviso in tre reami più piccoli. La risposta di Denethor a suo figlio rigiardo ad “altri luoghi ove la regalità è di rango inferiore” era quindi un sottile rimprovero verso i re del nord che avevano abbandonato la loro eredità. Ma sottolineava anche il fatto che, nonostante tutte le sue tribolazioni, Gondor era sopravvissuta. Si era dimostrata degna del legittimo re, se questi fosse tornato a reclamare il trono. E l’aveva fatto sotto il governo dei Sovrintendenti. Erano fieramente rimasti umili, trattenendo le lor ambizioni. E l’avevano fatto perché erano Sovrintendenti, non aspiranti re.


Bibliografia

http://www.suite101.com/article.cfm/tolkien/92091

 

           
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